Che gli spalti degli italici campi di calcio non fossero frequentati dal fior fiore degli intellettuali illuministi è cosa nota. E’ noto anche che i giovanotti che in curva si sbracciano come ossessi sono per lo più ostili ai ‘negher’, come li chiamano loro, a meno che naturalmente non militino nella loro squadra, caso nel quale sono disponibili a fare limitate eccezioni, come l’ex Sindaco di Treviso, Giancarlo Montesquieu Gentilini, che, ricordandosi di Faccetta nera, risparmiava i vagoni piombati solo alle belle africane disponibili a far da nave scuola ai virgulti della Razza Piave. Ha fatto bene Zoro ad indignarsi e protestare per gli insulti razzisti indirizzatigli dai supporter dell’Inter. Ha fatto benissimo a interrompere la partita e avrebbe fatto ancor meglio a non farsi convincere da Adriano e Martins, che proprio pallidi non sono nemmeno loro, a riprendere a giocare. Non c’è senso a palleggiare per divertire gente come i razzisti in maglia nerazzurra e, se nessuno è capace di chiudere loro in faccia la porta degli stadi, sarà pur il caso che i giocatori, tutti, bianchi, neri, gialli e arancioni, se ne vadano loro. Peccato che Zoro abbia ripreso a giocare, non lo avesse fatto, l’avrei chiamato:… ZoRRo. Dei cori sarà invece soddisfattissimo quell’ineffabile parlamentare leghista che si lamentava di un’Inter tutta ‘straniera’. Ha ragione lui, abbiamo bisogno di un po’ di vecchia autarchia calcistica, che sarebbe ben completata da una legge neo-razziale che impedisca ai ‘negher’ di frequentare i nostri campi: una partita possiamo farcela anche tra noi bianchi, anzi, meglio ancora, tra padani: vince chi ha il cervello più piccolo e il ‘coso’ più duro, naturalmente.
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