Lai del Ragionare lento
Si tratta del primo dei quattro testi/orature che compongono Fast Blood.
Buona lettura e soprattutto buon ascolto!
Questo è il video della poesia, realizzato da Giacomo Verde, con i disegni originali di Robert Rebotti
Lai del ragionare lento
Così non va, non va, non va, ti dico che così non va: come una supernova
esplosa come un astro strizzato di fresco come la tua bocca stanca e tesa
accelerata come particella ora non so più nemmeno se sia una stella o invece
pajette incollata allo sguardo scheggia di diamante che ti fora le pupille o
desiderio di luce che sfarfalla all’orizzonte dell’ultimo oltremondo viaggio
condanna che ci danna panna acida che ingozza la parola che ora già ci strozza
perché così non va, non va, non va: è ormai soltanto un buco nero di sentimenti
e fiati amore addomesticato casalingo come un tigre prigioniero o invece credi
che dovremmo dimissionare l’anima e restar lì a vedere se alla fine ci sarà il
premio il lingotto la crociera che ci crocifigge lo sforzo che infine ci infigge nel
ricordo lo share di un suicidio spettacolare e notiziabile sintesi ultima dello scibile
di noi genere umano di noi genere estinto di noi umani generati usati rottamati
(se ti parlo ormai non mi parlo, se mi parlo ormai non ti parlo e se ne parlo credimi
è solo perché nel fiato che si elide in pensieri resta la nostalgia di quando era ieri)
Così non dura, non dura, non dura, vi dico che così non dura: qui si muore di fame
e d’obesità si muore di ricchezza e povertà, si muore di solitudine e rumore si muore
in nome di Dio per liberarsi di Dio si muore per il solo gusto di farlo e sentirsi anche
solo per un attimo Dio e io che qui trafitto stringo al petto tutto il mio disfatto me
straccio il contratto e già tremo nel tirare il dado credetemi vedrete che alla fine della fine
saremo colpevoli nostro malgrado e ci saranno fiumi inutili di sangue e inchiostro mostri
perché così non dura, non dura, non dura: forse saranno gli uccelli o un brulicare d’insetti
o gli occhi stretti delle belve degli esseri striscianti delle selve né ce ne saranno in salvo
ma ce ne saranno invece di feroci dal cuore calvo e le mascelle strette a digrignarci le
colpe a morderci l’anima al garretto a strapparci confessioni torturate dal privilegio a
dettare l’ultimo florilegio lo spasimo ironico che con un rutto dirà punto e basta che
dell’ultimo distrutto farà monumento del lamento sberleffo sentimento spento tormento
(se vi parlo ormai non mi parlo, se mi parlo ormai non vi parlo e se ne parlo credetemi
è solo perché le parole sono il ritmo della riscossa insulto autismo acre che dà la scossa)
Così finisce male, male, male, gli dico che così finisce male: perché ormai non ci sono
più perché né parole adatte allo sbigottimento né attimi d’innamoramento né voglia di
vento perché si vive di spavento contento di buio a cinque stelle di corpi senza pelle di
cielo senza faville di mascelle serrate di maschere clonate si vive d’ignominia e falsità e
il male è un ovvietà un’abitudine è un luogo comune un vestito rozzo e tozzo sul futuro
un muro duro e scuro scudo transazione emozionale investimento sentimentale senza sale
perché così finisce male, male, male: e non vale il trucco dell’opulenza né quello bieco
della scienza non vale il Dow Jones che sale non vale la conquista dello spazio e nemmeno
la commozione per lo strazio né le viscere immolate all’eterna sordità del cielo solo forse
strappando il velo forse scavando fino alle radici del melo e del canto comune dell’aspro pelo
e del gastrico gonfio di gas e bugie gonfio di cibo e bolo e chimo e chilo dopo chilo dimagrirsi
il profitto sino a renderlo esistenza scommessa rischio di utopia respiro lungo e promessa
(se gli parlo ormai non mi parlo, se mi parlo ormai non gli parlo e se ne parlo credimi
è solo perché odio dire io l’avevo detto, perché non c’è scampo e scampo non c’è se l’ho detto )
un clima che intima gente che plaude prona s’inchina c’è che chi dovrebbe opporsi pone
domande e non ha risposte c’è che nessuno ha più speranze riposte ma solo azioni e buoni
bontà in borsino e sentimenti in finanziera c’è che è una mal’aria tutta umida di violenza e
senza ripari a cui correre né santi a cui ricorrere c’è che anche i tuoi occhi ormai non vedono
quanto ciechi sono divenuti i miei vecchi di dolore e di ore presbiti di anni e orbi di debiti
perché così non va così non dura così finisce male: non c’è più sale nemmeno a fare male
solo cocci di bicchieri frantumi di piatti aguzzi feroci come voci colli di bottiglia miglia e
miglia di parole e parole e parole resti d’ossa senza morsi torsi d’uomini e donne gonne
vuote di gambe mani senza braccia piedi senza dita solo quest’interminabile parodia di vita
sgradita senza uscita questo tronco d’esistenza che non fa più resistenza che s’arrende ma
poi già domani si pente pensa per vizio per abitudine che forse è possibile credibile immaginabile
che raschia il fondo si nutre d’avanzi e scampoli e sogni e intanto avanza avanza come un’onda
come un vento come un rigo che copre con la lana dei versi il corpo nudo di noi due, riversi…
11 settembre 2001
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