Cordelli, Genna e il cadavere della critica letteraria

Ilfattoquotidiano.it - maggio 2014 31 gennaio 2015 Letteratura e arti
Cordelli, Genna e il cadavere della critica letteraria

È tempo, evidentemente, di Apocalissi per le patrie lettere.

Non è una novità, il romanzo è ormai morto qui da noi almeno una decina di volte, la poesia sta ancora peggio, mezza fantasima e mezza zombie si aggira sperduta tra cantautori e Facebook.

I becchini son quasi sempre gli stessi, magari quelli che la mattina dopo fanno l’ufficio stampa per gli unici sopravvissuti (a parer loro).

Che di Apocalissi se ne siano aggiunte altre due (equamente divise tra prosa e poesia) non metterebbe, dunque, conto alcuno parlare.

Se lo faccio è solo perché queste ultime due sono davvero due chicche: prima Giuseppe Genna dichiara clinicamente morta la poesia italiana, poi Franco Cordelli dà del cadavere (causa annegamento in palude, lemma singolarmente neo-avanguardista per una penna così allergica a tali milieu, come la sua) a buona parte dell’ultima produzione in prosa.

Legittimo, per carità, se ne parlo è solo per far l’apocalittico anch’io: e già, perché c’è il terzo cadavere di cui prendere coscienza, quello della critica letteraria.

I due pezzi in questione sono poco più che sfoghi umorali che si reggono solo sulla notorietà dei due autori e, in un caso, sul prestigio della sede di pubblicazione. Niente più.

Niente argomentazioni letterarie serie, niente analisi critiche: pochi passaggi, rapsodici e spesso oscuri, quasi che il critico fosse la Sibilla, la Cassandra che preconizza e non deve spiegare nulla.

Per carità, interventi del genere certo non possono, né devono, giungere alla completezza di un saggio, ma se poi, come Cordelli, ci si avventura addirittura nella tassonomia critica in apposito box completo di grafica e accluso al pezzo, essere apodittici significa rischiare il ridicolo.

Se si decide di radere al suolo qualche generazione di poeti italiani, forse, oltre alla bella (?) prosa, Genna ci doveva qualche spiegazione in più del suo balbettante e malriuscito giambo.

Almeno così la pensa l’arguzia lucida del poeta Michele Zaffarano che riscrive più volte il pezzo di Genna, dedicandolo a idraulici, panettieri, ecc. senza che nulla cambi nel ‘senso’ dello scritto. L’argomentazione tiene, cioè Genna, criticamente parlando, non ci ha detto nulla.

Ed anche questo è un aspetto evidentemente ridicolo della questione, visto che poi è l’altra faccia di un’altrettanto apodittica laudatio della assolutamente splendida situazione del romanzo italiota, che ha data assai prossima. Chi ha dei dubbi clicchi qui J.

Ma neanche questa sarebbe novità rilevante.

Ciò che preoccupa è piuttosto l’affanno con cui tanti si precipitano a rispondere al nulla, facendosi, ovviamente inghiottire da quel nulla. Legittimandolo.

Una sola eccezione, direi, oltre alla sagacia di Zaffarano, quella di Massimiliano Manganelli che sul suo blog, caustico, nota l’unica cosa notevole dell’intervento di Cordelli: che di tutto si tratta, tranne che di critica letteraria.

Non vogliamo imitarli, continuiamo a credere che la critica letteraria sia viva e vegeta, preferiremmo soltanto che certuni, giovani e meno giovani, si dedicassero ad altro.

Qui il pezzo originale con i link multimediali

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