Los viejos postmodernistas

8 gennaio 2004 08. (Musa!)
<i>Los viejos postmodernistas</i>

Si tratta del secondo dei due lunghi testi che componevano (Musa!). Il libro era accompagnato da un’audio-cassetta che conteneva la mia lettura di entrambi i poemi. Nel riproporre un testo così ’antico’ ho deciso di seguire il ’consiglio’ che mi diede Fortini nella sua lettera inedita che ho pubblicato in questa stessa Sezione e dunque non ho ’corsivato’ le citazioni, appropriandomene in maniera integrale e lasciando al lettore, come Fortini suggeriva, il piacere e lo spiazzamento di individuarle.


Los viejos postmodernistas

esta sembranza che se vanza esta mattanza di dolcispirti e
speranze esta coincidençia d’esserci quìora e stridente senso torno
la giuntura (del foglio) del cuore all’arteria al femore sintattico
del dire una slogatura de las palabras amarillas en los ojos il
flussoflettersi morbido e cigolante dell’aria al volo y nosotros
(los que se juntan al ser) nomadi delle chiose azotate delle
solforate giunture con ideologemi e perspectivae abyssi del
Genio familiare e di Torquato (in Sant’Anna) borracho il sonno
l’oppio, e il dolore. Sicchè la vita umana, per modo di dire
la follitudine dicevi, pazzia e solitudine e ridevi del riflesso
distorto del moncone di cuore rimasto azulrojo come un insetto
un concetto millepiedi a ronzarmi l’anima di fili e di fame e

porti ne lo core una ferita che sia, com ’egli è morto aperto
segno non iniziò e non termina nulla. Anche al ragazzo del
fruttivendolo sarebbe piaciuto scrivere qualcosa ma disse
-bisogna esser portato a percepirvi insieme in fila transitare
morti e vivi corrosi morti dei vivi nel precipite sussurro dell’
indio nel cedere pindarico al paradosso del lemma, accumularsi
nelle scatole vuote di fulmini spenti e gomiti lisi radianti
inutili dell’odio del popolo dimenticato e triste degli sgabuzzini e

estos viejos lejos postmodernistas estos viejos postmodernistas
Napule, oi napulenà, simmo carn’ ’e maciello, simm’ ’ntrigante
morra e cammorra e o popolo bascio sona ’a tammorra
(deh che la vurriatrovare ma non la pozzasciare cussìbbélla commàtè)

dove i morti camminavano e i vivi erano di cartapesta a fingersi
morti immobili come testi definiti nel vortice del senso e (allora)
muscarum clamor, pulicorum stractio, trumbae, tamburri summos
sbigotivere polos le querimonie fin de siècle come una mancanza
etica di dolore dagli occhi un gesto patinato di falsetérno una
falsificazione dell’essere (ma poi ho bisogno di un’idea che sia
come un fegato piantato al cuore dell’intenzione non questo
sguardo percorso da fiumi di formicchèsaggrappano agli occhi alle
ciglia (questa pupilla al fosforo che scintilla e urla il lampo
dell’interruzione lo squilibrio d’agire un’idea con garretti larghi
e coda folta un’utopiabestia a canini affilati spietati quanto
una rivoluzione: un’utopiabestia una lonzalioniaferabestia

un girarosignuolchesìsoavepiagne un colombovolpe un lamircocervo un
petticoccorossodrillo un coleopanterottero una zanzatigre un
ibisredibisnonmorierisinbello un cancavallo un ippogattogrifo un
gattopescepardo un rinotopoceronte un ricciopicchiopanda una talpa-
coccigrilla una libelbellula un armatassodillo (dillopleasenon na-
scondermi nulla (un’autopiabestia (lupachedituttebramesembiavacarca-
nelasuamagrezza un pinguidelfibrì una polipiovrantide un anguillottero
una farfafoca lupaspraefera (e tutti gli altri figli d’un coniglipollo

estos viejos lejos postmodernistas estos viejos postmodernistas
Napule, oi napulenà, simmo carn’ ’e maciello simm’fetiente
morra e cammorra e o popolo bascio sona ’a tammorra
(deh che la vurriatruvare ma non la pozzasciare cussìbbélla commàttè)

