Un mondo di sillabe e di lacrime

L’Unità, 2006 22 novembre 2006 Articoli e recensioni
Un mondo di sillabe e di lacrime

C’è stata una stagione felice e intensissima della poesia napoletana, che va dalla fine degli anni ‘50 sino a tutti i ’70, una stagione in cui si editavano riviste importanti, e non solo per la poesia, come “Sud”, o “Altri Termini”, una stagione di sperimentazione e grande apertura internazionale, i cui protagonisti sono stati poeti ed artisti del calibro di Luca Castellano, Luciano Caruso, Franco Cavallo e Felice Piemontese. Proprio di quest’ultimo poeta Manni edita una nuova, bella raccolta, intitolata Il migliore dei mondi. Tutta giocata sui grigi, quasi gozzaniani, di toni apparentemente dimessi, distanti, amaramente ironici, la nuova fatica di Piemontese è in realtà un’opera politica, in cui la critica al presente, a volte sprezzante, è veicolata attraverso piccoli, fulminanti frame crepuscolari («Alla fine / non scrive più, aspettando / di ammalarsi»), fermo immagine, o spezzoni di pellicole interrotte che raccontano una storia di distanze incolmabili, di crudeltà («accendevano fuochi, per tenere / lontani i topi. Noi impassibili / naufraghi») di contraddizioni immedicabili, a sostanziare tutta la verve polemica del titolo, che allude sarcasticamente a un mondo nel quale «tutti / parlano una lingua / impossibile»
Completamente diverso è il mood che si respira tra le pagine dell’ultimo libro di Ennio Cavalli,oltre che poeta, romanziere e giornalista radiofonico. Autore spesso ironico, graffiante, amante del sorriso arguto Cavalli, con questo suo Libro di sillabe, propone un gustoso abbecedario poetico fatto di testi brevi, sorta di definizione in versi di una serie di termini, dalla A di Aggettivo fino alla Zeta di Zero. Ad accompagnare la silloge un dialogo epistolare con Erri De Luca. Tra calambour, giochi di parole, sguardi strabici, ironici, surreali, pian piano la scrittura di Cavalli disegna con cura un paesaggio del nostro presente capace di smascherare tanto le quotidiane, piccole ipocrisie (« Ma il dopo è un prima di ritorno, / avverbio inferocito, / maschera sociale del mai più.»), quanto le nostre ferocie politiche, ideologiche («Da neonati siamo uguali, / anche i neri sono bianchi. / Per davvero, fino a sera. / Poi comincia l’apartheid.»), fino a individuare sofferenza e dolore anche in un apparente bozzetto naturalistico, per quanto un po’ sghembo: «La neve è un Giulio Cesare, / prepara l’assedio dai monti. / Accerchiato dal bianco, / a valle si accampa il silenzio. / Quel grido dissanguato / è il grido del maiale.». Il Libro di sillabe è, insomma, come dice l’autore stesso, «un magazzino pieno di sottintesi», che il lettore attento deve saper svelare.
Strettamente legato, sia personalmente che letterariamente, a quello di Cavalli è stato il percorso poetico di Paola Malavasi, raffinata poetessa viterbese, improvvisamente e prematuramente scomparsa nel settembre del 2005. A lei è dedicata la più bella delle sezioni del testo di Cavalli, 18 poesie brevi, raccolte sotto l’eponimo Paola. Interlinea edizioni pubblica ora il postumo A questo servono le lacrime, che raccoglie i suoi ultimi versi, accompagnati dal ricordo in versi di due grandi poeti contemporanei che la conobbero e ebbero modo di apprezzarla sia come poetessa che come amica: il premio Nobel Derek Walcott e Adam Zagajewski. I testi della Malavasi sono raffinati operazioni intorno alla semplicità della lingua, per scavarla sino a farle restituire, senza perdere trasparenza, tutta la sua ricchezza e profondità di significati. E a rileggerli ora alcuni di essi, lasciano stupefatti, quasi fossero profezia, come quelli che aprono la raccolta («Ora che siete fermi nell’aria d’acciaio / e un silenzio di echi e pochi sogni strappa le parole / e sottrae alla mia vista i sorrisi che eravate, proverò a costruire la macchina dei morti. / Una leva poderosa per portavi indietro.»), o quelli dedicati al figlio: «Accetta il dolore, bambino mio, più della gioia. / Accetta che sia l’origine di una domanda / che ti soccorre nella distrazione.» L’introduzione, commossa e addolorata di Cavalli, ferma la Malavasi nell’ultimo momento della sua vita, ravvivando quell’immagine di lei che anch’io serbo: quella di una poetessa e di un’intellettuale intelligente, generosa e sensibile che non può essere dimenticata.

Felice Piemontese
Il migliore dei mondi
Manni editore<

Ennio Cavalli
Libro di sillabe<br> Donzelli

Paola Malavasi
A questo servono le lacrime
Interlinea edizioni

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