Il disco di un poeta, di Enzo Mansueto

19 novembre 2004 05. Fast Blood
<i>Il disco di un poeta</i>, di Enzo Mansueto

Un disco di poesia. Prima, seconda, terza, quarta traccia. Suoni elettronici, atmosfere urbane e scansioni di voce sapienti ribattute su un tessuto lirico. Non è rap, non è canzone d’autore. E’ poesia viva, tutta da ascoltare: a casa, in macchina, in cuffia, ovunque. Per lasciarsi avvolgere da una nuvola digitale di rinata oralità. No, non è il vecchio disco del fine dicitore-scimmia che evoca dallo scritto il fantasma dell’autore. No, non è l’ennesimo noioso esperimento veteroavanguardista di poesia sonora. Non è neanche canzone elevata allo stato dell’arte (qual è?) dalla penna di un poeta. E’ poesia, punto e basta. Tornata ad essere come era prima, dopo una neanche tanto lunga sbornia tipografica che ci ha viziati all’equazione "letteratura come pagina scritta"; come era prima, non dico ai tempi di Omero, ma almeno ai tempi della matrice provenzale del nostro poetare, con quei sublimi trovatori tutti metrica e musica, appunto. E lamentazioni.
Si chiama Fast Blood ed è il nuovo disco del poeta Lello Voce, nella collana Absolute Poetry, prodotta da MRF5 e distribuita da Self (lo si può anche acquistare al prezzo politico di 8,30 euro visitando il sito dell’autore www.lellovoce.it). Quaranta minuti di parola ritmata e musicata. Ineccepibile nella forma, viva e scalpitante nei contenuti. E sporca nella pronuncia. E sì, perché non di sterile e asettico sperimentalismo linguistico si nutre Lello Voce. Non soltanto, almeno. Ma anche, soprattutto, di un desiderio di aggredire il ventre della realtà coi ganci del linguaggio, dei linguaggi, ibridati, sconfinati, tramutati.
Parola poetica e parola politica. Impegnata: sia perché incrocia temi e problematiche calde dello scenario socio-politico contemporaneo, sia perché politicamente si interroga, nel suo stesso farsi, prodursi, proporsi, sugli statuti del discorso letterario, sul suo ordine, sulla legittimità, ad esempio, delle sovrastrutture editoriali, critiche, accademiche, sulla polverosa normativa sui diritti d’autore ai tempi della rete globale e immateriale. Un invito, insieme sanguigno e cerebrale - come è il carattere stesso di Voce - a riflettere sulle possibilità dell’espressione poetica oggi, al di fuori dei canoni sedimentati.
Lello Voce (nato a Napoli nel 1957, vive e lavora a Treviso) ha da sempre legato il suo itinerario creativo a queste sollecitazioni. Fondatore del Gruppo 93 e della rivista Baldus, ha abbracciato il tema della nuova oralità nell’epoca dei media elettrici ancor prima che certi argomenti divenissero mode culturali abusate. Accanto all’approfondimento teorico, c’è la capacità di tradurre quelle sollecitazioni, quegli studi, nel concreto dell’espressione. Nei primi anni Novanta, nei circuiti più sensibili della nuova poesia italiana, circolavano i versi di Voce in forma di audiocassetta. Era Musa!, composizione che si attirò le dubitose attenzioni di un Franco Fortini, tra gli altri. Seguirono poi numerosi lavori, letture, performance, su più fronti, travalicando i limiti. Tra i più recenti, ricordiamo Farfalle da combattimento, del 1999, libro/cd con musiche di Paolo Fresu e Frank Nemola, disegni di Silvio Merlino, prefazione di Nanni Balestrini, pubblicato nella collana InVersi diretta da Aldo Nove, per Bompiani. Quindi i romanzi Eroina (Transeuropa 1999) e Cucarachas (DeriveApprodi 2002).
Lello Voce, da ultimo, si è fatto un nome quale promotore in Italia del Poetry Slam, la competizione poetica nata nelle metropoli nordamericane, poi approdata in Europa, nonché dalle nostre parti, nelle nostre lingue. Un modo diretto, dalla strada alla strada, di rimettere in circolo la poesia, da più parti - spesso complici i poeti stessi - costretta invece ad una dorata cattività tra le sbarre di onanismi letterari settari e autoreferenziali. «Il poeta del domani, se vorrà sopravvivere e essere capace di ridisegnare un suo ruolo all’interno delle società tecnologiche e mediatizzate della post-post-modernità, dovrà trasformarsi in un Parasaurolophus. Mi rendo conto di dovere qualche ulteriore spiegazione e dunque... Il Parasaurolophus è, invero, un dinosauro assai singolare e curioso, conosciuto dagli esperti col soprannome di "dinosauro trombone". Si tratta di un enorme sauro erbivoro capace di camminare sia su 2 che su 4 zampe e, cosa ben più interessante, dotato di un enorme corno-cresta attraversato da labirinti cavi, che funziona da vero e proprio amplificatore sonoro della voce. E’, insomma, un dinosauro "sonoro" e, poiché gli studiosi credono di poter ipotizzare che l’amplificazione vocale avesse scopi comunicativi e sociali, cioè servisse ai parasaurolophus per ritrovarsi, riconoscersi, aggregarsi in branco, esso è anche un dinosauro sociale, "politico" come avremmo detto un tempo». Sono parole dello stesso Voce a margine di Fast Blood, fedeli a un percorso che sa legare la preistoria orale dell’espressione poetica ai canali linguistici dell’estremo contemporaneo, il discorso "sonoro" al discorso "politico".
Fast Blood è dunque il nuovo capitolo di questa ricerca. Sangue veloce, ammiccante al «fast» che logora le esistenze contemporanee, dal fast food alle fast connection al fast love. Ma qui di svelto c’è solo la mente, l’acutezza del poeta, che sa dare forma viva al deserto del reale. Quattro tracce, dicevamo. Quattro composizioni in forma di lamentazione (gli antichi «lai»): lai del ragionare lento, lai del ragionare intenso, lai del ragionare caotico (dedicato a Carlo Giuliani e ai fatti di Genova), lai del ragionare esperto. Parole studiate, incisive, iconiche. E le musiche di Frank Nemola eseguite assieme agli strumenti eccezionali di Paolo Fresu (tromba), Luigi Cinque (sax soprano), Michael Gross (flicorno), Luca Sanzò (viola). Un progetto che non si ferma al disco. In forma mobile e variabile, gira dal vivo, coi musicisti o con la base e con i video-fondali di Giacomo Verde. Allo spettacolo multimediale si affianca il progetto di un romanzo in progress: ancora Fast Blood. L’idea è quella di mutuare dal commercio globalizzato le strategie di proliferazione della merce. I prodotti artistici - tutti i prodotti artistici - sono integralmente merci, al punto che gli autori non sono più soggetti (né negazione del soggetto) ma aziende. Ciò che occorre loro, dunque, è un brand. Fast Blood è la prima operazione di branding letterario.

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