era una foltitudine assopita nel fondo di paludi una macedonia
era una moltifoltitudine un brulicare d’occhi e d’ideologie di
parole e parole e parole di lingue saettanti liquide nell’oscurità
sintattica del verso della direzione contratta nel suono del
contagio morfologico subito la rotta fonatoria cupa e raschiante
d’ogni gutturale d’ogni senso lo sciabordio palatale che schiuma via
inutile vocalizzandosi a morte come un sentimento e concentra
gli ultimi frammenti di umano intelletto in un cavo inaccessibile
d’improperi une bête elle est là file de ses ancétres une bête
elle est là cassant ses origines une bête elle est là trasformant
l’héritage lingua fracida, marcia, senza sale, ch ’alfin si troverà
pur un pugnale e lungo i nervi tesi esplodendo sillabe e ciglia e

nomi da fare sbigottire un cane; da fare spiritare un cimitero, al
suon delle parole orrende e strane sentimento pravo prosa che prude
all’innesto tra anima e coda di questo poeta con denti da coniglio di
questo figlio di tapirotopo che svetta veloce oltre costellazione che
tenaglia il senso che li siano tagliate le mani destre e condotto poi
avanti il tribunale della Giustizia della Gran Corte della Vicaria le
siano tagliate le mani sinistre, e de là strascinandosi, sia condotto
nel mercato, dove si abbia da appiccare, e poi squartare e così fu e

estos viejos lejos postmodernistas estos viejos postmodernistas
Napule, oi napulenà, simmo carn’ ’e maciello, simm’ ’mpenitente
morra e cammorra e o popolo bascio sona ’a tammorra
(deh che la vurriatrovare ma non la pozzasciare cussìbbélla commàtè)

:dici e che siamo rimasti senza ordine e senza rivoluzione e sembra
bello aver sbagliato in molti, in tutti cosa oltre questa minutaglia
di nervi occhi parole cosa, oltre i frantumi viscidi di memoria,
cosa resta? oltre un’utopiabestia aspra e sudata oltre dici: quando
allo sfrangiarsi idrofilo sfanno le nuvolaglie ipocrite, avverbiali e
con un mancamento d’alta quota inghiottono il pronome del pensiero
dici e chi predica sistemi al popolo delle foglie, chi insegna il
comunismo agli animali sulle soglie? dici non abbiam qui non
abbiam là e nemmeno povertà e s’el t’è contra cor tanto pensar,
ascolta e tasi e lasami parlar dici L ’istoria è questa, k’eo ve voi
dir novella de la cità d’inferno quant’ell’è falsa e fella, ke
Babilonia magna per nomo sì s’apella dici ma ascolta ora questa

linguasudatachepenzola s’attribuisce e ansima questa serie
pronominale d’orrori, ascolta, qui chi non terrorizza s’ammala di
terrore per accorgersene credimi basta non arrendersi all’evidenza
sputare decisi nel piatto dove mangi e pensa a questi padri così
comodi ed opportunisti da riservarsi il piacere di distruggere e da
lasciarci ’l dolore di ricostruire, l’errore, questo ed altro
ancora e poi è dura far sparire le mitologie prima che stabiliscano
valori certi cuoredicanesenzapadrone senza cuccia senza Ragione

estos viejos lejos postmodernistas estos viejos postmodernistas
Napule, oi napulenà, simmo carn’ ’e maciello, simm’ chjagnente
morra e carnorra e o popolo bascio sona ’a tammorra
(deh che la vurriatrovare ma non la pozzasciare cussìbbélla commàtè)

:e allora insieme, empio signor, che della roba altrui lieto ti
stai godendo e del sudore, venir ti possa uncancheronelcuore
e occorre una progettazione del caso, un klinamen di parola che
dia respiro al carnale d’ogni verbo alla biologicità ottusa d’ogni
congiunzione all’interiezione sorda e strozzata d’ogni dolore un’
entropiadamore un caldoclamore giallo una poesia con dentro cuore
e fiore sei l’unico mio amore per sopravviversi e sfamarsi ma dimmi
dimmi basta davvero ad ognuna delle ore lunghe e affannate magre
di bave? io ho drento uno sdegno, che mi rode e sforza contro all’
ordinario mio, mentre costui di noi trionfa e gode come un’instabi-
lità magnetica una parolapersa una prosaprivata che imparo una
fonetica accanita; ma non torna: le lingue delle mucche sull’

