Un giorno o l’altro con Franco Fortini

Esce un importante volume inedito di Fortini 22 giugno 2006 Articoli e recensioni
Un giorno o l’altro con Franco Fortini

Quale titolo poteva essere più fortiniano di Un giorno dopo l’altro, colmo com’è di «allusioni alla temporalità» e di «di echi di linguaggio popolare e sapienziale»? A sottolinearlo è Romano Luperini, nell’Introduzione che accompagna questo bellissimo volume postumo di Fortini, da oggi in libreria per Quodlibet.

Un titolo che è parente stretto di Non solo oggi, o di Memorie per dopodomani per un libro che è come un lunghissimo filo intessuto a unire tutta la costellazione del pensiero fortiniano, a mescolarla e comprometterla con il suo ‘privato’. «Non so chi sono ma cerco di sapere chi sono stato, ossia in quale rete di storia e di società mi sono trovato a vivere» annota Fortini stesso, e questa sua frase potrebbe essere posta ad esergo dell’intero volume. Affetto da una sorta di bulimia dell’annessione, il corpus di Un giorno o l’altro include di tutto, sia che si tratti di articoli che di saggi, o addirittura di scritti di altri, e tutto trasforma e digerisce come un enorme stomaco che rumina, ricostruisce, indaga, riordina, o invece confonde, alla ricerca di un ‘rigore’ che mette sul banco degli imputati prima di tutto se stesso, fino al punto che Fortini stesso non può esimersi dal dichiarare di non riuscire più ad individuare «quale delle due parti [sia] il testo e quale il commento». Come chiosa Luperini: «o il lettore trova il filo di questo rigore privato, oppure non soffierà sulla polvere accumulata sul manoscritto e se ne ritrarrà annoiato e sgomento.». Il che sarebbe un vero peccato perché, a ritrovarlo questo filo di cui parla Luperini, allora il testo diventerà avvincente, vi esploderà sotto gli occhi, ricostruendo, come d’incanto, contesti e discussioni, amicizie ed idiosincrasie di un tempo che ci sembra irrimediabilmente passato, poiché «un intero contesto storico si è collassato e dissolto», vissute da quello che l’introduttore definisce una figura di intellettuale «scomparsa». A portare sino in fondo l’archeologia di questo postumo fortiniano, ironia del destino, due giovani intellettuali, precarie sino al midollo, Marianna Marrucci e Valentina Tinacci, collaboratrici del Dipartimento di filologia dell’Università di Siena e redattrici del Centro studi fortiniani. È a loro che chiediamo di spiegare meglio cos’è Un giorno o l’altro.

- Si tratta una raccolta di testi e frammenti editi e inediti, appunti, conferenze, lettere di Fortini e a Fortini, suddivisi per anni dal 1945 al 1978. Nel progetto, che è rimasto incompiuto, e che prevedeva di arrivare fino agli anni Ottanta inoltrati, i pezzi dovevano essere accompagnati da un commento che rappresentasse lo sguardo “dal presente”. In realtà i commenti che Fortini ha fatto in tempo ad inserire non sono moltissimi. Il modello del libro, va da sé, è il Diario in pubblico di Vittorini, ma con alcune importanti differenze: la forte presenza di scritture private, l’inserimento di scritture altrui (alcune lettere), gli interventi di riscrittura (Fortini è intervenuto, anche con decisione, sui pezzi già editi, non solo con tagli ma anche con variazioni stilistiche) e soprattutto la presenza di incongruenze cronologiche, cioè di scarti (talvolta brevi, altre volte più lunghi; talvolta forse involontari, altre volte senz’altro controllati dall’autore) tra la reale appartenenza cronologica di uno scritto e la sua collocazione all’interno dell’opera. Complessivamente, insomma, Un giorno o l’altro presenta un allestimento finzionale marcato, che lo rende, più che una auto-antologia, una narrazione: il racconto di una formazione intellettuale, un filo che si svolge nel cuore del nostro Novecento tra incontri, scontri, amici e nemici, scandito dagli anni, come capitoli.

Quali sono gli aspetti di interesse letterario più spiccato del testo?
- Sicuramente l’operazione di riscrittura e montaggio. Oltre alla novità di una costruzione autobiografica di questo tipo, sono significativi i riposizionamenti continui del punto di vista - e del giudizio - prodotti dall’attività instancabile di selezione, riscrittura, commento. È come se il Fortini censore e iperrazionalizzatore che tutti i suoi lettori conoscono rivolgesse verso se stesso “il ditino alzato” in un modo più sistematico e costruito (anche in senso “romanzesco”) di quanto avesse fatto in precedenza. D’altra parte Un giorno o l’altro è un’opera letteraria a tutti gli effetti, collocabile forse in una zona di confine fra il genere pastiche e lo zibaldone, secondo modalità peculiari di Fortini, già sperimentate altrove, soprattutto nell’Ospite ingrato I e II e in Attraverso Pasolini, che non a caso Fortini considerava strettamente legato a Un giorno o l’altro: quasi una sua prova o anticipazione.

