Montanari, Nove, Scarpa, Covers

27 dicembre 2003 Articoli e recensioni
Montanari, Nove, Scarpa, <i>Covers</i>

Che duri o meno, il dato sembra certo: dopo anni e anni in cui è stata la canzone popolare a ’testualizzarsi’ attraverso il riferimento alle forme canoniche della poesia, sembra proprio che da un po’ di tempo sia la poesia a cercare suggestioni nel mondo della musica popolare, sia rock, pop o hip hop. Da Sanguineti ad Arbasino, a molti altri autori più giovani (qualche rap e qualche canzuncella sono scappati pure a chi scrive, a Gabriele Frasca, Tommaso Ottonieri, ecc.) la poesia cerca strade alternative, si contamina con la musica, ne mutua schemi ritmici, andamenti vocali, si fa essa stessa parola detta ad alta voce, trovando nelle esperienze del rap più avanzato lo stimolo a riconoscere le proprie radici orali. E’ il caso di Nelle galassie oggi come oggi - Covers, (Einaudi, 107 pp., £.16.000) silloge collettiva di tre autori noti al pubblico forse più come romanzieri, Raul Montanari, Aldo Nove e Tiziano Scarpa, gioco ironico e raffinato, acrobazia in punta di penna, in cui brani ’storici’ di alcune tra le band e i musicisti più noti di questo ultimo scorcio di millennio (da Lou Reed a Peter Gabriel, dai Nirvana, ai Beatles, ai Massive Attack, Bjiork, i Kraftwerk) sono lo spunto per una serie di fantasmagoriche reinterpretazioni poetiche in cui l’originale è solo il punto di partenza per un viaggio ai confini della parola e della nostra cultura italiota, là dove essa si mescida con stimoli spuri, miti selvaggi, o landscape post-tecnologici, con la voce dell’altro mondo, insomma, così come ce l’ha trasmessa e interpretata quella inintermessa colonna sonora che ci abita le orecchie dal giorno dell’invenzione del primo Juke Box.
I tre autori si alternano sul palco del libro come anonimi DJ, accompagnati da lampi di luce, sciabolate di fotoni che illuminano spietate gli angoli più riposti delle nostro vivere in bilico tra miseria e meraviglia, in precario equilibrio tra utopia e rassegnazione. Il rapporto col ritmo stimola alla forme chiuse e quindi non meravigli che la cover proposta da Nove di Smells like teen spirit dei Nirvana o di Ghost rider dei Suicide risulti essere alla fine un canonicissimo sonetto. Né che i giochi di rima si affollino sulla pagina con gusto a volte assolutamente Oulipò. Il ritmo impone la regola della scansione, l’anafora si adatta bene al rock. Così If dei Pink Floyd, tra le dita di Tiziano Scarpa, si fa strano, ironico incubo che un po’ ricorda set musicali rarefatti e un po’ il Cecco di Se fossi foco, Heroin di Lou Reed viene trasformata da Aldo Nove in una sorta di terribile e travolgente lai postmoderno che sconvolge con la sua crudelissima, semplice elencazione di frotte di desideri abortiti, The carpet crawl & Blood on the rooftops dei Genesis decolla spinta dai turbo di Montanari verso i territori pantagruelici della enumeracion caotica. La poesia infettandosi di musica riscopre il gusto, la necessità, il senso di essere ’forma’ e così fa esplodere nuovi temi e contenuti spiazzanti, si esprime a proposito del mondo, interroga la realtà.
Che tutto questo sia Avant-Pop è fuori dubbio e mi stimola riproporre qui l’argomento, che pure ha avuto una certa circolazione in Italia, al punto che case editrici hanno inaugurato omonime collane. In realtà la critica, da noi più accademica che mai, non ha poi riflettuto sullo spunto, né gli autori, da noi forse eccessivamente pragmatici allo stato delle cose, hanno voluto riaprire il discorso. Eppure molto del meglio che accaduto nella nostra letteratura in versi e in prosa è accaduto a quell’incrocio tra mainstream delle culture popolari e marginalità delle tecniche e delle tattiche delle Avanguardie, lì dov’è situato il luogo Avant Pop. Ed è davvero singolare che una delle cover di questo libro sia dedicata a Smell like teen spirit che è proprio il brano utilizzato da Mark Amerika e Lance Olsen per il gioco di parole che dà il titolo a uno dei saggi manifesto della tendenza americana: Smells like Avant-Pop. Sarà solo un caso, o davvero, magari inconsciamente, l’Avant Pop è tra noi?

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