[Legaville 21] Quelle chiare fontane...

24 ottobre 2006 Costume e società
[Legaville 21] Quelle chiare fontane...

Dell’Ombralonga si è detto ormai tutto il male possibile, al punto che continuare a criticarla è un po’ come sparare sulla Croce Rossa. Ma siccome, nonostante tutto, questa sorta di ‘rave del vino’ continua ad essere celebrato in pompa magna, e, anzi, per un fan che perde un altro ne trova di altrettanto prestigioso, forse vale la pena di dedicarle qualche riga. Anche quest’anno i numeri ‘mbriaghi’ sono niente male: qualche decina di coma alcolici soccorsi, un paio di partecipanti più o meno sconvolti sui binari della ferrovia che rimane bloccata, il comandante dei Vigili aggredito da teppisti forse naziskin, mentre c’è da presumere che fossero centinaia i guidatori brilli che se andavano in giro per le strade della Marca, anche se non mi risulta che i Vigili si siano attivati per ritirare qualche patente, e poi torrenti di alcol per tutti, compresi, ci scommetterei, battaglioni di minori, fiumi di vomito ed urine ad allietare le vie e i corsi d’acqua di quella che Dante definì «Treviso che di chiare fontane tutta ride, e del piacer d’amor che quivi è fino», anche se di amore non dev’essercene stato molto quella sera, visti i noti effetti depressivi dell’alcol. Persino Michielon, che dell’Ombralonga è stato un paladino intemerato, fa mezza marcia indietro e dice che forse è il caso di frenare. E tutto questo in una situazione nella quale le statistiche ci dicono che i nostri giovani iniziano a bere a 11 anni. E di alcol si muore, si muore molto più che di eroina, molto più che di tutte le droghe illegali messe assieme. Sono stupefatto dunque che a difenderla intervenga il Procuratore della Repubblica di Treviso, il Dott. Foiadelli che sostiene che tale attentato al fegato della collettività (che tutti poi contribuiremo a curare, via Sistema Sanitario Nazionale) « ha il merito di riscoprire le antiche tradizioni venete. Lo scopo della manifestazione infatti è quello di richiamarsi alle sane abitudini, radicate nella storia della nostra gente». Mi scusi, Procuratore, ma non capisco. Di che tradizioni sta parlando? A me quello del veneto sempre ubriaco pare piuttosto un cliché un po’ vieto ed antipatico. Di quali sane abitudini? Di quelle che trasformano tanti partecipanti in controfigure barcollanti di se stessi, che gli fanno letteralmente a pezzi frattaglie e coratelle? E se invece provassimo tutti a tornare a quelle famose «chiare fontane»?

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