Treviso "poetica" la sfida di Voce

di Sara De Vido 20 febbraio 2012 02. Piccola cucina cannibale
Treviso

Di mestiere: poeta. Di origini napoletane, il poeta Lello Voce ha un grande amore per Treviso, «città d’acqua e di poesia». Una città che pare tuttavia sorda a quest’arte, nonostante un passato illustre, e dove Lello Voce - che da anni ci vive - lancia una sfida: un festival di poesia. L’occasione è propizia per parlare di poesia, in questi tempi dove pare che il vocabolario abbondi solo di termini economici e finanziari. Lello Voce è infatti in libreria da qualche settimana con "Piccola cucina cannibale", frutto di 13 anni di lavoro. Un libro e un cd ricavato da uno spettacolo di poesia e musica (Spoken Music), cui hanno collaborato molti musicisti, da Paolo Fresu a Michael Gross tromba di Frank Zappa. «Era un po’ di tempo che volevo lasciare su disco traccia del progetto. E poi è arrivata la poesia, che è un’arte anziana, ha sempre piacere quando qualcuno la interroga», spiega Voce. "Piccola cucina cannibale" è anche riuscito esperimento di «poetry comics», una vera novità in Italia: le poesie di Voce diventano fumetti grazie ai disegni di Claudio Calia. Lo spettacolo, da cui poi è stato ricavato il libro, è un esempio di Spoken Music di cui lei è definito «pioniere».

«In realtà la poesia è sempre stata assieme alla musica. È un movimento molto forte che permette alla poesia di presentarsi nella sua forma tradizionale. La musica è dentro la poesia. Non a caso dico sempre che ’compongo’, non ’scrivo’ poesie. Il testo e il modo in cui le dico (perché io non canto) hanno in sè una componente musicale».

Nel blog "Absolute Poetry" recentemente lei ha scritto: «la poesia è un nome», ponendosi contro l’abuso dell’aggettivo «poetico». Cosa intendeva?

«La poesia è un nome, è un’arte, ha delle tecniche da rispettare, una tradizione. È la prima arte che è stata praticata dall’uomo, il primo medium con il quale abbiamo iniziato a comunicare. Oggi, invece, è la cenerentola delle arti. Sembra che tutto sia poetico, ma la poesia è messa nel cantuccio. Ricordo ancora quando mio figlio disse a scuola alla maestra che suo padre faceva il poeta e la maestra continuava a chiedergli quale fosse il vero lavoro».

Come sta la poesia in Italia?

«Oggi in Italia va meglio, ma la poesia è molto meno sviluppata che nel resto del mondo. Basti pensare alla Germania per restare in Europa, o al Brasile e alla Colombia per andare oltreoceano. Le poetry slam, le gare di poesia, attirano migliaia di persone all’estero. Ciò dipende molto dall’importanza che la poesia ha nella percezione collettiva».

E a Treviso?

«La situazione è pesante per la cultura a Treviso. La città di Calzavara, di Comisso, di Zanzotto, la città che in una sola chiesa ospita le spoglie del figlio di Dante e della figlia di Petrarca, la città che ha accolto i trovatori, non ama la cultura, non riesce a trovare una sua identità. La tendenza è italiana, ma ci sono ancora meno spazi e occasioni. Con tristezza ricordo che il grande Ernesto Calzavara - che ho avuto la fortuna di conoscere - era notissimo in America e non a Treviso. Nella sua villa potrebbe essere realizzato un archivio dei dialetti e non viene fatto. Si parla tanto di razza veneta, che io credo non esista, e non si protegge un patrimonio come quello di Calzavara».

Cosa propone per la città?

«Avrei difficoltà a menzionare tutti i poeti e gli artisti che hanno abitato a Treviso. Proporrei un festival di poesia e musica, che sia un segno di apertura, per riscoprire le radici e per fare qualcosa di più per i giovani. Treviso città d’acqua e poesia. Bisogna lasciare voce ai giovani, all’improvvisazione, ai poetry slam. Anche la poesia è cambiata. E non va studiata solo nei libri».

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