Numeri

4 aprile 2020 Noterelle dai luoghi del Carogna-Virus
Numeri

Sono un poeta, non uno statistico e meno che mai un epidemiologo, ma qualche dubbio sui numeri che ci vengono forniti ce l’ho. Qualcuno mi è nato autonomamente, altri no, li devo all’acume altrui.

Per esempio: da qualche tempo Il Fatto Quotidiano e l’ANSA stanno dando spazio al lavoro autonomo, indipendente e volontario di alcuni esperti (statistici, medici, ricercatori) che pubblicano la loro interpretazione dei dati forniti ufficialmente. Ciò che ne viene fuori è piuttosto inquietante.

Secondo il gruppo diretto da Giorgio Sestili quei numeretti che tutti aspettiamo ansiosamente alle 18,00 di ogni giorno, snocciolati dalla Protezione civile, in realtà significano qualcosa di piuttosto diverso da quanto il senso comune ci suggerirebbe. Mi riferisco segnatamente al numero di nuovi casi di contagio la cui quantità viene comunicata giornalmente dalla Protezione civile e su cui tutti fissiamo la nostra attenzione. Intanto il valore di questo dato dipende forzatamente dal numero di tamponi effettuati quel giorno (più tamponi effettuati, più contagi trovati, ovviamente), ma di questo rapporto nessuno fa cenno nei report ufficiali destinati alla comunicazione generalista. Ma non basta: il numero effettivamente comunicato viene individuato dopo una serie di operazioni piuttosto singolari.

Al totale dei nuovi casi tracciati quel dato giorno viene sottratto il numero di vittime e il numero di guariti relativi a quella medesima giornata. Fatte queste due sottrazioni, si comunica poi il risultato. Per esempio il dato dei nuovi contagi rilevati il 26 marzo è stato di 6203, mentre i dati della Protezione civile ne contano 4492, perché, incomprensibilmente, al primo dato vengono sottratti i decessi (712) e i guariti (999): totale, per l’appunto, 4492. Domanda: ma non sarebbe più facile, come sostiene Sestili, dirci quanti nuovi casi ci sono in più giornalmente a partire dal dato ‘grezzo’, ma irrespingibile, magari messo in relazione con il numero di tamponi effettuati, fornendoci così delle percentuali che forse parlerebbero assai meglio di una quantizzazione irrelata e sinceramente irrealistica che con atto di commovente ma controproducente ottimismo ci si ostina a darci iniziando puntualmente dal numero dei guariti?

Secondo dubbio: un dato che non ci è stato mai fornito e che probabilmente non è stato mai calcolato è la divisione per categorie sociali dei contagiati.

Mi spiego meglio: noi sappiamo quanti contagiati ci sono stati, quanti morti, ecc. Ma non sappiamo affatto a che categoria sociale appartenessero gli individui oggetto di numerazione, con una sola eccezione, i medici perché il dato pare utile alla creazione della ‘retorica’, della ’narrazione’ dell’epidemia a cui i mezzi di comunicazione ci stanno massicciamente sottoponendo nel rendere conto di ciò che accade (a partire dall’equazione medico/soldato: guerra, fronte, caduti, resistenza, battaglia, avanguardia, eroi, patria, bandiera, ecc…, tutte metafore militari e piuttosto inefficaci, visto che ciò che sta avvenendo è qualcosa di sostanzialmente diverso, da ogni punto di vista, da un conflitto militare).

Eppure, a mio giudizio, sarebbe utile sapere anche se tra i contagiati ci sono più operai che insegnanti, più badanti o commercianti, cassieri del supermercato, manager, impiegati, contadini, artigiani, addetti ai call center, o rider. Ciò ci permetterebbe di individuare dove il Carogna-Virus sta colpendo più duro e, di conseguenza, dove occorre implementare le misure di protezione e distanziamento sociale. Vi pare così inutile ed assurdo? A me no e mi domando, in ogni caso, se qualcuno questi dati li stia comunque raccogliendo, visto che – a Carogna-Virus passato – sarebbero evidentemente preziosi per qualsivoglia analisi politica e sociologica e anche in vista di qualsiasi altra veniente pandemia.

Magari non sarà vero che c’è una relazione tra inquinamento industriale e diffusione del Carogna-Virus, ma, vedi mai, magari scopriamo che tenere ostinatamente aperte certe realtà industriali o commerciali è più di danno che di beneficio, o che, visto che sono davvero essenziali, dobbiamo proteggerle di più e meglio di altre. Mi pare sarebbe certamente un dato utile. Magari non a Confindustria, ma a tutti gli altri sì.

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