Parigi sì, Parigi no

27 dicembre 2003 Letteratura e arti
Parigi sì, Parigi no

Parigi sì, Parigi no… Il rovello delle belle lettere italiane sembra essere tutto qui. Comunque meglio di niente. Certo poi, io personalmente, quanto sarei stato felice se ci fosse stato anche un Genova sì, Genova no, oppure un Gaza sì, Gaza no. Ma va bene così e, d’altra parte, non è certo tutta colpa di poeti e letterati, dai quali dipende appena - e a volte a stento - l’aspetto dei loro versi e dei loro racconti e non certo quello della società e delle strutture economiche e politiche in cui si trovano ad operare. Bisogna che anche la realtà faccia il proprio dovere. E non sempre accade. Dunque va benissimo che molti di loro, che vadano o non vadano a Parigi, che ci vadano pagati dagli editori francesi, o invece dall’AIE e dal Governo italiano, che per altro, è diretto da un editore, cosa che appena trent’anni fa, a sinistra, sarebbe parsa un’utopia, va benissimo, dicevo, che prendano penna (o microfono) e discutano, che si interroghino, insomma che si prendano di nuovo delle responsabilità. Sarebbe bellissimo svegliarsi domani e ritrovarsi membri di una società letteraria (e non solo letteraria) dove si discute anche di valori, di proposte, dove si fanno analisi e si prendono posizioni, e non più in questa melma adolescenziale e irresponsabile i cui dibattiti, o meglio le loro chiacchierate, mutatis mutandis, hanno temi affini a quelli di una riunione di rappresentanti commerciali e promotori finanziari.
Ma non voglio coltivare nel mio e nel vostro animo speranze troppo azzardate. E allora mi ricordo (e vi ricordo) che, in fondo, cotillons cultural-artistici conditi con capperi e tartine di storione a parte, il Salon du Livre è una mostra mercato, una fiera di merci, evidentemente particolari, ma comunque merci, un posto dove si va, certo, per discutere di cultura, ma anche e soprattutto per promuovere, com’è ovvio e giusto che sia, il proprio prodotto e che mentre gli invitati dibattevano a proposito del fatto che a Parigi bisognasse o meno andare, c’è n’erano di altri, certamente non meno noti, né artisticamente e culturalmente meno attrezzati, che - come riportato da un quotidiano nazionale - si lamentavano dell’esclusione e altri ancora, pare almeno una decina, anche loro sicuramente celebri e bravissimi, che auto-promuovevano la loro candidatura…
Insomma, cari consumatori, pardon! cari lettori, siate prudenti nello scegliere i libri che acquistate e diffidate delle imitazioni, non sempre dietro un buon branding c’è un prodotto che vale il suo prezzo.

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