Un mio amico, un intellettuale che stimo molto, il giorno prima mi aveva scritto una e-mail per dirmi che temeva che la riunione del G8 di Gleneagles si trasformasse in un’altra Genova. Invece è stata un’altra Atocha. Ma il mio amico aveva ben ragione di temere che il bilancio di Gleneagles potesse essere pesante: c’erano già i primi feriti, decine di arresti immotivati, black blok a piede libero (e mano armata), tensione che cresceva via via, a ogni autorizzazione concessa, poi negata e poi di nuovo concessa, reti, cavalli di Frisia e Zone Rosse: insomma tutti gli ingredienti del manuale per lo scatenamento della guerriglia urbana. Migliaia di uomini, mezzi di tutti i tipi, elicotteri, blindati, jeep, apparati elettronici, cavalli, cani, intelligence: il meglio della rete di controllo e repressione inglese era lì, a Gleneagles. Per impedire a Caruso e ai suoi omologhi inglesi ed europei di mettere piede nella Sacra Zona Rossa, perché nulla turbasse i colloqui e le cene e i lazzi degli Otto Grandi. Quasi che il nemico vero fossero loro, i no-global, la loro richiesta di democrazia, di cambiamento, la loro decisione di invadere pacificamente lo spazio interdetto dal potere con la voglia di immaginare un mondo diverso. Migliaia di uomini armati, un enorme spiegamento di mezzi contro i figli dell’Europa, contro i cittadini europei che non condividono le strategie di globalizzazione del G8. Nel frattempo, a Londra, qualcuno ha avuto così l’agio di piazzare le sue quattro bombe e di cancellare in un solo colpo la riunione del G8, i no-global che la contestavano, molte decine di vite umane e buona parte della residua credibilità del Governo Blair e della sua sciocca polizia.
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