Hai firmato l’appello per Battisti? Che si brucino i tuoi libri... [Aggiornamento 1]

17 gennaio 2011 Politica e movimenti
Hai firmato l’appello per Battisti? Che si brucino i tuoi libri... [Aggiornamento 1]

[Traduzione in Spagnolo]

[Traduzione in Francese]

I fatti credo siano ormai conosciuti da tutti: dall’invito a escludere dalle biblioteche veneziane i libri degli autori firmatari – nel 2004 – di un appello per la liberazione di Cesare Battisti, scrittore ed ex membro della formazione terroristica PAC, partito da un Consigliere comunale del PDL di Martellago, sino all’entusiastica adesione dell’Assessore Provinciale veneziano, il Signor Speranzon, ex MSI confluito nel PDL, che ha rincarato la dose, dichiarandoci persone ‘non gradite’ in Provincia di Venezia e invitando, con fare minaccioso, tutti i Comuni a comportarsi così, o a prendersene la responsabilità ( e dunque ad accettarne le conseguenze… quali, viene da chiedersi…).
All’Indice siamo finiti in tanti, autori con posizioni letterarie e politiche molto diverse, accomunati dal solo fatto di avere osato dire una parola in difesa del diabolico terrorista rosso, di aver sollevato qualche dubbio sulla versione ufficiale dei fatti.

Intanto vale la pena di precisare che il sottoscritto non ha firmato quell’appello perché condivida, o abbia mai condiviso, le scelte politiche di Battisti e dei PAC. In quegli anni facevo tutt’altro, sono figlio della ‘generazione chimica’, un ex indiano metropolitano, innamorato di Radio Alice e di Gregory Corso, di Laing, Benjamin, Danilo Dolci e dei poeti-cantanti brasiliani, che non ha mai avuto nessun tipo di vicinanza, né alle Brigate Rosse, né a qualsivoglia gruppo, o gruppuscolo che abbia creduto di risolvere per via armata le contraddizioni stridenti della nostra nazione. A loro, anzi, ascrivo parte rilevante delle responsabilità per aver trasformato la mia giovinezza in una sorta di triste e sgradevole altalena tra bombe, posti di blocco, cecchini appostati sui tetti e gambizzazioni. Di aver contribuito, insomma a limitare la mia libertà e la mia felicità….
I PAC e Battisti non fanno eccezione.
Ma sono abituato a ragionare con la mia testa, ad informarmi, a cercare di capire…

Sono giunto così alla conclusione che buona parte delle accuse che pendono sul capo di Battisti siano infondate, che sia in atto – nei suoi confronti - un accanimento abbastanza evidente, soprattutto mi sono convinto che sia giunto il momento per cercare una soluzione ‘politica’ che faccia i conti con quegli anni, una soluzione che coincida con una comprensione approfondita, coraggiosa e senza infingimenti di ciò che furono i ’70, per raggiungere la quale, tutti, Battisti compreso, ma anche Moretti, Faranda, Zorzi, Freda, Delle Chiaie, Fioravanti, Mambro, Mori e tutti i suoi colleghi Alti Gradi, i politici, i magistrati, i componenti degli apparati segreti dello stato sopravvissuti a quell’epoca, dovrebbero avere infine il coraggio di dire a questa nazione verità che le vengono negate da troppo tempo.

Per questo ho firmato quell’appello: perché credo che sia ora di fare chiarezza, di sollevare i veli, di rifiutare scorciatoie, di smascherare ciò che va smascherato, chiunque si celi sotto la maschera..
Solo così, a mio parere, saremo al sicuro dal ripetersi di certe tragedie, che attendono sempre, acquattate dietro l’angolo della Storia.

In seconda battuta va detto con estrema chiarezza, così che ciò che segue non sembri puro ‘ideologismo’, che il caso Battisti ha la maligna capacità di far perdere la bussola anche a ‘teste’ ben più pensanti e democratiche di quelle dell’Inclito Speranzon.

Mi riferisco al recente, e abbastanza stupefacente, intervento di un intellettuale del valore di Tabucchi su Le Monde, in cui lo scrittore si scaglia contro alcuni intellettuali francesi come Levy, Sollers, Vargas, colpevoli di aver difeso lo scrittore ‘armato’, sulla base dell’assunto che in Italia i magistrati siano una categoria al di sopra di ogni sospetto, che ciò che stabiliscono loro sia, senza ombra di dubbio, la verità. Caso Battisti compreso, ovviamente.

