Lo Slam non è la puttana di nessuno – Da Poetry Slam a Poetry Spam?

7 marzo 2011 12. Poetry Slam
Lo Slam non è la puttana di nessuno – Da Poetry Slam a Poetry Spam?

Da quando, nell’ormai lontano marzo del 2001, introdussi in Italia il Poetry Slam, a proposito di Slam ne ho viste di cotte e di crude.
Dal mitomane che alla Fiera del Libro di Torino – con tanto di invito ufficiale degli incliti organizzatori – andava sostenendo di averlo inventato lui il Poetry Slam e di averlo lanciato in Italia, a certi impagabili signori di una certa ineffabile ‘Agenzia letteraria’ che prima facevano copia/incolla dei miei testi sull’argomento (in copyleft) e poi li pubblicavano sul loro sito, attribuendoseli - e con tanto di copyright badate bene, a quel punto quello fuorilegge ero io, che riproducevo ciò che io avevo scritto, senza il permesso di chi mi aveva derubato – e fino ai tanti che, confondendo lo Slam con una sorta di estemporanea di pittura, o di recitazione (non è roba per attori, il Poetry Slam!) trasformavano (ed ahimé trasformano) la giuria popolare in un consesso di (presunti) esperti, snaturando quanto di più basilare c’è in un evento del genere.
E potrei continuare a lungo con il ridicolo e vergognoso elenco, non fosse che temo di annoiare il lettore. Un elenco solo italiano, badate bene, che altrove robe del genere non accadono e se solo ce n’è un accenno, provocano la reazione indignata di tutta la Slam Family, com’è accaduto per un Campionato Europeo di Slam piuttosto farlocco che un’altra Agenzia Letteraria, presumo tanto agenzia e altrettanto poco letteraria di quelle nostrane citate più su, aveva provato a metter su… Leggete qui

Ma una cosa così, come la robaccia messa su da Poeti in Lizza, ingaggiati a far pubblicità al prossimo imperdibile mondadoriano romanzo della Sra. Mazzantini non l’avevo mai vista, né qui, né altrove…
Ora, io conduco Poetry Slam da un decennio, sono stato il primo EmCee al mondo a condurre uno slam plurilingue (non lo dico io, lo dice Marc Kelly Smith, che lo Slam lo ha inventato, nella sua Storia dello Slam), mi sono dannato per difenderlo contro tutti coloro che, travisandone le caratteristiche, lo dileggiano a destra e a manca, impauriti come sono del suo enorme potenziale di coinvolgimento del pubblico della poesia e dei giovani, ma non per questo credo di esserne il ‘Papa italiano’.
Lo Slam non è mio, è di tutti quelli che lo praticano interpretandone con correttezza lo spirito radicale e fondamentalmente estraneo ai circuiti del mainstream e – neanche a dirlo – a quelli del marketing letterario.
Credo però di aver titolo a dire la mia sulla faccenda e certo non mi negherò di farlo: se qualcuno ancora pensa che ne abbia l’autorevolezza, bene, son certo che farà tesoro di quanto dirò e lo terrà presente in futuro, per evitare di legittimare, con la propria presenza, gli Slam di certi signori che poi vanno a rivendersi la credibilità acquisita nei circuiti di base dove più verrà loro pagata, sotto forma di attenzione mediale, o denaro. Per far – absit iniuria verbis - marchette, in buona sostanza. Che in sé, le marchette intendo, le facciamo magari tutti, ma con il culo nostro, e non con quello altrui. Quello almeno andrebbe evitato, non credete? La battuta celeberrima attribuita a Busi sembra venir qui a pennello: son buoni tutti a far i froci con il culo altrui…

Così quando tanti amici mi hanno parlato del Torneo di Poetry Slam organizzato da Poeti in Lizza a Torino, ne sono stato sinceramente felice. Ho seguito la gara e ho pregato il Dio degli Slammer di proteggerli a lungo e di dar loro tanto successo. E vagonate di sponsor…
Potete immaginare come ci sono restato basito quando ieri, passando sulla pagina FB di Poetry Slam Italia mi sono imbattuto nel seguente annuncio:

“in arrivo lo slam book #mazzantini: le parole del nuovo libro di Margaret Mazzantini "Nessuno si salva da solo" diventano il motore di un happening dal vivo ed una performance sui social network...”

