Primo stupidario dal Carogna-Virus

4 aprile 2020 Noterelle dai luoghi del Carogna-Virus
Primo stupidario dal Carogna-Virus

Al peggio non c’è mai fine, diceva un grande poeta e aveva ragione. Per questa ragione non penso affatto che il Carogna-Virus ci migliorerà, anzi temo che, prima o poi, tiri fuori il peggio da ognuno di noi. In certe faccende così generali tendo a fidarmi prevalentemente del Machiavelli e di Benjamin. Sono vecchio e abitudinario.

Comunque sia (e facendo le corna, sperando che io mi sbagli) qualche segnale che, se la situazione non sta peggiorando certo neanche stia migliorando, incomincio ad avercelo. Almeno a leggere certi quotidiani e certe dichiarazioni dei soliti noti, anzi dei soliti ignavi, i quali intrepidi e sprezzanti del pericolo (è una guerra, giusto?), virus o non virus, continuano ad essere dov’erano anche prima cioè sulle colonne della nostra stampa.

Diamo per scontato che l’abbacinante decalogo di Franco Arminio e la sua megalomane disponibilità a consolare poeticamente chiunque gli telefoni siano ormai un insuperabile classico - mentre lui stringe la mano a Dio e fa i conti con i decreti del Presidente del consiglio che gli ha mandato a puttane almeno 2 punti su 10 (il primo e il terzo segnatamente, mentre anche il decimo, quello che riguardava stringere la mano a Dio mi pare non abbia ricevuto alcuna risposta dall’Altissimo, trattasi attualmente dunque di eptalogo) - noi parliamo d’altro e provo ad offrirvi una prima e breve crestomazia di stupidaggini lette qua e là. Elio Pagliarani diceva: «posso spendermi solo per le cose che passano quelle che restano ci penseranno loro». Dato dunque per scontato che penne migliori della mia si occuperanno di tutto ciò che resterà a Carogna-Virus passato (eroi e tragedie, svolte storiche e mitiche vittorie contro l’agente maligno, ecc.) io provo a svagarmi e svagarvi un po’ dando attenzione a quelle che passano. Se lo stupidario continuerà non lo so, dipende da voi, anzi da loro, i soliti ignavi, intendo. Staremo e vedere e speriamo che non ci siano altre puntate.

È un gioco divertente, in fondo, e, se voleste, voi potreste aiutarmi, pescandone altre, lì e qui. Il materiale non manca di certo. Postatele nei commenti, svp. Infiltratevi tra le maglie della comunicazione italiana e... delate...

Il materiale non manca di certo. Postatele nei commenti, svp. In fondo state a casa, un occhio a quanto si scrive potreste anche darlo: diecimila occhi vedono meglio di due. Lo vorrei dedicare – codesto stupidario - a Robert Musil, che, com’è noto, di stupidità era un fine intenditore. Spero siate concordi. Ma ne riparleremo in chiusa…

Bando alle ciance: cominciamo da Roberto Vecchioni, nell’ordine poeta, cantautore e insegnante.

In un’intervista alla Stampa, che lo interpellava in quanto uno e trino, dopo aver detto qualcosa di sensato all’inizio (stupore, anche lui vuole il 6 politico, anche se non per ragioni politiche, ma direi ‘sentimentali’, ma non è il caso di cercare il pelo nell’uovo) alla fine non resiste e dice la sua sul mondo. Altrimenti uno perché sarebbe uno e trino, se non può dire la sua su cosa accadrà al mondo dopo il Carogna-Virus? E così, l’essere perfettissimo della canzonetta italiana, già candidato al Nobel per la letteratura, la dice.

«Daremo un diverso valore ai soldi e ci comporteremo in un modo nuovo. Spero in una grande e rinnovata sopportazione e una grande pazienza da parte dei ricchi verso i poveri. E questa sarebbe davvero una bella conquista»

Bella lì! Ma sì, Roberto, mio trino amico, certo che i ricchi saranno pazienti nei confronti dei poveri, anche perché a Carogna-Virus passato di poveri ce ne saranno ancora di più e di ricchi ancora di meno, ma quei pochi e ricchissimi vedrai che saranno pazienti a sopportare la puzza di povertà tutt’attorno a loro, saranno caritatevoli, comprensivi, addirittura teneri e magari si commuoveranno per la povertà altrui, come fate sempre tu e i tuoi sigari. Che meraviglia: allora sì che sarebbe un mondo in cui vale la pena di vivere! Un mondo in cui anche i ricchi piangono, ma non per sé, per i poveri, li sopporteranno e si commuoveranno per la loro triste sorte. D’altra parte, a chi piace, uscendo da casa, vedere straccioni, affamati, disperati…, ma loro, i ricchissimi, lo sopporteranno. Davvero una bella conquista e – tenetelo presente – dobbiamo tutto al Carogna-Virus. Una sola aggiunta, Roberto: e se nel nuovo mondo le donne decidessero di mettersi solo le gonnelle? Che figata, così sarebbe tutto perfetto. Non credi?

