’Na Voce, qualche verso e un po’ di rap

Nuovi talenti: il Bono Vox della poesia italiana. 25 gennaio 2004 06. Farfalle da combattimento
’Na Voce, qualche verso e un po’ di rap

Viene dall’avanguardia. Aldo Nove e Jovanotti giurano su di lui. Così conquista il pubblico, con parole e musica.

«Lello Voce è il migliore poeta che oggi c’è in Italia»: Nanni Baiestrini è così perentorio da destare sospetti. Anche perché sostiene la sua opinione con la pura forza della tautologia: «Prima di tutto» precisa infatti «perché è quello che mi piace di più». Che l’autore di Vogliamo tutto, come l’ebreo della storiella, dica così per indurci a pensare il contrario? Lello Voce sorride all’insinuazione maliziosa, si gratta la barba, tormenta l’orecchino da pirata la lode, sicuramente, lo lusinga. Eppure recalcitra, come un cavallo che cerca di liberarsi d’un tafano fastidioso: «Non spetta a me esprimere giudizi. Mi limito a fare una poesia che vive nel corpo del poeta, una poesia che si serve del rap per ridare ritmicità e vita all’emozìone della parola. Perché l’era gutenberghiana ha mortificato il pubblico della poesia, trasformandolo in una folla solitaria fatta di lettori isolati. Invece proprio l’uso della tecnologia, dei sintetizzatori e dei campionatori di suoni riporta il mestiere di poeta alle sue radici comunicative: il mondo dell’oralità».
Voce di nome e di fatto, Lello potrebbe essere definito il Bono Vox della poesia italiana. Quarantadue anni, napoletano trapiantato a Treviso, dove insegna presso una scuola serale, ha esordito negli anni Ottanta con Singin’ Napoli cantare. Animatore della rivista Balduse del Gruppo 93, una specie diGruppo 63 col senno di trent’anni dopo, non è rimasto schiavo dei manierismi stanchi degli ex neoavanguardisti, che tuttavia lo considerano un loro pupillo. In testa a tutti Balestrini, prefatore entusiasta di Farfalle da combattimento, libro + cd, appena uscito nella collana inVersi diretta da Aldo Nove per Bompiani, con il viatico d’una nota-rap cli Jovanotti. «Intendiamoci» precisa Voce «sono e resto un poeta, che però fa poesia su basi rap, o addirittura techno: al cd hanno collaborato due musicisti, Frank Nemola, per la programmazione elettronica, e Paolo Fresu che mi accompagna alla tromba». Poeta del corpo, dunque, e non rapper: con richiami ai brasiliani Augusto e Haroldo de Campos, ai quali il libro èdedicato («Mi hanno insegnato loro alavorare con i musicisti»), ma anche con un consapevole omaggio «a personaggi meravigliosi della nostra poesia anni 70 come Corrado Costa, Patrizia Vicinelli, Adriano Spatola, Franco Beltrametti. Nonché al grande Emilio Villa».
E la narrativa, dove Voce ha esordito l’anno scorso con un romanzo shocking ambientato nel mondo della droga, Eroina, corteggiato e poi rifiutato da grossi editori? «Alla fine solo un outsider coraggioso come Massimo Canalini di Transeuropa ha osato pubblicarlo. La narrativa, nelle spire del mercato, gode minor libertà della poesia. Ma la letteratura italiana manca di pensiero nel suo complesso». La via di salvezza? «Passa per la mescolanza delle sfere. Bisogna raggiungere il pubblico attraverso i grandi canali di comunicazione, ma avvelenare questa comunicazione con i virus del pensiero». A ritmo di rap. E a vivo Voce.

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