Se persino Tabucchi si lascia irretire dalle generalizzazioni, dalla facilità di un falso sillogismo, grazie al quale, in base ai meriti che una parte di questi magistrati ha acquisito nella lotta alla Mafia, o contro la corruzione politica, ma dimenticando le responsabilità che molti di questi stessi magistrati hanno avuto nell’alzarsi della nebbia che copre tanti snodi tragici di questo paese, da Piazza Fontana a Genova 2001, se ne conclude che qualsiasi magistrato sia, per preconcetto, (a prescindere, come avrebbe detto Totò) un magistrato giusto, non siamo semplicemente alla frutta, siamo andati ben oltre, siamo ormai, letteralmente, all’amaro.

Non provo particolare simpatia nemmeno per Henry Bernard Levy, ma è superficiale presunzione sperare di risolvere il dibattito, come Tabucchi pur fa, appellandosi ad una, tutta supposta, integrale bontà di una categoria in quanto tale: quella dei magistrati.
Ci sono gli ‘ermellini di lotta’, ma ci sono stati, ed, ahimè, ci sono ancora, anche quelli che negli anni Settanta chiamavamo gli ‘ermellini di guardia’, quelli che credono ai ‘malori attivi’, alle pallottole deviate al volo da sassi volanti, quelli che si sono dedicati per anni all’insabbiamento dei processi scomodi, quelli che al Cavalier B. si sono venduti, ecc.
Tabucchi ha forse dimenticato vicende che pure dovrebbero essergli notissime? Davvero crede che una faccenda triste e tragica come quella della lotta armata possa essere risolta in modo così manicheo, dividendo il mondo in buoni e cattivi? Solo attraverso le sentenze dei tribunali? Non gli pare eccessivamente ‘manzoniano’?
Ha dimenticato che lo stesso Gran Lombardo affermava, in uno dei suoi cantucci scavati nel Romanzo, che chi commette il male non è colpevole solo per il male che commette, ma anche per il turbamento in cui induce l’animo degli offesi?
Che senso ha, dunque, criticare aspramente un intellettuale per il solo fatto di non accettare pedissequamente ciò che questo, o quel giudice italiano hanno affermato nelle loro sentenze? Ha fatto di meglio persino Napolitano, che pure Tabucchi non perde occasione di accusare (spesso a ragione) di pavidità e superficialità istituzionale…
Tabucchi sa bene che qui in Ytaglia, spesso, le verità giuridiche e quelle storico-politiche non coincidono affatto.
Che ciò accada proprio all’indomani del Diktat di Marchionne è poi particolarmente preoccupante, fa temere che, ancora una volta, la Sinistra Parlamentare non sappia interpretare e gestire il disagio acuto di vaste porzioni della popolazione, affidandolo, tutto intero, a questo, o a quell’avventurismo e consegnandosi, mani e piedi, a una metafisica e apodittica idea di ‘legalità’, e penso a Saviano e alla sua malaccorta, tristissima, presuntuosa lettera agli studenti che erano in piazza il 14 dicembre scorso.

Ma infine arriviamo al punto. Al punto nero. A Speranzon: che di questo soprattutto interessa discutere qui ed ora.

Al di là della violenta arroganza che la sua richiesta si porta dietro, e che credo sia evidente a tutti, con i suoi sinistri echi orwelliani, ciò che colpisce di più è l’idea che si possa proibire, o comunque impedire la lettura di questo, o quel libro (o disco, o piece teatrale) sulla base delle posizioni che l’autore esprime su tutt’altre faccende.
Qui cioè, non si chiede di escludere dalle biblioteche venete, dalla presentazioni pubbliche, ecc alcuni libri che parlano del caso Battisti, cosa che, in sé, sarebbe già abbastanza disgustosa. No, si fa di più, si chiede di escludere dei libri che parlano di tutt’altro, sulla base del fatto che a scriverli sono state persone politicamente sgradite al Signor Assessore.
Siamo al di là dell’incubo: siamo al delirio puro…
A quando la proibizione dei libri di tutti coloro che pensano che il Signor B. sia un malversatore, a quando quella di coloro che prendono posizione contro il Federalismo padano, o di ci coloro che si dichiarano gay, o che sono favorevoli a politiche antiproibizioniste nel campo degli stupefacenti? A quando l’esclusione dalle biblioteche comunali di Milano di tutti gli autori che tifano per la Roma, o per il Napoli?
Non fosse tragico, sarebbe, benjaminianamente, farsesco.

Conoscevo i trascorsi neo-fascisti dell’Assessore, ma credevo che lui avesse tutto l’interesse a non farli conoscere ad altri.
Mi sbagliavo: adesso se qualcuno aveva qualche dubbio, si sarà obiettivamente convinto che il lupo (nero) perde il pelo, ma non il vizio, e che se anche il sarto dello Speranzon è nel frattempo cambiato con il suo abito, quello celato dal doppiopetto blu, stile commercialista, è sempre il buon vecchio seguace di Almirante.
L’abito non fa il monaco, né l’assessore democratico.
Non a caso non ricordo di averlo mai sentito prendere posizione a proposito di gente come Zorzi, Izzo (che in Italia è restato, e forse avremmo fatto meglio – a conti fatti – a spedirlo a fare il cameriere in uno dei ristoranti giapponesi di Zorzi), il Fronte Veneto Skinheads, Freda ecc., l’elenco sarebbe davvero tristemente lungo.

