Giornalino 7

19 novembre 2003 Costume e società
Giornalino 7

Erano messe di sghembo sullo scaffale della libreria. Tre copie. Le ho viste di sfuggita e quasi non ci ho fatto caso. Poi mi sono bloccato stupefatto e ho sorriso. Come non sorridevo da giorni. Ho abbrancato per il cappuccio del giaccone mio figlio che stava lanciandosi verso il fondo del negozio a caccia di novità su dinosauri e simili paleontologici e ne ho preso in mano un esemplare. Incredibile… avevo tra le mani una copia di ’Lettera a una professoressa’, autore collettivo: la Scuola di Barbiana, regista affatto occulto Don Lorenzo Milani… Tanto per restare in tema: un miracolo. Come? Che c’è di strano, o addirittura di miracoloso nel trovare in libreria una copia del satanico libello? Su Don Milani ci hanno fatto addirittura lo sceneggiato televisivo, è una stella del pop-set, quasi come Padre Pio e Bernadette…? Appunto, proprio per questo e anche per altro. E se avete un secondo vi spiego perché. Quello che avevo tra le mani non era un esemplare qualunque. Non una ristampa mondadoriana, o rizzolesca, di quelle che avevo immaginato che si facessero dopo i passaggi in TV. In fondo addirittura il Sub in persona aveva avuto l’onore di una brossura berlusconide. Un’edizione di lusso con in copertina una bella foto di Milani-Guevara, una cosa assai postmoderna-rivoluzionaria, con in appendice le foto della produzione TV e un saluto-ricordo del Ministro della Pubblica Istruzione e del Papa. Macché, quella era proprio la vecchia edizione che avevo letto io, a quattordici anni, della Libreria Editrice Fiorentina, con la copertina di cartoncino bianco ruvido e il titolo verde smeraldo, i caratteri di stampa vetusti, i grafici dei ragazzi riprodotti dagli originali fatti con i pennarelli e il normografo, i trasferibili. Poesia visiva insomma. Ho letto la data di ristampa: 1996. Prima dello sceneggiato TV dunque. Ma non mi sono fidato. Era mai possibile che nessuno avesse ripubblicato quel libro?. Ho chiesto in libreria. Niente. Ho brancato il figliolo completo di un po’ di brontosauri e velociraptor in sedicesimo stretti tra le braccia e sono schizzato a casa, al computer e vai con tutti i motori di ricerca che avevo a disposizione. Risultato? Proprio così. Non solo nessuno, oltre alla Libreria Editrice Fiorentina, aveva mai ristampato ’Lettera a una professoressa’, ma, sceneggiato o non sceneggiato, nei grandi e-shop italiani, dove si trovano addirittura i miei di libri, ’Lettera a una professoressa’ semplicemente non c’è. Non esiste. Caro Don Milani, c’è da esserne fieri, la classe non è acqua. Indigesto eri e indigesto sei rimasto…. Sconfitta completa? Invece no. C’era, era lì, miracolosamente presente, distribuito fino a una piccola libreria di una provincia dell’opulento e spesso testone Nord Est. Immobile. Non commestibile. Velenoso. Col numero di matricola abraso, come un revolver malandrino e un po’ majakovskiano. Come se il tempo non fosse mai passato. Al suo posto. E ho sorriso di nuovo perché era buon segno, era uno di quelli che Troisi chiamava i ’miiiiiiiraaaaaaaacoooooooliiiiiiiii’. Un segno che forse c’è ancora speranza, alla faccia di ottavo nano Biscio-Berluscone e della sua Biancaneve in Buttiglione.

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