Nanni Balestrini - Ma noi facciamone un’altra #1

Autoanalfabeta University of Utopia 15 gennaio 2015 01. Autoanalfabeta University of Utopia
Nanni Balestrini - Ma noi facciamone un’altra #1

Ha ragione Nanni Balestrini a dire che nelle pile di libri accatastati nelle nostre librerie, tutti «noiosamente uguali», c’è qualcosa di profondamente «innaturale».

Anche in natura, ci ricorda, ci sono cose uguali, tutte le foglie di un albero, tutti gli esseri umani, ma il loro essere uguali comprende la differenza, ma la «meccanica» questo non può farlo.

Nasceva così la scommessa di Tristano, un libro solo che è tanti libri, nasceva apparentemente come risultato di un’operazione fortemente tecnologica, aleatoria, ma in realtà era il progetto di un percorso che, facendo i conti con il caso, tentava di trovare una sua necessità che non escludeva l’imprevisto, che non escludeva la vita.
Che fa i conti con la paura più paurosa di tutte, quella del caos, che può essere vita, o entropia. O entrambe le cose. Infinitamente…

Così nasce anche Tristan-Oil, decenni dopo. Tutto ciò è eminentemente politico, prima che per i contenuti, per le forme adottate, che nel caso di Tristan Oil, sono le forme della narrazione visiva, come quelle dello scorrere del tempo e dell’infinita aleatorietà delle esistenze (anche sociali), come dell’arbitrarietà con la quale noi trasformiamo la nostra scelta a proposito di ciò che sarà narrato e ciò che sarà taciuto in ciò che poi chiamiamo una ‘storia’.

Né è certamente casuale, ma certamente non esente da ‘fortuna’, l’incontrarsi nel ‘luogo comune’ del Petrolio di due percorsi tanto diversi come quello di Balestrini e quello di Pasolini, due strade che si toccano, per poi subito allontanarsi, l’uno impegnato a cercare di scoprire la verità, la storia vera, l’altro piuttosto interessato a guardare il combinarsi delle vicende, accettando come scontata l’instabilità di ogni senso.

E’ questo che trasforma l’impegno del secondo in letteratura, quello del primo, di Balestrini, in prassi politica e poesia, proprio nel momento stesso in cui la sua scelta formale rivendica la priorità su ogni contenuto. Perchè ogni "Movimento" è un movimento nel tempo. È cambiamento: né è possibile immaginare lo sviluppo delle cime, senza il contemporaneo allargarsi, approfondirsi, rinsaldarsi delle radici.

La scommessa, dunque, almeno per l’arte, ma non solo per essa credo, pare essere quella di cavalcare la cresta dell’onda del caso, sfidare il caos, non per ordinarlo, ma per percorrerlo, con la convinzione che linguaggi vecchi non potranno mai immaginare altri mondi che quelli della loro ostinata e ottusa ripetizione. L.V.

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