[Legaville 16] C’era una volta un poeta...

Quotidiani E-Polis - Il Treviso, 2006 14 ottobre 2006 Costume e società
[Legaville 16] C’era una volta un poeta...

C’era una volta un poeta, un bravissimo poeta, che viveva a Legaville, quando ancora Legaville si chiamava Treviso. Questo poeta, Ernesto Calzavara, scriveva delle splendide poesie mescolando il trevigiano con il latino, l’inglese, il francese, trasformando la poesia dialettale in esperienza d’avanguardia. Non visse sempre qui: a un certo punto andò via, a Milano, a fare l’avvocato. Ma a Treviso tornò, infine, nella sua casa di San Pelajo, con il suo giardino popolato d’alberi e pietre immense e stranissime, le pietre che lui stesso raccoglieva. Acqua, pietre, alberi erano il suo pallino, insieme alle bestie, ai cani, ai gatti. E’ stato un grande poeta, Ernesto, che questa città (pubblica e privata) ha felicemente ignorato e ignora, tanto quanto ha ignorato e ignora Martini, Comisso e, in fondo, lo stesso Zanzotto. Io ho avuto la fortuna di conoscerlo, qualche anno prima che ci lasciasse e giorni fa, passeggiando, Ernesto mi è tornato in mente. E’ stato perché andavo tra Piazza del Grano e i Buranelli, tra un’antenna che sorge e un po’ di salici che spariscono. In piazza, a contestare l’antenna, c’era poca gente. Uno spettacolo simile a quando, nel disinteresse generale, i musicisti del Teatro Comunale, insieme a Paolini, si misero a suonare in mutande a Piazza dei Signori per protestare contro lo smantellamento dell’orchestra. O come quando le donne e i bambini accampati sotto il Duomo furono aggrediti dai nazi, tanto cari al Pro. La città in queste cose ‘no se intriga’. Ha fatto un’eccezione per i cani, ma ho il sospetto dentro di me che a prendere l’iniziativa della protesta, in quel caso, siano stati gli abbaianti quadrupedi, più che i loro padroni. Dunque nessuna illusione: l’antenna sorgerà, di salici e alberi tagliati ne vedremo ancora decine. Perché non è il Pro (o la Lega) che hanno creato Legaville, ma è Legaville che li ha partoriti entrambi dal suo ventre molle. Dunque, passeggiando, mi domandavo cosa ne avrebbe detto lui, Ernesto, di questa Legaville del terzo millennio, anno circa tredicesimo dell’Era Gentilina. Ma, a pensarci bene, lui mi aveva già risposto, prima ancora che a me venisse in mente la domanda, con la frase di commiato che mi disse la prima volta che l’incontrai. «Si ricordi, Voce! Sullo stemma di questa città c’è scritto: “mi no vao a combater”». Proprio così.

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