Poesia: te la suono e te la canto
La poesia, si sa, è la cosa più bella che ci sia, è «giovane e bellissima», come dice Alda Merini, ma, se è davvero così e se oggi la poesia torna ad essere interessante, coinvolgente, addirittura di tendenza, se il suo pubblico cresce costantemente, ciò non è certo merito delle mega-iniziative editoriali di questo, o quel quotidiano, che vomitano in edicola migliaia di libri di cui già esistono altrettante copie in circolazione, facendo spesso una sorta di marketing dell’archeologico, del già letto, un tripudio del vetero-pocket inutilmente ri-ri-editato, e che anzi si limitano a tentare di cavalcare l’onda.
Se meriti ci sono, in questo tornare della poesia alla ribalta della società, essi sono piuttosto dei poeti, di una serie di poeti nuovi, spesso ’ad alta voce’, che stanno radicalmente rinnovando lo scenario della poesia italiana e che spesso invadono altri territori - non solo costruendo incroci e melting con altre discipline artistiche (musica, teatro, video), ma anche scrivendo prosa d’ogni genere (dagli aforismi alle operette filosofiche e, naturalmente, ai romanzi, dalle piece teatrali ai testi di canzoni) - e di una ricca costellazione di piccoli editori, associazioni culturali, club, singoli intraprenditori, che stanno producendo ( e auto-producendo), distribuendo tutto questo, dandogli visibilità sotto forma di nuovi prodotti (libri-dischi, oggetti multitask, video clip, e-press, weblog) e nuovi eventi (festival di poesia, poetry slam, spettacoli di ’live poetry’). Per altro verso, non si è certo fermata la produzione di testi più tradizionalmente ospitabili su carta, ed anche in questo caso spesso ci si trova di fronte a prove di eccellente livello, tanto che a tentar di fare ciò che io tenterò di fare qui di seguito, e cioè una sorta di rassegna di quanto c’è di nuovo e buono in poesia, il rischio, anzi la certezza, è quello di parlare solo della punta di un iceberg, dimenticando molto di quanto andrebbe invece necessariamente ricordato. Prova - questa ricchezza e il suo procedere comunque ai margini della semiosfera, tanto quanto la sua inarrestabile avanzata verso il cuore del ’capitale simbolico’- della condizione per molti versi barbarica in cui è stata ridotta la cultura di questa nazione e insieme della forza degli anticorpi che la società e le sue culture, per quanto residuali, sono capaci di mettere in campo.
Sia come sia, una cartografia, per quanto lacunosa, può essere utile comunque e così si potrebbe iniziare segnalando alcune rimarchevoli sortite in territori ’altri’. Ad esempio il bellissimo libro di prose, calembour ed aforismi, Le anatre di ghiaccio (l’ancora del Mediterraneo ed.) di Mariano Bàino, vero e proprio «zibaldino» teso a scoprire, sotto la piega dello spettacolare privilegio occidentale, le contraddizioni che fanno di noi tante «anime corte», o la travolgente operetta filosofica I pastori di Dolly (Onyx ed.), della poetessa russa, ormai naturalizzata romana, Alexandra Petrova, la cui comicità amara e apocalitica fonde - come notato da Aldo Nove - Bulgakov e Gogol con atmosfere da «Chemical Brothers e Aphex Twin» e con le loro «visioni epocali di mutazione terminale».
Sul versante della produzione poetica vera e propria sono molti i libri di autori delle ultime ed ultimissime generazioni che meriterebbero d’essere segnalati. Per citare ciò che mi pare davvero imprescindibile, inizierei dall’uscita, presso le Edizioni d’If , certamente una delle editrici più attive in poesia nell’ultimo biennio, di Penelope di Rosaria Lo Russo, approdo cartaceo di un efficacissimo monologo nato vocale, all’interno della realizzazione dello splendido spettacolo multimediale Hypertext Ulysses di Luigi Cinque, di Bilico di Andrea Inglese, che con questo smilzo libretto, in cui una scrittura acre distilla immagini corrosive e terminali, si conferma una delle voci più autorevoli e mature della sua generazione, di Coro da l’acqua per voce sola, di Tommaso Ottonieri, de La giustizia di Massimo Sannelli, degli Sparigli marsigliesi ancora di Bàino e di Lager di Franco Buffoni.
