Poésie oblige...

L’Unità, 2006 27 febbraio 2006 Articoli e recensioni
Poésie oblige...

Prima di tutto le cattive notizie. Chiude l’unica trasmissione dedicata alla poesia ed ospitata da un’emittente nazionale. L’Arca delle Parole , condotta da tempo, con garbo ed intelligenza, da Isabella Panfido, esce dal palinsesto di Radio 24 e la cultura italiana perde uno dei pochi spazi dedicati ad un’arte, la poesia, di cui tutti sono a parole estimatori, ma che poi è sempre la prima ad essere messa alla porta. Saremo tutti più poveri: lo saremmo stati meno, se la fame di spazi di emittenza avesse penalizzato, per una volta tanto, canzonette ed affini.

Ora le buone nuove. Altri Fuochi , la prima raccolta italiana della poetessa russa Alexandra Petrova, che da anni vive a Roma, è una geografia di sentimenti e città, una topografia esistenziale che descrive i suoi luoghi attraverso emozioni ed oggetti non addomesticabili, attraverso dolori e scorci di paesaggio fulminanti, contrasti e repentini cambi tematici e stilistici, movimenti improvvisi, che spiazzano il lettore e lo lasciano senza fiato, mentre con raffinatezza la sua lingua fa cozzare, producendo scintille, il filo tagliente di registri e suoni. E se anche la prima impressione è quella di trovarsi di fronte a una raccolta di ‘elegie’, in realtà uno sguardo più attento sa cogliere lo sforzo di un pensiero e di una lingua che, a partire dall’amore, cercano il grimaldello per svaligiare il senso della vita, anche a costo dell’esilio e del nomadismo, da un amore all’altro, da una città altra: San Pietroburgo, Gerusalemme, Roma. Colpevole di aver « trascinato in capo al mondo tutte le ombre» dei propri amanti, l’elegia della Petrova non è mai stucchevolmente commovente, è crudele e capace di scovare, per l’amore, i nomi più inaspettati, di smascherarne le debolezze, di resecare ogni fiato, ogni goccia di sudore dall’osso dell’innamoramento. E lei, ebrea, non ha paura di fare i conti (politici) con la guerra e con la morte: «le viti di hebron / e sabra con la sua amichetta chatila / e i fuochi d’artificio sminuzzanti // gambe capelli braccia ossa giunture / volano leggeri come fiori / molto spesso perfino tutti i giorni / a destra e a sinistra // questa terra rossa di adamo, / che ha mescolato marocco e polonia.»

E di guerra, parla anche l’omonima raccolta di Franco Buffoni. Sterminato bestiario della malvagità umana («una radice del male è zoologica») che si costruisce a partire dal ritrovamento di un diario tenuto dal padre nel campo di concentramento e che da lì si sposta a tutti i conflitti passati, presenti e futuri, Guerra è un risentito, bellissimo atto d’accusa contro ogni polemos, contro ogni sopruso, scritto con una lingua chiara sino all’essenzialità, che raramente indulge alla retorica e sa trovare spesso gli accenti giusti per smascherare l’oscenità della prepotenza: «E sulla parete una fanciulla / Di danza rossa rovesciata: / Due sicàri le tagliano la vita / Dalla testa. Come si fa con gli alberi / Potandola.».

Alessandro Raveggi pubblica presso Zona L’evoluzione del Capitano Moizo . Ironico, graffiante, spesso addirittura provocatorio, il giovane poeta toscano sa gestire con estrema perizia una lingua sperimentale e sperimentata nella sua esecuzione orale, che si fa teatro già sulla pagina, nel gusto accentuatissimo del ‘gesto’ linguistico, dell’anafora, del dislocamento laterale e improvviso del senso e della lingua e che per la sua rappresentazione appronta specifiche didascalie in prosa: poesia in scena, fin dal suo farsi scrittura. Ed anch’essa poesia sulla guerra e sulla violenza, non solo perché il Capitano Moizo di cui parla il titolo fu aviatore militare e bellicoso, ma per il suo insinuarsi inquietante sotto il velo dell’ironia e della distanza, avvelenandole.

Per terminare una coda polemica: leggo la giustificazione con cui Franco e Bersani, dell’Einaudi, spiegano il rifiuto della plaquette, politicissima e scomoda, di Giovanni Raboni. Si tratti di piaggeria elettorale verso il «Cavalier Menzogna», o di scelta strettamente letteraria, non cambia nulla. Non ho mai condiviso le poetiche di Raboni, ma è indubitabile che la sua opera faccia parte della storia della nostra poesia novecentesca. Fosse stato anche un brutto libro, e non lo credo, andava pubblicato comunque, per dovere ‘filologico’. Poésie oblige...

Alexandra Petrova
Altri Fuochi
Crocetti editore

Franco Buffoni
Guerra
Mondadori / Lo Specchio

Alessandro Raveggi
L’evoluzione del Capitano Moizo
Zona editore

Altro in Articoli e recensioni

Altro in Teoria e critica