Cucchi, De Angelis e la poesia da intrattenimento.

Il fatto quotidiano online, gennaio, 2017 25 dicembre 2017 Letteratura e arti
Cucchi, De Angelis e la poesia da intrattenimento.

Il numero di questa settimana de L’Espresso contiene un’inchiesta di Fabio Chiusi sulla poesia contemporanea italiana con interviste a vari poeti, tra cui il sottoscritto.
L’articolo è ampio e Chiusi mette insieme con onestà i pareri contrastanti di molti di noi con una serie di dati sociologici che servono a far da sfondo al tutto. Val dunque certamente la pena di leggerlo.
Da parte mia, affido a queste righe una piccola riflessione a margine e una necessaria precisazione.

Intanto val la pena di ribadire, una volte per tutte, spero, che io non penso affatto, come invece si dice nell’articolo, che un cantautore sia un poeta a tutto tondo. Come ho scritto e detto più volte, un poeta è un poeta e un cantautore è un cantautore, cioè prima di tutto un musicista. Ciò non toglie che i suoi testi possano avere qualità letteraria. Né che un poeta possa decidere, restando poeta, di ‘temperare’ la sua poesia con la musica.

Poi la piccola riflessione…
Milo De Angelis e Maurizio Cucchi dichiarano che il mondo dei Poetry slam è pieno di ‘cabarettisti’ e ‘intrattenitori’ e su questo vale la pena di soffermarsi per qualche riga.
Sono d’accordo: certamente il mondo dello Slam è pieno di cabarettisti, ma almeno quanto quello della poesia ‘scritta’ è zeppo di Liale in versi, come nota peraltro Aldo Nove, nel box che accompagna il pezzo di Chiusi, né il rilievo ci porta ad alcunché di criticamente interessante.
Pura epidemiologia critica, utile per qualche battibecco, o, per dirla alla maniera dei Poetry slam, per un dissing di provincia.

Detto questo passiamo alla seconda accusa più o meno sprezzante contenuta nella dichiarazione dei due prestigiosi colleghi: il poetry slam sarebbe ‘intrattenimento’.
Cerchiamo dunque, visto che siamo poeti e che è di poesia che si parla, di riflettere sul significato di ‘intrattenitore’, o ‘intrattenimento’.
Scopriremo così che ‘intrattenere’ significa trattenere qualcuno, tenerlo fermo dov’è (su quell’argomento, o su quel tema), aiutarlo a far scorrere il tempo magari in modo piacevole, ma anche trattenere presso di sé, conservare, mantenere.
A vederla così e a tener presente le poetiche che da anni propongono sia Cucchi che De Angelis, vien da dire che i veri intrattenitori sono loro, non chi si assume il rischio di tentare strade nuove, sia a livello ‘mediale’ che più strettamente di poetica.
Il segreto del ‘successo’ dei loro versi, del loro riconoscimento accademico, sta proprio nel loro essere ’soliti’, ovvi, nel loro rispondere a poetiche ampiamente storicizzate e ormai innocue, nel loro intrattenere il lettore di poesia entro le soglie del già noto, nel conservare ciò che già c’è e di cui si sono auto-nominati eredi, nel trattenerlo, questo benedetto lettore (o ascoltatore, come direi io), un attimo prima della presa di rischio che potrebbe aprirgli orizzonti davvero nuovi, o, ancor più importante, contemporanei. Nel loro essere puro distillato di ‘poetese’, come avrebbe chiosato Edoardo Sanguineti.

Invece di ostinarsi a parlare solo di quanto fanno gli altri (o hanno fatto i loro maestri), nella speranza di legittimarsi di sponda, potrebbero, cortesemente, spiegarci cosa hanno fatto loro sinora? Dov’è l’interesse dei loro versi? Cucchi, che si lamenta (con sublime improntitudine) dell’assenza di riflessione critica sulla poesia da parte dei poeti contemporanei italiani, può per favore indicarci a quali suoi scritti dobbiamo fare riferimento? Da parte mia, glissando per modestia sui noiosissimi miei, potrei indicargli decine, centinaia di pagine di Frasca, Ottonieri, Lo Russo, Cepollaro, Inglese, Giovenale, Berisso, Bàino. Eccetera, eccetera.

Peraltro argomentare l’eccellenza poetica di Sereni, Caproni o Saba dimostra soltanto l’eccellenza di Sereni, Caproni e Saba, mica dei loro epigoni e delle loro ripetizioni ‘scolastiche’. L’ermeneutica non funziona per metonimia. Nulla è più dannoso a un maestro che tutte le pletore dei suoi pessimi epigoni. Smettetela di parlare di Sereni, di Celan, o di Luzi, spiegateci piuttosto, in maniera convincente, cosa c’è di utile e di necessario in ciò che scrivete voi. Il Poetry slam non c’entra, c’entrate solo voi e la vostra ostinazione a confondere la poesia – che è sempre rischio e necessità – con la letteratura, che invece serve, da sempre, proprio a intrattenere.

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