Una lettera di ringraziamento a proposito dell’Album della poesia italiana.

12 marzo 2005 Saggi
Una lettera di ringraziamento a proposito dell’<i>Album della poesia italiana</i>.

Questa è una lettera di ringraziamento.
Grazie, prima di tutto ai molti (più di 600 ad oggi) che hanno già scaricato il nostro Album (o Antologia, come più vi piace) della poesia italiana. Che a loro sia piaciuta o meno, grazie comunque per l’attenzione che ci hanno dedicato.
Poi agli amici che si sono offerti di pubblicarla.
Sono stati generosi ed affettuosi, disponibili a rischiare, aperti, curiosi, affamati di nuovi orizzonti. Ed erano tutti editori piccoli, o piccolissimi, intraprese per le quali pubblicare un testo è ogni volta una scelta decisiva, che mette in bilico equilibri economici spesso fragilissimi. Grazie davvero a tutti voi.
Ma non pubblicheremo su carta. Né con voi, né con altri, per grandi che fossero.
Non sembri ybris. E’ solo che ci pare che l’antologia ormai voglia, essa stessa, restare su Rete, interrompere il suo nomadismo da un editore all’altro per diventare nomade davvero, da un link all’altro della Rete. La Rete l’ha accolta, e su Rete resterà.
Questa è la sua storia, non c’è più deus ex machina che tenga: come dice il buon Signor Paleari, nel Fu Mattia Pascal, ormai noi tutti vediamo da tempo «lo strappo nel cielo di carta del teatrino» in cui recitiamo, da bravi burattini, la nostra quotidiana Elettra market-letteraria.
Non ci muoviamo più di qui, dunque, certi che la nostra immobilità ci farà viaggiare veloci, o almeno darà a questo nostro tentativo un senso e un’identità.
Il problema non è se un testo viene pubblicato o meno, il problema è perché ciò avviene, come avviene, quando avviene. In fondo, da un certo punto di vista, tutti i libri abbandonati nei nostri scaffali hanno smesso di essere pubblicati nel momento in cui li abbiamo riposti, dimenticati, mentre tutti i file digitali che stiamo leggendo sono, in quel momento, effettivamente e realmente pubblicati. E lo resteranno per sempre, almeno finché ne serberemo memoria. E la Rete ha più memoria di un branco di elefanti. La Rete è memoria.
Il resto è questione di numeri, o decisiva e pertinente, stringente questione di politica culturale, di democrazia delle comunicazioni. Ma non ha niente a che fare con le forme, né con le strutture e i sensi dei linguaggi. Non direttamente, almeno.
Questa nostra creatura, immigrata illegalmente nelle vostre case a bordo di un gommone fatto di byte e connessioni, è nata in Rete e resterà cittadina della Rete. Noi non sbarchiamo, siamo contrabbandieri di linguaggi, passeur d’idee. Già pronti al prossimo carico. Perché la letteratura e la poesia in Italia sono state occupate da un’orda di commercialisti delle idee e del linguaggio, da branchi di piazzisti di narrazioni varie, infine da frotte di lettori adolescenti, troppo facili a soddisfare.
Grazie, infine, a tutti gli autori che hanno deciso di partecipare alla nostra singolare follia di realizzare un’antologia che sembrasse un romanzo, di provare con noi a disegnare il profilo sghembo, attonito, miserabile, affamato d’utopia dell’Italia del Terzo Millennio.
Noi siamo stati solo i P-Jay.
Voi che leggete, passate parola. Scaricatela e riproducetela tutti. Moltiplichiamoci…
Lello Voce

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