A postare erano quelli di Poeti in Lizza, che neanche avevano terminato il loro primo torneo e già si erano venduti l’anima (e il Poetry Slam), trasformandolo in una trovata pubblicitaria per il libro della celeberrima romanziera, la quale, evidentemente, deve avere una coazione a ripetere robe del genere: già nel 2009 riuscì spudoratamente a trasformare, grazie all’aiuto del marito, l’attore Sergio Castellitto, l’intero concerto del 1 maggio in uno spottone per il suo precedente romanzo. (qui e qui, per esempio trovate le tristi cronache della faccenda)
La cosa fece prevedibile scandalo e fischi e pernacchie non mancarono certo, ma intanto la signora e il suo maritino avevano raggiunto il loro indegnissimo scopo.
Questa volta devono aver ritenuto che forse era il caso di abbassare il tiro e così il loro sguardo rapace s’è appuntato sul Poetry Slam. Detto Fatto. Ecco lo Slam Book. A leggere di cosa si tratta viene la pelle d’oca. Cito…

I vostri eroi del COPIL sono stati contattati per organizzare il primo “slam book“, una performance dal vivo in stile slammistico per celebrare l’uscita del nuovo romanzo di Margaret Mazzantini, “Nessuno si salva da solo” (Mondadori).
Martedì 8 marzo sei autori e poeti, sei slammers, daranno vita a un reading “faccia a faccia”, in cui 3 coppie di reader, uomo e donna, improvviseranno testi e si affronteranno con la loro libera interpretazione del libro.
Presenta il MCVF (Mastro di Cerimonia Veramente Forte) Federico Sirianni.
Si sfideranno:
• Chiara Vallini (con testi di Alessandra Racca) vs Guido Catalano, uno slam romantico, tragicomico, in stile ebraico-newyorkese
• Luciana Maniaci vs Francesco d’Amore, un faccia a faccia dai risvolti psico-comici.
• Valentina De Lisi vs arsenio bravuomo, una contrapposizione acida tra sesso e amore.

Niente male vero? Passati i brividi? Bene allora posso continuare…
Lo Slam ha delle regole, ma non per amore di qualche ortodossia, soltanto perché in quelle regole sta tutto lo spirito, se volete l’ideologia di un evento del genere: la giuria deve essere popolare ed estratta a caso, i partecipanti devono leggere propri testi, il vincitore porta a casa un premio in denaro, o in altri beni materiali o ’spirituali’ (pubblicazione, prosciutti, bacio della giuria, pacca sul culo, icché si vuole, come si direbbe in Toscana), ma lo Slam non deve essere usato come veicolo di marketing per nessuno che non sia la Slam Family stessa, in altre parole la comunità che crea, ascolta, ama la poesia ad alta voce.
Messe in salvo queste, a mio parere, c’è la massima libertà: sul timing, sui modi della competizione, sin sulla presenza o meno di musica e costumi, su Web, o dal vivo. Basta dirlo prima. Che Slam sia, in ogni caso.
Bene: sottolineo per pignoleria, ma credo che sia evidente a tutti che in questo caso saltano la maggior parte delle regole fondamentali: la ‘libera interpretazione del libro’ della Sra Mazzantini, poi presume che gli slammer si presteranno a estrapolare passi del testo mazzantinesco (mazzantiniano?), la Sra Vallini leggerà, peraltro, testi della Sra Racca (che evidentemente non se la sente di salire sul palco: perché non resta a casa allora?), il tutto con l’allure, la patina disgustevole e evidentissima, dell’evento di marketing in stile ‘Milano democratica da bere’ (e da slammare).