Buffoni medesimo è poi editor dell’Ottavo quaderno di poesia contemporanea che annovera tra i suoi autori Luigi Socci, col suo hylarotragico, riuscitissimo, Il rovescio del dolore, e Tommaso Lisa con Black Hole - riduzione di un ben più grande Pornorama - esercizio di un barocco di secondo grado, a volte realmente memorabile. E poi andrebbero qui fatti almeno i nomi di Gabriele Pepe, Marco Mantello, Francesca Reboli e quello di Marco Simonelli autore di Sesto Sebastian (LietoColle ed.), un trittico esemplato su modelli da sacra rappresentazione, che regala momenti piuttosto impressionanti di espressionismo linguistico cadenzato su ritmi da cupa cantilena rimata. Non bastasse quanto sinora elencato, nasce addirittura una nuova rivista, Sud (Dante e Descartes ed.), diretta a Parigi dal poeta napoletano Francesco Forlani, sulle cui pagine può capitare di incontrare Kundera a braccetto con Ghirelli e con le nuove generazioni della letteratura contemporanea europea, un condensatore di parole e immagini che fa della glocalità, della sua capacità di mescolanza di impulsi diversi, che passano per Napoli, Parigi, Lisbona, Praga, Milano, la carta più efficace per riproporre un medium - la rivista di letteratura - che appariva appena ieri definitivamente tramontato.
Ma là dove è più forte il ribollire è nel campo della poesia ad alta voce, della ’live poetry’, della poesia da eseguire sul palco e da conservare su supporto digitale e sono davvero molti i dischi e i libri-dischi di poesia appena editati, o che stanno per vedere la luce.
Si potrebbe cominciare dal mondo del Poetry Slam, dove il Gruppo Sparajurj (http://www.sparajurij.com), dopo aver auto-prodotto il suo primo, omonimo, CD, tutto giocato sull’equilibrismo dissacratorio tra parole e campioni musicali ’storici’, con risultati spesso davvero imperdibili, si lancia ora nell’avventura editoriale vera e propria e annuncia l’uscita di una serie di dischi di slammer italiani, da Sara Ventroni a Stefano Raspini e Filippo Timi. La neonata Effige di Giovanni Giovanetti presenta, invece, il secondo libro-disco di Rosaria Lo Russo Lo Dittatore Amore. Melologhi, in cui la ’poetrice’ toscana interpreta con la sua solita maestria una poesia che oscilla tra la beante alterità mistica e l’atroce discesa nel qui e ora, per fare a pugni con le ipocrisie e lo squallore disarmante dell’oggi, grazie un lessico personalissimo che sa accendersi di continui scatti d’invenzione, fino allo sberleffo. Marco Palladini, col suo Destinazione Loa - Trans Kerouac Road , in uscita per Zona, si affida a una rock-poetry sapientemente effettata e interpretata con grande perizia da un vocalità calda, appoggiata su campioni musicali efficaci, per costruire una sorta di «dichiarazione frontale» di dissenso che ripercorre le tappe fondamentali del Beat.
Piuttosto diverso, sia per quanto riguarda i testi, qui piani e quasi minimali, che per quanto concerne i suoni, è Le note richiamano versi (abeatforjazz ed.), prodotto ’classico’ di jazz-poetry in cui su tessuti be-bop di buon livello la voce di Enzo Marangelo recita, con accenti a volte sommessi, a volte quasi futuristi, i testi di Domenico Cipriano che narrano di musica e vite ’alla Birdland’ in un mondo in cui ormai «le persone / cercano di somigliare ai piatti che regalano». Un altro dei più validi tra i nuovi poeti italiani, Enzo Mansueto, sta intanto terminando la produzione di Zona Braille - progetto di poesia fonografica, il suo primo Cd, che sin dal titolo fa comprendere come la poesia si sposti in una zona ’cieca’, di percezione tattile, acustica. Mansueto - già cantante e autore dei testi della band post-punk The Skizo - costruisce, con la collaborazione di Davide Viterbo e Angelo Ruggiero, sapienti atmosfere a cavallo tra post-rock e musica digitale che colpiscono nel segno.
