PolitiKe Kulturali

alfabeta2, novembre 2010 19 novembre 2010 Letteratura e arti
PolitiKe Kulturali

Dopo cinque anni, Absolute Poetry, il festival di poesia e musica che dirigo a Monfalcone, chiude. Se ne parlo, però, è soltanto perché credo che nella storia di questa sua fine vi sia qualcosa di paradigmatico, che è comune alla sorte che tanti eventi simili stanno subendo in questa Ytaglia della crisi e che a partire dalla sua storia sia possibile sviluppare alcune riflessioni di ordine generale.

Il Festival chiude non solo perché i tagli di budget dovuti alla celeberrima ‘crisi’ sono stati insostenibili, ma anche perché intorno gli è stato fatto il vuoto: la Regione Friuli Venezia Giulia e la sua maggioranza di centro-destra hanno decurtato di circa l’ottanta per cento i già scarsi fondi, ma anche parte della Giunta di centro-sinistra che governa la città ha attaccato l’evento, che pure sosteneva, mentre era in corso, chiudendo definitivamente la partita.
Come mai? Com’è possibile che Destra e Sinistra vadano improvvisamente d’accordo quando si tratta di chiudere spazi di cultura diversa da quella del totalmente condiviso mainstream?

Una ragione sta probabilmente in quelle che potremmo definire le ‘politiche culturali’, che ormai si identificano, per tutti, in maniera pressoché totale con le strategie di comunicazione politica. Al di là dell’obbiettivo valore artistico e culturale di un evento, ciò che è decisivo è la sua comunicabilità, la capacità che esso ha, in qualsiasi modo e a prezzo di qualsiasi compromesso, di attirare ‘consenso’ e pubblico, un pubblico che fa gola in quanto mandria votante da sottrarre altrui, non perché comunità critica, protagonista di dialogo e scoperta. A seguir la metafora, insomma, lo scopo principale è comunque l’abigeato elettorale: l’arte e i luoghi del suo manifestarsi si trasformano così in spot che devono veicolare l’immagine di una certa linea politica, renderla appetibile, guadagnarle il consenso di chi poi la acquisterà al seggio.

In vista di elezioni comunali, basta una serata nella quale in teatro ci siano 200 paganti invece di 400 per rendere quell’evento un peso, a cui preferire piuttosto dieci appuntamenti con autori locali, magari schiettamente mediocri, ma con tanti amici tutti residenti e votanti. D’altra parte, nella prospettiva di un Governo regionale, le cifre che un evento di poesia e musica di ricerca può mettere sul tavolo sono comunque poca cosa, rispetto a quanto può offrire una sarabanda di volti televisivi variamente assortita.

Il risultato è che nella cultura avviene ciò che da sempre avviene alle economie in crisi: si formano trust, cartelli, le ‘intraprese’ (T. Liska) culturali piccole e medie spariscono, mentre prosperano quelle grandi ed enormi: la Regione Friuli Venezia Giulia uccide Absolute, ma si affretta a coprire buchi di centinaia di migliaia di euro di un certo mega-festival e a rifinanziarlo.
Che logica c’è? Quella del supermarket, ovviamente, la stessa che sostituisce le librerie con le grandi catene in cui a scegliere che libri offrire è un unico vertice. Dove tutto è sotto controllo. Ma se esisteva una sola possibilità che quanto di nuovo avviene nell’arte e nella cultura trovasse ancora la via per farsi notare questa era nella sopravvivenza di eventi di dimensione media e piccola, come Absolute, che hanno l’elasticità e la libertà di rischiare il nuovo, di dare spazio ai giovani. Uccisi loro, non resta che l’ipermercato delle arti…

alfabeta2, novembre 2010

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