Piccola cucina cannibale - un’intervista a Lello Voce

di Sandra Bardotti 23 febbraio 2012 Interviste e dialoghi
Piccola cucina cannibale - un’intervista a Lello Voce

Piccola cucina cannibale è un progetto complesso: è un CD di spoken music, un libro di poesia, una plaquette di poetry-comix. Poesia, musica, fumetto, canto: una fusione perfetta che rappresenta un punto di arrivo nella carriera di Lello Voce e un tentativo riuscito di una poesia che non ha paura di mutare, di incontrare il presente e immaginare il futuro.
Con Lello Voce e Claudio Calia, autore dei fumetti, hanno lavorato musicisti di eccezionale talento: dal meglio del jazz italiano (Paolo Fresu, Antonello Salis, Maria Pia De Vito), al pop e all’Hip Hop (Frank Nemola, tromba storica della band di Vasco Rossi e produttore delle prime posse italiane), fino alla musica contemporanea "colta" (Michael Gross, tromba di Frank Zappa e collaboratore del Berliner Ensamble e di G. Ligeti).
Abbiamo chiesto a Lello Voce qualcosa di più su Piccola cucina cannibale.

Come nasce il progetto di Piccola cucina cannibale? Partiamo dal titolo...

Il titolo è insieme un omaggio ai miei maestri brasiliani, Haroldo e Augusto De Campos, e una esplicita dichiarazione di poetica. Di cannibalismo, cioè di capacità di divorare, poeticamente, tutto ciò che ci ha preceduto e che amiamo, per trasformarlo, nutrircene e farne qualcosa di nuovo, di realmente nuovo, cioè in rapporto stretto con il suo passato e con il suo futuro, parlano appunto i De Campos, e la loro poesia è insieme antichissima e contemporanea, ben radicata al centro di quanto in quest’arte è essenziale: la capacità di conoscere il mondo da una prospettiva sempre imprevedibile e profonda, una prospettiva che solo la poesia può avere, e di riuscire a comunicarlo con efficacia, coinvolgendo anche le emozioni di chi ne fruisce.
C’è un solo modo di rispettare la Tradizione, insomma: rinnovarla. Partire dalle radici e ripercorrere tutto il fusto, per far sì che, infine, sui rami della cima nasca un nuovo fiore: un ‘Fiore inverso’, come definiva la poesia il grande trovatore provenzale Raimbaut D’Aurenga.
Fare oggi poesia in musica è scegliere una poetica ‘cannibale’, nutrirsi del passato, quello dei Trovatori, ad esempio, per provare a immaginare un nuovo futuro per questa che è l’arte più antica.
Per altro verso il titolo di questo libro/disco è anche il titolo di uno dei suoi brani, realizzato con le musiche originali di Paolo Fresu e Frank Nemola. Un brano che parla dell’amore e dei suoi paradossi: per esempio del fatto che l’impossibilità di poter vivere un sentimento a volte sta proprio nella sua forza, nella sua intensità.
Non sempre siamo all’altezza dell’amore, non solo di quello che gli altri provano per noi, ma anche di quello che noi stessi proviamo per gli altri.
È allora che l’amore, da che era un sontuoso banchetto, si trasforma in una piccola cucina cannibale: l’amore dell’uno divora quello dell’altro.

Piccola cucina cannibale è un progetto multimediale che unisce poesia, musica e illustrazione. Che rapporto c’è tra queste arti, e che rapporto c’è tra queste arti e il mondo in cui viviamo?

Come mi capita di dire spesso, la poesia è un’arte amichevole, sin dalle sue origini essa è unione di parole, suono, musica, respiro. Il rapporto tra la poesia e la musica ha poi una storia millenaria, basti pensare alla gioia con la quale Dante, nel Purgatorio, abbraccia Casella, il musicista autore delle musiche di alcune delle sue più belle Canzoni. O ai Trovatori provenzali, ai Minnesänger germanici, e la lista potrebbe essere assai lunga. La poesia si è sempre ‘accordata’, o, per dirla come l’avrebbe detta Bach, si è sempre ‘temperata’ con la musica.
Ciò in Italia è spesso negato, moltissimi filologi, persino un maestro come Contini, sono spesso incorsi nel preconcetto che vuole la nostra tradizione letteraria muta, silenziosa sin dalle Origini, sin dai poeti Siciliani, anche se ciò è evidentemente indimostrabile e, con buona probabilità, assolutamente falso. La poesia, che nella nostra contemporaneità è tornata ad abitare la voce del poeta, si incontra con la musica con rinnovato interesse, anche se ciò non fa di quella poesia in musica un brano cantautoriale, né dei brani più belli della nostra tradizione canora delle poesie.
La poesia in musica torna oggi, con forme nuove rispetto al passato, ovviamente, ma riscopre tutta l’energia, la forza e la capacità comunicativa che il suo accordarsi con la musica le dona. La poesia è musicale in sé: non si tratta di trovarle una melodia d’accompagnamento (come spesso mi capita di ascoltare), ma – letteralmente – di eseguire, anche con gli strumenti musicali, quelle melodie e quei ritmi che la poesia ha già in se stessa, che sono composti dal poeta con le sue scelte linguistiche.
L’idea di tentare un mix con i fumetti è nata in seguito, anche a partire dalla scoperta che nei paesi anglosassoni, dopo l’esplosione delle graphic novel, anche la poesia era diventata un oggetto di interesse per i Comics: era nato il Poetry Comics. Ho sempre amato i fumetti e non mi sono lasciato sfuggire l’occasione, anche grazie alla generosità e alla voglia di rischiare di uno dei migliori autori di fumetto delle nuove generazioni, Claudio Calia.
Insieme a lui abbiamo deciso di tentare di realizzare la prima opera di Poetry Comics italiano, di costruire una ‘macchina celibe’, capace di dissipare senso, ma anche di crearne di nuovo. In una realtà tanto romanzo-centrica come quella attuale, in cui il romanzo ha fagocitato ogni altra esperienza e forma letteraria, è necessario che la poesia esca al più presto da quel recinto letterario a cui in fondo non è mai appartenuta e che sia capace di ricreare un suo spazio autonomo e libero. Se poi questo spazio ha i confini porosi di un’esperienza di cross-over, tanto meglio.
Non a caso questo libro ha in realtà tre autori, Lello Voce, Frank Nemola e Claudio Calia, esso vuole essere fruito sulla base del fatto che l’insieme è sempre maggiore della somma delle sue parti, che ogni lingua è il frutto di un dialogo che la precede.