Ma se questo è (almeno in parte) l’oggi e il domani delle produzioni sonore italiane, la rassegna non sarebbe completa se si tacessero i nomi di Isabella Bordoni, spericolata sperimentatrice di parole e suoni nelle sue PoetryBox, di Giovanna Marmo e del suo gustosissimo Sex in Legoland (DeriveApprodi ed.), quello di Roberto Paci Dalò e dei suoi Giardini Pensili (http://www.giardini.sm), tra i primi in Italia ad intuire e a mettere in pratica tutte le incredibili possibilità che si aprono quando la poesia incontra la musica, e quelli di due vere e proprie ’band’ di poesia, i ResiDante (con Il fronte interno) e Progetto Vox Libris (con Racconti elettrolitici), editi appena ieri da Luca Sossella.
Accanto ai dischi di poesia, poi, come in altri ambiti editoriali, anche gli autori in versi si stanno confrontando con i cosiddetti ’prodotti multi-task’ ed è proprio in questo campo che mette conto di segnalare l’uscita di due opere di grande valore.
Prima di tutto 33 Giri -Stereo LP (Gallo e Calzati ed.) di Vincenzo Bagnoli, in cui un testo poetico assolutamente convincente, che giustamente Guido Caserza nell’Introduzione definisce «potentissima macchina semiotica», in un vorticare di citazioni e invenzioni che disegna uno dei risultati più convincenti dell’avant-pop italiano in versi, si accompagna a un raffinatissimo CD Audio, realizzato in collaborazione col musicista Nicola Bagnoli: una mescidazione di timbri e atmosfere che si stende come una patina sulla lettura dei versi del libro aperto davanti agli occhi, ricordando certe sonorità da Radio-Poetry, alla maniera australiana del geniale Allen Vitzens.
Gabriele Frasca, invece, sempre presso la vulcanica Edizioni d’If, ripropone il suo romanzo Il fermo volere, riscrittura ironica e disincantata dell’indimenticabile Spirit, facendolo accompagnare dalle strisce a fumetti di Nicola Dalisi, interpolando, tessendo, facendo cortocircuitare prosa letteraria e balloon delle strip con effetti davvero apprezzabili. A tutto questo è unito un CD Audio, Merrie Melodies, realizzato da Frasca in collaborazione col musicista Steven Brown, tratto da un’opera più ampia, prodotta per l’indimenticabile programma radiofonico Audiobox di Pinotto Fava. Il disco di Frasca e Brown, appena undici minuti di suoni e parole, è costituito di pillole a volte brevissime, ma sempre fulminanti, in italiano e inglese, che la voce e la musica di Steven Brown scolpiscono con sonorità minimali e insieme complesse, mai casuali, strette al ritmo delle parole dallo scandirsi dei timbri, dei loro colori. Ironico, intenso, efficace, Merrie Melodies è senz’altro il prodotto musicalmente e poeticamente più maturo e essenziale tra quanto mi sia capitato di ascoltare ultimamente in Italia.
Ciò che viene fuori, a voler tirare le somme di questo lungo e pure lacunoso elenco, è un quadro vivissimo in cui il trans-genderismo delle forme e dei media, dei linguaggi e dei generi, sta completamente mutando il landscape della poesia italiana nel tentativo cocciuto e mai inutile di trovare strategie di resistenza, minimali ma indispensabili, oserei dire fondamentali, all’inquinamento dell’immaginario collettivo indotto dalla putrefazione della società dello spettacolo.
Scommetterei - inoltre - che tra tutto ciò che qui, per ignoranza, cecità, o mancanza di spazio, non è stato citato, ci sono autori e opere altrettanti, ed altrettanto interessanti….
Scommessa facile a vincere, questa, e che pure qualsiasi recensore avrebbe il dovere di fare, se non per modestia, almeno per onestà e perizia filologica…
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