Vecchioni utopico supera Vecchioni canta-poetico. Ammirazione. Trance. Sublime.

la trovate qua

Poi un altro immancabile, Gianrico Carofiglio, che su Repubblica, con aria pensosa e profonda, ci racconta la sua giornata da recluso causa Carogna-Virus. Uno splendido scritto, apparentemente leggero, ma in realtà colmo di nascoste e segrete verità. Dico nascoste perché, a prima lettura, pare proprio che l’inclito autore di tanti romanzi ormai imprescindibili per la storia delle Patrie Lettere faccia un po’ quello che facciamo tutti.

Si sveglia, legge, telefona a qualche amico, pensa ai cari perduti, carezza il gatto (ma, per chi si preoccupasse, credo vada bene, letterariamente parlando, anche un cane), mangia e la sera, come tutti noi, è un po’ più triste, ma lui sa come gestire, con animo profondo, la reclusione:

«Di questo abbiamo bisogno, di cose essenziali. La felicità resiste nei recinti stretti dell’attesa, nei movimenti necessari, nel desiderio del contatto.» Che poi, tradotto dal poetese significa, stai al sodo, accontentati, che chi si accontenta gode. Rassegnati. Ma sbaglierebbe chi pensasse che quest’elenco di cosa così corrive, da sembrar familiari persino a un vecchio impiegato come me, stiano là per nulla. Niente affatto, stanno là, per preparare il colpo di teatro di una chiusa poeticissima, direi addirittura poeterrima.

Perché il carogna-Virus passerà, noi usciremo dal tunnel (dal tunnel? No, dai, il tunnel no, è quasi peggio del ‘nemico invisibile! Non ci credo che ha detto tunnel, è Carofiglio! È vero, non ha detto tunnel, ha detto ‘galleria’, vuoi mettere? Molto più nazional-popolare!) noi tutti usciremo dalla galleria, come dicevo prima di essere interrotto, e torneremo a vedere la luce. La luce! Ok, la luce… e poi? E poi… lo faccio dire a Carofiglio stesso, per evitare errori:

«Ce ne andremo al mare, senza fare troppo rumore. E ci guarderemo negli occhi, da vicino, sfiorandoci appena. E ci abbracceremo. Senza fare rumore.»

Ora, che sia meglio recarsi al mare senza esprimere troppo rumorosamente la propria gioia per la riacquisita libertà (niente strombazzamenti, stereo a palla, urla dei bambini, ecc) è cosa che mi troverebbe anche concorde, ma come diavolo si faccia ad abbracciarsi facendo rumore, a meno di non indossare un’armatura medievale, è un mistero che Carofiglio non svela. L’anafora è spesso traditrice, si sa. Che dire? Speriamo che quel giorno ci siano onde e che il mare sia grosso e insidioso? Vedi mai…

A sua discolpa va detto che qualche giorno dopo deve aver avuto un moto di resipiscenza, sempre immortalato, a postera memoria, sulle colonne di Repubblica: «Esiste però un tema generale. Riguarda il nostro bisogno quasi compulsivo di esprimerci su tutto; anche prima di avere gli elementi per farlo senza rischiare di dire o scrivere sciocchezze. Se guardo indietro, nel passato remoto, o in quello recente quando questa vicenda era già cominciata, i miei comportamenti più stupidi sono consistiti nell’esprimere un’opinione quando avrei fatto bene a non parlare o a non scrivere. Meglio ancora: quando avrei fatto bene a non avere nessuna opinione, in mancanza di conoscenze sufficienti. Quando avrei fatto bene a stare nell’incertezza consapevole e vigile, invece di praticare un’inconsapevole improntitudine.»

Ecco, appunto, non l’avrei mai detto tanto bene… E speriamo che lei si ricordi delle sue parole la prossima volta che le chiederanno di parlare del Carogna-Virus (e lo faranno, lo faranno, che le interviste per voi, soliti ignavi, son come le ciliegie, una tira l’altra e se Repubblica ha Carofiglio allora lo vorrà anche il Corriere, la Stampa, persino il manifesto, si sa). Ricordi Musil. Il celeberrimo discorso sulla stupidità, e i passaggi sulla “stupidità intelligente”«Non c’è praticamente nessun pensiero importante che la stupidità non sia in grado di utilizzare, essa è mobile in tutti i sensi e può indossare tutti i vestiti della verità (…) La stupidità autentica è un’artista silenziosa, mentre quella intelligente mobilita la vita dello spirito, ma producendo soprattutto instabilità e sterilità. (...). La stupidità si muove dappertutto e può vestire tutti i vestiti della verità. Per contro, la verità ha una sola veste e una sola via ed è sempre in svantaggio. La stupidità di cui sto parlando non è una malattia mentale ma una malattia dello spirito»

In fondo, gentile Carofiglio, lei è uno scrittore, almeno a stare a quanto riportano le gazzette.

È qua e qua

Il testo completo di Musil, invece, è qui

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