Ma c’è di più: a molti potrà sembrare strano, ma il Signor Speranzon è una figura istituzionale, rappresenta, in campo culturale, la volontà di tutti i cittadini della Provincia di Venezia, dunque decidere di escludere dalla fruizione testi comprati con pubblica pecunia mi pare ai limiti del peculato, oltre che smaccatamente illegittimo.
Il sindacato di polizia COISP ha tutto il diritto di invitare al boicottaggio nei nostri confronti, tanto di cappello, anche se mi permetto di suggerire sommessamente che, alla luce di tanti episodi che hanno viste coinvolte le nostre forze dell’ordine, anche recentemente, l’invito di un poliziotto a non leggere libri ha – in sé – qualcosa di sinistro.
Speranzon, invece, in quanto rappresentante di un Istituzione, dovrebbe guardarsi bene dal fare certe dichiarazioni.
Sinistro è, peraltro, anche il ricatto celato tra le righe del comunicato, che fa capire che le misure censorie non saranno prese nei confronti di quegli autori che ritireranno la loro firma dall’appello: non ci fosse nessun’altra ragione, basterebbe questa a indurmi a rifirmarlo, non sono abituato a cedere ai ricatti.
Altra educazione, altro patrimonio genetico, per quanto mi concerne…

Va detto inoltre che, in un territorio come il nostro, dove l’arroganza neofascista è giunta sino all’assassinio per futili motivi, in cui l’intimidazione, la violenza fisica come strumento lecito di lotta politica la fanno da padrone, posizioni di questo genere, che si uniscono al coro di aggressivi, leonini, ruggenti grugniti di molti esponenti leghisti, possono suonare come un invito e un’autorizzazione a fare di più.
Di questo, Speranzon e i suoi sodali, non possono che assumersi tutta la responsabilità.

Infine: Speranzon ci invita ad avere rispetto delle vittime e dei loro parenti. Ha ragione. Questo rispetto io non l’ho fatto mai mancare, per nessuna delle vittime e per nessuno dei loro parenti, quale che fosse il suo credo politico. Sono anni, infatti, che, come tantissimi altri, chiedo che sia loro concesso il rispetto più grande: quello che finalmente toglierà il segreto di stato sui tanti, troppi episodi oscuri che hanno afflitto la storia recente del nostro paese, coinvolgendo centinaia di vite innocenti con e senza divisa.
Né credo di averlo fatto mancare firmando quell’appello. Se la verità ufficiale non mi convince, se chiedo chiarezza, rispetto della legalità nazionale ed internazionale, se pongo dei dubbi, se approfondisco, non credo di stare mancando di rispetto a chicchessia, meno che mai ai parenti delle vittime, a meno che non si pensi che qualsiasi colpevole, fosse pure del tutto innocente, è comunque meglio di nessun colpevole.
Questo non servirebbe, né alle vittime del terrorismo rosso e nero, né ai loro congiunti, meno che mai alla democrazia.
Una cosa così può far comodo solo a chi si trova splendidamente a suo agio al centro del pogrom.
E’ per questa ragione che rifirmerei quell’appello, è per questa ragione che credo che le dichiarazioni e le iniziative di Speranzon non siano solo fasciste, ma sostanzialmente ridicole e latamente pornografiche…


[Aggiornamento 1]

Al peggio, scriveva Montale, non c’è mai fine. Quanta ragione aveva…
Così, alla luce di quanto riportato oggi da un quotidiano veneto, mi tocca riintervenire su questa desolante faccenda della censura sui libri dei reprobi (io e qualche decina di altri colleghi di ogni età, sesso e credo politico, tra cui nomi prestigiosi e ‘storici’ della cultura italiana e internazionale, come Agamben, Sollers, o Balestrini) che hanno firmato nel 2004 l’appello per Cesare Battisti…

