Lello Voce e la musica: una poesia civile lunga 40 minuti nel CD di un poeta, di Mauro Covacich
La poesia che si fa canto. Niente di nuovo, direte voi, la poesia è nata come carme, parola che suona e incanta. Eppure sono sicuro che farà un certo effetto trovarla in un negozio di musica. Lello Voce ha inciso la sua ultima opera in versi nel disco Fast Blood, prodotto da MRF5 e distribuito da Self, andando a prendere posto in quella nicchia di mezzo tra il mondo musicale e quello poetico chiamata "spoken word", da noi italiani poco frequentata, al contrario di quanto accada nel resto d’Europa.
Gli spoken word, ovvero parole dette in musica, riprendono i principi più antichi dell’oralità e dell’interpretazione lirica, portandoli alle loro estreme conseguenze. Il poeta canta i suoi versi, li "esegue" accompagnato da complessi rock, oppure, come nel caso di Voce, da sofisticate partiture di tecno jazz (bellissimo il tappeto sonoro creato da Frank Nemola insieme a Paolo Fresu, Luigi Cinque, Luca Sanzò e Michael Gross, ex tromba di Frank Zappa). Quel senso di vaga, impalpabile insoddisfazione che provoca spesso l’hip hop negli ascoltatori più esigenti, qui, nel disco di Voce, si precisa immediatamente: un poeta, ecco cosa mancava. Ovviamente la novità non sta nel tasso poetico di queste canzoni - gente come De Andrè, Dylan, eccetera, ha già regalato esempi massimi al riguardo -, bensì nella provenienza, nel luogo d’origine: la poesia appunto, sono tutte canzoni che vengono dalla poesia, dalla ricerca linguistica e non da quella musicale.
La scrittura, il testo, la letteratura è il punto di partenza di Fast Blood, che proprio per questo risuona in modo così nuovo e anomalo nelle cuffie del nostro lettore. Sembra che Voce abbia dovuto spingersi così indietro - nell’antica figura del poeta cantore, di un Orfeo che declama e ammalia - per potersi spingere così avanti, anni luce oltre la fredda perizia dei rapper, per poter incidere il ritmo della sua scrittura insieme a quello di una tromba, di una viola, di un sax soprano, fondendoli in un genere artistico che intrattiene, dà godimento e fa pensare.
Il disco è composto da quattro "Lai", lamentazioni febbricitanti, rabbiose, stracciate dal furore della denuncia e della contestazione, quattro movimenti - Lento, Intenso, Caotico, Esperto - tenuti compatti dalla versificazione in una canzone civile lunga quaranta minuti. "Il poeta di domani, se vorrà sopravvivere - dice Lello Voce, in calce ai testi del cd -, dovrà trasfromarsi in Parasaurolophus, in dinosauro trombone... in Cyber-Parasaurolophus, provocando un mix di arcaico e ultra-tecnologico, di sciamanico e insieme cibernetico, di pre-orale e post-linguistico". Ecco, quindi, il dinosauro trombone entrare nei negozi di dischi e suonare la sua musica piena di parole. Certo, dopo tutti i Ligabue, Capossela, Vecchioni, Guccini sbarcati in libreria, è una bella rivincita per la letteratura.
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