SANTA BRONX - Alberto Dubito || Disturbati dalla CUiete
Poetry Comics - Claudio Calia

26 dicembre 2017 13. Canzoniere
SANTA BRONX - Alberto Dubito || Disturbati dalla CUiete<br> Poetry Comics - Claudio Calia

Dall’Introduzione di Lello Voce:

«Ciò che Dubito cerca è lo strappo nella rete, il buco nel muro attraverso cui sfuggire a questo spazio, una dinamica che sia capace di essere insieme una fuga e l’atto fondativo di una realtà nuova, compiutamente immaginata e ancora incompiuta: ed anche questo, a pensarci bene, è fare ‘archeologia del futuro’.
Ma procediamo con ordine.
La periferia è ciò che sta intorno, etimologicamente. Stare in periferia significa dunque essere parte di un circondare, di un assedio, essere in prima linea verso l’esterno, essere l’ultimo brandello di ‘dentro’, vivere lungo la circonferenza di un cerchio.
Ma cosa accade se il castello che si sta assediando, se il centro di quella serie di circonferenze concentriche che è un assedio, svanisce o anche semplicemente sfugge all’orbita e tende a posizionarsi sempre dove meno lo si aspetta?
Cosa accade, se il centro, a cui ogni periferia si riferisce, diviene nomadico, si dissolve in un gioco di specchi che non fa che replicare un confine che nessuno potrà mai oltrepassare, poiché l’andare dentro coincide, sostanzialmente, con l’andare fuori?
Una periferia cui manchi un centro è sostanzialmente una retta che si avviluppa su se stessa, una figurazione alla Escher, o un anello di Moebius. È uno spazio che non ha più un ‘fuori’ e un ‘dentro’, è un luogo totale e diffuso, una rete infinita di relazioni insensate, illeggibili, percorribili solo a patto di non pretendere di trasformare il vagabondare in un viaggio, o in un percorso. La geometria svanisce, per lasciare il posto a landscape frattali, che producono condizioni topograficamente ‘quantiche’, in cui ormai la certezza della misurazione (e dunque del giudizio), o dell’orientamento è inimmaginabile.

Non a caso quelle di Dubito sono periferie ‘arrugginite’, luoghi corrosi da miliardi di passi, incrostati da disillusioni infinite, irrimediabilmente intaccati alle fondamenta, città addormentate e narcotizzate, vittime di una terapia del dolore, che, nel momento in cui annulla la sofferenza e l’angoscia, consegna chi la pratica a un sonno che nega ogni futuro, a quello che potremmo definire, per l’appunto, un tempo ‘periferico’.
È per questa ragione, a mio modesto avviso, che quando si rivolge alla sua piccola città di provincia, pure così integralmente ‘globalizzata’, Dubito urla: «cara città, sveglia!»; è questa la ragione per cui il nostro è, per lui, un «paese per vecchi», gli unici a cui sia concesso ancora ricordare il tempo in cui un qualsiasi percorso (un qualsiasi progetto) era immaginabile, proprio quelli che hanno fatto in modo che oggi questo non sia più possibile: «ho quasi vent’anni e già non vedo oltre le mie mani».

La periferia, al di fuori del bipolarismo con il centro, spiazzata da una dialettica oppositiva, si tramuta in un luogo totalizzante, che è ben peggio di ogni ghetto: a tenere prigionieri non è un muro da abbattere, un confine da violare, ma più radicalmente l’impossibilità di qualsiasi orientamento. Ma questo luogo induce poi un tempo a lui simile, un tempo, cioè, altrettanto ‘periferico’, freneticamente immobile, smisurato e inafferrabile. Un tempo che non scorre, ma stagna, un tempo che ci precipita addosso e ci annega d’istanti, tutti troppo simili, indistinguibili.
Un tempo che non è più ciclico, né lineare, ma che piuttosto si limita ad avvolgersi su stesso, come un loop rimasto incantato sul disco rigido della nostra esistenza.»

PRENOTABILE DA GENNAIO 2018 SU WWW.SQUILIBRI.IT

Altro in Canzoniere

Altro in Poesia