Net&Blog [04]
Naviganti sotto tutela critica? - In un suo interessante intervento su «Nuova corrente», dedicato alle riviste letterarie, Andrea Cortellessa elabora un’analisi della situazione delle e-zine e dei blog letterari che, pur contenendo elementi apprezzabili, giunge a conclusioni fortemente negative sulle quali avanzerei qualche dubbio. Prima, però, alcune cose su cui concordo. E’ certamente vero, ad esempio, che la scrittura dei blog (che siano o meno letterari) abita uno spazio ambiguo (ma, proprio perciò, eccezionalmente stimolante) tra oralità e scrittura, ed è altrettanto vero che la Rete (il blog ’personal medium’, come lo definisce felicemente Cortellessa), nel momento in cui garantisce una diffusione virtualmente infinita ed infinitamente libera, riduce fortemente quelle che il critico romano chiama le forme di «controllo e responsabilizzazione» che normalmente filtrano il rapporto tra autore e pubblico (critica, editoria, ecc.). Risultato: una pletorizzazione del ’trash’, del ’commento selvaggio’, ecc.
Detto questo - e ammessa preventivamente l’esistenza di un panorama nel quale gli episodi folklorici certo non difettano - va però accennata qui, se non altro come ipotesi, un’analisi diametralmente differente. Cortellessa stesso ammette tutte le storture che le forme di ’responsabilizzazione’ inducono, e che vanno dalla censura, sino alla criminale disattenzione ed incompetenza della nostra editoria. Cosa vale di più la pena di rischiare, mi domando allora, qualche diario adolescenziale travestito da blog letterario di troppo in Rete, o che opere ed autori validi siano esclusi da qualsiasi meccanismo di comunicazione? Stessimo parlando di politica (e in effetti è quello che stiamo facendo) formulerei la domanda così: a quanta libertà siete disposti a rinunciare, in cambio di un aumento della vostra sicurezza? Non stiamo forse facendo un gioco ambiguo - come suggeriva Princess Proserpina [http://www.pproserpina.net/], blogger tra le più interessanti - sottolineando solo i « punti esclamativi e i consigli amorosi, ed escludendo invece proprio quei blog che loro [noi, giornalisti e critici] quotidianamente leggono, come fossero una rassegna stampa»? Infine, poiché il massimo di comunicazione equivale al massimo di rumore, forse sarebbe meglio riflettere a proposito della reale ’visibilità’ di tutto quanto di buono (e non è poco) avviene in Rete, facendo in maniera di renderlo sempre più individuabile. E non parlo di ’bollini blu’, ma di meccanismi di condivisione, di quelle forme di «responsabilizzazione singolare-plurale» a cui si riferisce, auspicandole, anche Cortellessa. Dando, per il resto, la stessa fiducia che diamo al senso critico dei lettori anche a quello dei ’ naviganti’. L’alternativa - ovviamente - è porsi sotto tutela, e non è bello.
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