I mandanti di codesto assassinio dello Slam e del suo spirito sono la Mondadori e la vorace Mazzantini, a organizzare, oltre ai Poeti in Lizza una certa agenzia TheGoodOnes, specializzata in un non meglio specificato Social Media Marketing ed autrice anche di un bel manuale, che a questo punto, sarei curioso di leggere, dedicato ai primi rudimenti del “Giovane Social Media Manager”.
Per adesso a quanto pare, si sta interessando, oltre che di sputtanare lo Slam, di un "progetto internazionale che vuole promuovere lo shopping milanese come oggetto di attrazione turistica tra territorio e social network." Qui, per maggiori info.
Devo dire che gli amici (?) di Poeti in Lizza sono stati più accorti di altri: con farisaico e ipocrita spirito di opportunità, hanno accuratamente evitato di scrivere una sola volta le parole Poetry e Slam una di seguito all’altra, ma la sostanza non cambia, ahimé!

E così mi tocca dirlo ancora una volta: giù le mani dal Poetry Slam, lo slam non è la puttana di nessuno, non si chiama Ruby, non è minorenne e non abita all’Olgettina, non ancora, almeno…
Questo non è Poetry Slam è – come mi suggeriva online Michele Cavaliere, disegnatore sommo e spiritosissimo – Poetry Spam!

Fanno impressione anche le reazioni di alcuni poeti giovani, anche qualcuno dei protagonisti di codesto sciagurato evento, che sono intervenuti in un accenno di dibattito su Facebook: da chi dice che in qualche modo deve pur guadagnarsi da vivere, dunque ben venga anche far pubblicità a un brutto romanzo con i propri versi (e che sia brutto lo dice proprio chi accetta di mettere la sua faccia e parte dei suoi testi al servizio di tale romanzo) allo stupore stupefatto di chi, fulminato dalla delusione, si augura che sia solo un modo per tirar su capitali per organizzarne altri di Slam, veri…
Che dire? Sveglia ragazzi! Non potete farvi usare in questo modo, non è possibile che tutto, sin i vostri versi, sia in vendita per il miglior offerente, non potete, con tanta ingenuità, lasciare che il vostro amore per la poesia sia trasformato in advertising delle major. O significa, sorry, ma la penso proprio così, che siete pessimi poeti. A prescindere, come avrebbe detto Totò….
Tutt’al più scrivete versi, con la stessa qualità con cui si potrebbero scrivere gli spot dei pannoloni, o quelli dei 4 salti in padella. Mestieri onesti e laboriosi.
Ma poeti no, voi poeti certo non lo siete e difficilmente lo diventerete mai. La poesia è anche esercizio di dignità, coraggio di prendere partito, sforzo di conoscenza e sperimentazione, non solo bella (?), ma ignava, scrittura.

E poi, lasciatemi sfogare sino in fondo, è proprio vero, gentile Sra Mazzantini, arguti manager del marketing Mondadori, lizzosi componenti dei Poeti in Lizza e very clever ones di TheGoodones: come recita il titolo del romanzo, nessuno si salva da solo. Nemmeno voi…
Lo Slam ha memoria d’elefante. Fate pure le vostre marchette, ma poi non chiedeteci di essere riconosciuti come un contest di Poetry Slam di qualche serietà. Ci sarebbe impossibile crederlo.
E peggio per chi continuerà a partecipare ai vostri eventi: ognuno è padrone della propria faccia e della propria poesia e ne fa quel che vuole.
Ma lo Slam è di tutta la comunità e – se la cosa non vi fa troppo problema – vi saremmo grati se, d’ora in avanti, non lo coinvolgeste nelle vostre discutibili scelte, diciamo così, lavorative.
Pubblicizzate chi vi pare, ma giù le mani dal Poetry Slam!

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