Le novità, ad oggi, sono queste:

a) L’Assessora all’Istruzione della Regione Veneto, la leghista Donazzan, non paga di aver già messo in serio imbarazzo sin le stesse le Curie venete decidendo, unilateralmente e a loro insaputa, di spendere soldi pubblici per regalare Bibbie a tutti gli alunni delle scuole della Regione, e facendosi beffe di quanto aveva dichiarato la Presidente della Provincia di Venezia, Zaccariotto, sua collega di maggioranza, la quale si era affrettata, cum grano salis, a delegittimare immediatamente l’iniziativa dell’improvvido Assessore Speranzon, oggi dichiara che, con il placet dello stesso Governatore Zaia, scriverà una lettera a tutti i Presidi del Veneto ( e attraverso di loro agli insegnanti), invitandoli a non diffondere tra i giovani le opere degli autori messi al bando. A chi le contesta di operare una censura, risponde, con supposto preventivo acume, che la sua non è un’imposizione (e come potrebbe?), ma un “indirizzo politico”.
Ora dato per scontato quanto ho già detto a proposito di censura di testi che parlano di tutt’altro che della vicenda Battisti e di censura più in generale, sento la necessità di informare l’Assessora che tra i suoi compiti istituzionali non è compreso quello di dare “indirizzi politici” agli insegnanti della scuole della Repubblica, i quali non dipendono da lei, né di diritto né di fatto, e la cui libertà di insegnamento è garantita da uno specifico articolo della nostra Carta Costituzionale.
C’è una tendenza a privatizzare le Istituzioni, qui in Italia, che ha ormai passato ogni segno, come se svolgere un ruolo istituzionale fosse il passe partout per ogni e qualsiasi operazione, come se – amministrando questa, o quella Istituzione - se ne divenisse proprietari.
E ciò è molto triste, oltre che affatto democratico e latamente eversivo.
Per altro verso, essendo io un insegnante, come la Sra. Donazzan può facilmente comprendere, il mio imbarazzo è doppio.
Posto che io non passo il mio tempo a parlare ai miei allievi delle mie mediocrissime opere, ma a spiegar loro Dante, Petrarca, Boccaccio, Leopardi, Foscolo, Pasolini, Fortini, Sanguineti, Gramsci, ecc.. (tutta gente, mi rendo conto, che nell’opinione dell’Assessora andrebbe evidentemente esclusa dai programmi, visto ciò che costoro pensavano della libertà, della censura e della stessa Unità d’Italia), come farò a continuare ad insegnare?
Se i miei libri sono da bruciare, che fare della mia didattica?
Sta forse suggerendo di licenziarmi? E quale sarebbe la ‘giusta ragione’? Quella di aver espresso liberamente un mio parere, un mio giudizio politico, che non coincide con il Suo?
C’è qualcuno che può avvertire l’Assessora che persino Lei vive in una società liberale, democratica, in uno stato di diritto e che non può permettersi di trattare questa Regione come se fosse una dependance di casa sua?
Leggo anche che il Governatore Zaia dichiara di “ non avere difficoltà a confermare che ci sono delle persone [noi firmatari] che non ci rappresentano degnamente”. Stia certo il Governatore che anch’io la penso come lui… ma al suo proposito, evidentemente. Chi nomina certi Assessori non può certamente garantire il governo democratico e liberale di una regione, né rappresentarla con soddisfazione mia e di qualsiasi sincero democratico…

b) Rinfrancato dall’insperato aiuto padano, l’ex missino Speranzon torna all’attacco, alla faccia della sua Presidente e ora dice di voler organizzare un pubblico dibattito all’Ateneo Veneto (chissà se quelli dell’Ateneo ne sanno qualcosa…) a cui avrebbe già accettato di partecipare quel fulgido esempio di libera intellettualità a nome Stefano Zecchi, a cui noi saremmo, a suo parere, in qualche modo obbligati a partecipare perché ‘dobbiamo’ (imperativo!) spiegare perché difendiamo un criminale.
Mi spiace Assessore: lei organizzi ciò che vuole, ma io a un dibattito così non parteciperò mai…
Intanto perché non ho nulla da dire sul caso Battisti: ho firmato un appello per le ragioni che ho già esposto nel mio precedente intervento, non sono l’avvocato di Battisti, non ho partecipato, né praticamente, né moralmente, alle sue scelte politiche e dunque per questo dibattito deve rivolgersi altrove.
Se vuole possiamo discutere della Legislazione emergenziale dell’Italia di allora, o degli anni di piombo. Ma questa è altra faccenda.
Per altro verso è ben altro ciò di cui voglio discutere: della sua volontà censoria, del suo credere di essere in diritto di decidere cosa si legga in Veneto, cosa si insegni e addirittura - visto che, come Consigliere comunale di Venezia (eh già: è anche Consigliere Comunale di Venezia, il personale politico qua è ridotto al minimo, non si tratta di cumulo di cariche, ma di austerity…) dice di voler impegnare il Comune a dichiararci “ospiti non graditi” - sin chi gira per le calli della città.
E’ questo il problema che interessa davvero discutere in una democrazia. Non altro.
Resta un mistero: come farà il povero Agamben a recarsi al lavoro, visto che insegna Estetica proprio allo IUAV di Venezia?
Sposteranno la facoltà a Chioggia, o anche lui sarà licenziato?

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