Delicatessen [06] La solitudine della scuola

4 dicembre 2004 Costume e società
Delicatessen [06] La solitudine della scuola

E così martedì tutt’Italia si è fermata. Hanno incrociato le braccia operai ed impiegati, medici e ferrovieri, piloti e precari. Tutti. Tranne gli insegnanti…
Eh già, perché all’ultimo momento i Sindacati Confederali, visto «l’enorme successo» dello sciopero della scuola del 15 Novembre, hanno ritenuto «inopportuno» replicare la protesta. Che tristezza! Per carità, mi rendo conto del fatto che si era scioperato appena 15 giorni prima, ma, vista la situazione della scuola italiana, forse non sarebbe stato male replicare. La Ministra non mi è sembrata molto impressionata dalle manifestazioni del 15 e se qualche taglio al personale docente è stato evitato all’ultimo momento (anche perché altrimenti l’Arguta Moratti avrebbe dovuto chiudere l’Azienda Scuola per mancanza di addetti), ci si è rifatti immediatamente, annunciando un ulteriore (ulteriore?) taglio sulle supplenze.
Ma c’è una ragione più profonda per la malinconia che mi ha accompagnato in aula, martedì mattina, mentre tutti gli altri se ne stavano a manifestare: è che mi è sembrato diventare ancora più alto quel muro che separa la mia categoria dagli altri lavoratori. Siamo dunque degli inguaribili corporativi?
Ma poi mi è venuta in mente una cosa: io lavoro a scuola da ormai un ventennio e quasi altrettanti li ho impiegati a far lo studente. In questi anni ho scioperato innumerevoli volte per le ragioni più diverse. Ho scioperato per il contratto dei metalmeccanici e per la democrazia; per ottenere una Sanità migliore e trasporti da nazione civilizzata e potrei continuare a lungo. Non mi pare però di ricordare uno ed un solo sciopero che non fosse della scuola, ma per la scuola. Mai. Nemmeno quando si è deciso di violare la Costituzione e dare i pochi soldi che c’erano alle scuole private, o devolvere i rari posti di ruolo agli insegnanti di Religione. In Francia, per robe del genere, sarebbe successa una rivoluzione. Si sarebbero mobilitati tutti, non solo insegnanti e studenti. E così è stato, qualche anno fa. Qui no. Eppure a scuola ci vanno i figli dei metalmeccanici e quelli dei ferrovieri, la prole dei medici e quella degli impiegati. Sicuri che non sarebbe il caso di far seguire i fatti alle parole? Forse uno sciopero generale per la scuola convincerebbe noi tutti (e chi ci governa) che la scuola è cosa che interessa alla nazione intera. Altrimenti vuol dire che i sindacati (e i lavoratori) italiani hanno la scuola che si meritano.

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