Siamo abituati a considerare la poesia come un’arte muta e individuale. Piccola cucina cannibale ci insegna che la poesia è un’arte migrante, che l’arte ha un linguaggio universale, che oltrepassa i generi e i tempi...

La poesia ha una caratteristica affatto particolare, che nessun’altra arte ha: essa ha cambiato il suo medium di trasmissione, e, conseguentemente il senso deputato alla sua ricezione. Dalla voce, al segno scritto, muto; dall’orecchio, all’occhio. Essa si è esiliata dalla voce.
Questo suo ‘silenziarsi’ non ha avuto, ovviamente, solo aspetti negativi; grazie ad esso la lingua della poesia è potuta divenire sempre più complessa e raffinata. Oggi, nel momento del suo ritorno dall’esilio del silenzio, il suo riprendere la parola è molto diverso da quanto era in passato; diversi sono i problemi formali da affrontare, a cominciare dal fatto che una poesia, oggi, non può più essere ‘solamente’ nella voce, essa è comunque anche un testo scritto, che deve essere capace di stare in piedi anche da sè. Altrettanto complesso è oggi il suo rapporto con la musica, una musica che è essa stessa mutata, enormemente mutata dai tempi dei trovatori e di Arnaut Daniel, se non altro perché è oggi musica ‘tonale’, dunque sono mutati completamente anche i parametri del suo accordo, del suo ‘temperamento’ con la poesia, del contrappunto che va stabilito con le parole.
È una scommessa complessa, rischiosa, ma credo che sia impossibile sfuggirle: il futuro della poesia è di nuovo nella voce e nel respiro del poeta, il libro le sta stretto e questa non credo che sia semplicemente una scelta di poetica, quanto un dato di contesto, strutturale, indipendente dalla volontà del singolo artista.
D’altra parte, se la poesia vince, continua a vincere, ‘di mille secoli il silenzio’, come diceva Foscolo, lo fa proprio grazie a questa sua capacità di mutare senza posa, di essere contemporanea al mondo in cui vive, senza dimenticare il suo passato e avendo la forza di immaginare il suo futuro, di comporre le sue opere sempre per un pubblico a venire, come sosteneva Dante, nel suo Convivio, o rivolgendosi sempre a un popolo che ancora non c’è, come gli faceva eco Gilles Deleuze, secoli e secoli dopo, avendo la forza di creare tanto l’opera, quanto il pubblico che saprà accoglierla e amarla.

Cosa rappresenta Piccola cucina cannibale all’interno della tua produzione poetica?

Dopo circa vent’anni di continua ricerca e sperimentazione, tutti dedicati a trovare la strada giusta per tornare a far vivere, oggi, una poesia per musica, uno spoken music davvero contemporaneo, ho la sensazione che Piccola cucina cannibale, sia un punto d’arrivo atteso da tempo.
È come se tante tessere di un mosaico, tessere ritagliate in situazioni e momenti diversi, abbiano trovato finalmente il modo di stare assieme e che ora il disegno sia completo, del tutto visibile nei suoi tratti essenziali.
In Piccola cucina cannibale sono compresi anche brani di qualche anno fa, come il Lai del ragionare lento, insieme con altri pensati e realizzati nel 2011, penso alla Rivoluzione fragile, al Verbo essere, o a Piccola Madre, ma il loro stare insieme mi pare li renda tutti diversi, più compatti: essi acquistano un senso nuovo nel loro relazionarsi con gli altri. Questo mi ha dato la forza di tentare un passo azzardato, ma a mio parere necessario, quello di inserire parti cantate vere e proprie nel tessuto della spoken music, come in Napoletana, dove a cantare è Maria Pia De Vito. Sono arrivato a lambire, insomma, il confine del territorio sconosciuto, dove poesia, musica e canto potrebbero, forse, trovare nuove strade per incontrarsi.
Non a caso Piccola cucina cannibale è anche un ‘concerto di poesia’, il mio primo vero e proprio spettacolo, con il quale sto andando in giro in questi mesi con i miei musicisti, uno spettacolo che parla dei miei temi più usuali, la realtà politica, l’amore, il trasformarsi delle lingue e degli immaginari, ma che poi ha come suo aspetto principale proprio la poesia, la sua natura orale e vocale, le vicende del suo ‘esilio’, quelle di quest’odierno ritorno nel corpo e nel respiro del poeta. Dopo Lecce, Bolzano, Treviso, nei prossimi mesi saremo a Milano, Torino, Pordenone, Mestre, Bologna e Roma.

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