[Delicatessen 44] Il Vaticano e il Festivaletteratura di Mantova
Non vorrei dare l’impressione di battere sempre la lingua sullo stesso dente dolente, ma certi cattolici italiani davvero una ne fanno e cento ne pensano. Ammalati di sindrome paranoico-persecutoria di tipo berlusconide, pur essendo da secoli la struttura ideologica di gran lunga più potente d’Italia, temono ogni giorno attacchi al cuore dei più fondamentali valori (loro), s’indignano e cacciano alte strida, convinti come sono che la tolleranza consista in una qualità altrui, grazie alla quale tutti coloro che non sono cattolici devono sopportare supinamente la loro intolleranza nei confronti di valori e idee differenti da quelle di Romana Chiesa. Giungendo sino al ridicolo. Non fosse bastata la sparata contro le coppie di fatto, combattuta lancia in resta da un Casini persuaso che se si è in democrazia allora bisogna, con tolleranza, lasciare ai cattolici amministrare la Repubblica come fosse una teocrazia, ecco che sotto le grinfie dell’Osservatore Romano va a finire persino il Festivaletteratura di Mantova, reo di essere nientemeno che un «programmato artificio», «un grande gioco che presume di usare lo spettacolo a fini culturali mentre in realtà fa l’esatto contrario». D’altra parte di editoria i cattolici hanno sempre avuto il vizio di interessarsi, sin dai tempi dell’Indice e Benedetto XVI, in merito, è un vero esperto. Per tranquillizzare l’ingenuo articolista vaticano, vorrei ricordargli che proprio questo è la letteratura, un programmato artificio, mentre per quanto riguarda l’aspetto spettacolare della faccenda, stia certo che cercheremo, con grande tolleranza, di mortificarci e chiudere tutti i cinema, i teatri, gli auditorium. Ci sono già le chiese. Serve altro?
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