Quali quelli politici?
- Questo è un libro intimamente politico, che riprende sotto una nuova luce i grandi dissensi fortiniani: il disaccordo con le posizioni ufficiali dei partiti della sinistra italiana e poi con la nuova sinistra; l’interpretazione dell’industria culturale; le riletture della Resistenza. Colpisce particolarmente la precocità di certe prese di posizione, per esempio rispetto allo stalinismo o alla politica culturale sovietica. Ci preme ricordare un pezzo del 1972, Strage a Tel Aviv, in cui Fortini abbozza un’interpretazione del terrorismo che ne spezza il legame con la lotta di classe, per metterlo in relazione con le forme moderne della guerriglia e con l’universalizzazione dei conflitti. «Non c’è ormai parte del mondo nella quale l’attentato con esplosivo o il conflitto a fuoco non sia diventato evento quotidiano. Esiste una unità del terrorismo quale la fine dello scorso secolo non aveva conosciuta».

Luperini, nell’Introduzione, si interroga, però, su chi potrebbe essere oggi il lettore di un testo tanto complesso, ricco e per molti versi ‘antico’. Qual è l’opinione di due giovani intellettuali come voi, capaci di un lavoro tanto raffinato come la cura di questo volume e pure assolutamente ‘precarie’?
- Antico sì, ma non nella forma. Non è antico il taglio sulla “voce” della persona: un certo modo di comunicare la soggettività, che non è indugio sul dettaglio cronachistico esistenziale, ma esposizione di un’unità della persona. Questo non è un Fortini “privato”, sebbene il libro comunichi anche sentimenti privati. Il punto è che la dimensione privata non è separata né sostitutiva. Privato, letterario, politico, dialogo intellettuale si sostanziano attraverso scambi fluidi e tutto è collegato: il privato non è recinto inconfessabile, né c’è una parte (politica, letteraria, intima) che vince sull’altra. La persona è tutta intera nella sua dimensione politica: politica nel senso lato di appartenente a una comunità e in essa operante. In ciò, soprattutto, il Fortini di queste pagine ha per noi un valore attuale. E cerca un lettore fra i trentenni di oggi, come anche noi siamo. Fortini parla un linguaggio, quella della complessità contro gli specialismi e quello del tentativo di forzare gli schemi appresi e di incidere sul reale, che si presenta alla nostra forma mentis indiscutibilmente distante, certo, ma non fino all’opposizione. Laddove il rapporto con i nostri padri è invece nel segno dell’inconciliabilità se non del rancore, è spesso dall’ascolto di voci della generazione precedente, come questa, che troviamo delle indicazioni di percorso. Una, per esempio, ci sembra di vederla con una certa sicurezza nell’attenzione e nella curiosità profonda verso tutti i linguaggi e i mezzi nuovi (le pagine di Un giorno o l’altro passano dalla letteratura all’arte e alla filosofia, al cinema, al teatro, alla pubblicità, alla televisione, alla musica, alla radio). Non è solo un invito a uscire dagli specialismi per un esercizio intellettuale a tutto tondo, ma anche un’esortazione a confrontarsi autenticamente con la realtà del proprio presente, tutta intera. Non stupisce, allora, che Fortini abbia voluto capire il funzionamento del computer e abbia tentato di sfruttarne le potenzialità per costruire l’ultima sua opera.

Infatti il vostro è stato un lavoro di cura che ha dovuto tenere presente anche una massa notevole di dati digitali: quali sono le differenze con il classico lavoro filologico?
- Sì, il lavoro di edizione ha presentato problemi per molti aspetti nuovi, difficilmente risolvibili con i soli strumenti del classico lavoro filologico su carta. Un giorno o l’altro è nato dalla selezione e riscrittura di materiale cartaceo d’archivio, materiale che l’autore ha predisposto per farlo riversare su computer con “istruzioni” precise (numero e nome dei file e loro collocazione in directory). Tutta la fase successiva (revisioni, aggiunte, tagli, spostamenti, prove di montaggio) è avvenuta al computer, sia per interventi diretti sia attraverso ricorrenti stampe di prova. Ma è soprattutto il lavoro di montaggio complessivo che si è sviluppato in ambiente digitale: vista la natura dell’opera (sostanzialmente l’allestimento di un’autobiografia intellettuale attraverso il riuso delle proprie scritture), si trattava di una questione fondamentale. Abbiamo dovuto perciò fare i conti con i problemi generati dall’uso del nuovo supporto: in particolare i meccanismi di ordinamento automatico dei documenti da parte della macchina e quelli di registrazione delle varianti. In questo, naturalmente, si è dovuto tener conto dello specifico sistema operativo usato da Fortini, nonché del suo modo di rapportarsi al computer. Va anche detto che Un giorno o l’altro presenta una mole debordante di materiale preparatorio cartaceo, effetto della natura stessa dell’opera e del nuovo mezzo.

Per questo libro Fortini aveva stipulato un contratto con Garzanti, come mai invece il libro esce oggi con una piccola casa editrice?
- Perché nel frattempo l’interesse di Garzanti è venuto meno. Ci sono state perciò nuove trattative editoriali, che alla fine hanno portato Un giorno o l’altro a Quodlibet, editore peraltro già legato al nome di Fortini.

E meno male che in Italia esiste ancora la piccola editoria di qualità...

Franco Fortini
Un giorno o l’altro
A cura di Marianna Marrucci e Valentina Tinacci
Introduzione di Romano Luperini
Quodlibet editore

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1 Messaggio

  • Un giorno o l’altro con Franco Fortini 16 gennaio 2010 16:00, di mana

    Ma se son proprio gli "intellettuali" come Luperini che han sabotato la lotta di classe per mantenere i loro "troni" di super-interpreti della cd "sinistra"! Ma ci facciano il favore...

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