Un inedito di Antonio Porta, introdotto da Niva Lorenzini in esclusiva su www.lellovoce.it

25 marzo 2004 Letteratura e arti
Un inedito di Antonio Porta, introdotto da Niva Lorenzini in esclusiva su www.lellovoce.it

Presento qui, grazie alla cortesia di Rosemary Liedl Porta, uno splendido inedito di Antonio Porta della metà degli anni 80. Ad introdurlo l’analisi di Niva Lorenzini, curatrice della raccolta postuma Yellow e grande conoscitrice dell’opera del poeta milanese.
In coda al testo - sempre grazie alla generosità di Rosemary - è possibile ascoltare tre file audio della lettura che Porta stesso dà di alcune sue liriche.
I file fanno parte di uno splendido CD che accompagna la riedizione di
L’aria della fine e che è appena arrivato in libreria per le Edizioni San Marco dei Giustiniani.
info: edizionisanmarco@libero.it tel:010.2474747

Piaceva ad Antonio Porta scrivere "lettere in forma di poesia" e "poesie in forma di lettera". Era un modo, diceva, di affrontare la "sfida orizzontale della comunicazione": una sfida fondamentale per chi aveva scelto di intitolare Quanto ho da dirvi il volume feltrinelliano del ’77, e di sottotitolare Brevi lettere le poesie riunite, nell’82, nella raccolta L’aria della fine, riproposta in questi giorni da San Marco dei Giustiniani.
Ma questa è una lettera particolare, sorprendente. L’unica rivolta a se stesso, a meno di due anni dalla morte, che lo coglierà il 12 aprile dell’89. Una lettera in cui si radicalizzzano i temi di una vita: lo strappo, la perdita, lo svuotamento. Temi ossessivi in una scrittura fatta di attriti e contrasti ossimorici: il nascere, il morire, la presenza, la scomparsa, il risucchio verso l’ombra e la situazione prenatale, la pulsione erotica e l’onirismo, la lingua del dialogo e quella della castrazione. La parola, mobilissima, è luogo di metamorfosi. Ritmiche, tra percussivo imporsi degli accenti, delle iterazioni ("Come due mani uscite dal niente / come due mani entrano nella schiena") e fluidità della notazione diaristica; e insieme tematiche (il deformarsi delle "mani" in "zampe", il "disossarsi" del corpo, in allucinata icasticità). A dirigere il tutto uno sguardo lucido e esterno, una parola "come pinza che pizzica la realtà", e che vuole agire, forzare il silenzio e il vuoto: e ci raggiunge, conservando intatta la sua energia e la sua carica vitale.
Niva Lorenzini

Antonio Porta
LETTERA SPEDITA A ME STESSO
Come due mani uscite dal niente
come due mani entrano nella schiena
mi scavano mi disossano e continuano
il loro lavoro di svuotamento
come due zampe di bestia sconosciuta
(ma quella bestia sospetto di essere io
che mi prendo da dietro senza saperlo)
ora che sto seduto in un teatro
guardo le prove degli attori, ascolto
la colonna musicale abbandonato su una poltroncina
mi dico: non saprò mai che cosa significa
avere la fica, non riuscirò mai a vivere
con questo buco tra le gambe, questo
risucchio uterino da riempire ogni istante,
forse una donna se lo dimentica ogni tanto,
invece io non posso.
Mi sembrano i pensieri di un disossato,
ma non posso fare a meno di scriverli,
l’involucro del mio corpo abbandonato sulla poltroncina,
proprio controvoglia, ora che non sento più il dolore di prima
quando le mani mi stavano lavorando alla schiena ho capito
che non c’ero più, che il mio corpo è scomparso
che avevo un’idea della bellezza un desiderio che non è più un’idea
che mi restano solo queste righe e sospetto
nessuno ne sarà mai coinvolto, me lo auguro e mi auguro
il contrario, che qualcuno legga fino in fondo e allora…
oh allora vorrebbe dire che davvero
non c’è scampo…
Invece sono solo fatti miei, un incidente di stanchezza
lungo il percorso, un capolinea vuoto, nessun rimpianto,
un semplice errore di calcolo sulla quantità delle energie
molto felicemente spese…
Non voglio che le ultime righe
siano lette come una spiegazione troppo facile.
No, non voglio spiegarmi, anche se lo potessi,
mi pare che qualcun altro o molti altri
hanno vissuto al mio posto, dentro il mio corpo,
ora se ne sono andati tutti.

6.1.1985-30.11.1985
rev.17.7.1987

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