uncino nei macelli i versi dei poetibelli, la santa cortigiana
vita nostra sfilandosi la sintassi di dosso una metastasi rude
di metafore una mostra d’iperbati e vanità un’idiozia senza pietà
ma io ti dico che il secolo è finito e che nessuno se n’è accorto
ma c’è stato chi n’è morto ma vedrai, un po’ alla volta ma un po’
piano capiremo il dritto e i/torto, i vani nitriti sul filo
trepidante, delle redini, e l’unità e lo spirito vedrai la mia mano
spremere pupille in succodisenso e i morti di qua e i vivi di qua

estos viejos lejos postmodernistas estos viejos postmodernistas
Napule, oi napulenà, simmo carn’ ’e maciello, simmo fujente
morra e camorra e o popolo bascio sona ’a tammorra
(deh che la vurriatrovare ma non la pozzasciare cussìbbélla commàtè)

:e ora basta io vivo con una donna che non s’intende di letteratura
ma mi avverte del mutare delle stagioni fuori (sett’anni amore sett’
anni in Sant’Anna... e sì vi vidi lo tigro e ’1 tasso e una lonça e
un tinasso; è sì vi vidi una bestia strana, ch ’uomo appella baldi-
vana; e sì vi vidi la pantera e la giraffa e la paupèra e ’l gatto
padule e la lea e la gran bestia baradinera (e ora basta, ora
bisogna computare sentimenti frattàli, pronunce non euclidee dell’
esistere mi dici era un bacio, quello? oppure unsibiodellabisso?
ma ora basta prendi questa pillola e urlerai un po’ meno ti porta
via la vita senza stai più sereno il polialogo la triangolazione
impossibile del senso che sguiscia via tra le mani una retorica
unutopiapovera una dinamica, dico, un muoversi dalle parole al
dialogo, un gesto doppio immobile all’occhio, uno snualo un alo

lo scialo inerte immobile grasso delle parole belle che consolano
alla vita al respiro ma tar tregua ge mantenga che far guerra no
convegna li cor son pim de sentina, de peccae e de puor e àm un
pertusaor chi tropo ha sotir verrina fu nel mio decimo anno che
mangiai dei topi bolliti ora che gli uomini azzanno non li trovo
così saporiti impossibile risponderti in realtà il punto di vista
è biforo un insetto e il suo joiner una cartografia del cardiopalma
una tenerezza ruvidecurva uno zuccherassurdo pronome un ome... e

estos viejos lejos postmodernistas estos viejos postmodernistas
Napule, oi napulenà, simmo carn’ ’e maciello, simm’ ’ffraudolente
morra e cammorra e o popolo bascio sona ’a tammorra
(deh che la vurriatrovare ma non la pozzasciare cussìbbélla commàtè)

:ma queste donne poi che camminano con gli occhi coperti dalle
calzearete questedonne che vannoevengonoenonparlanodiMichelangelo
queste donne altereegrigie tuttefatte di sentimenti al grisou e io
e tutti a spingersi per entrare dalla crunadellago efravecaesfraveca
tutto stu ’ssanghe int’all’uosemo tutto stu krancro ’nta ll’uocchie
da sotterrarvi un drento insino a gli occhi fagiuoli, e porci, e
poeti, e pidocchi e la Kafka è un magnifico topoblulunare, il suo
sguardoaffascina, perchè ha occhi umani: Le cose che dirò sono
sbagliate, come le cose che si diranno per confutarle, ma bisogna
pur cominciare a parlarne e il pernodittongo che stride al centro
della ragione un nome, un come, un quandoeperchè, un direperdisdire
la paura di finire, intristire e tramortire è un po’ come tramondire

la pronuncia già al passato, un accento retrogrado del segnocometa
una galassiaspenta di senso, un buco nerobuco, un vuoto, un oto
sovra la cità è fato un ce! reondo d’açal e de ferro, d’andranego
e de bronço, de saxi e de monti tuta muraa d’atomo açò k ’el peccaor
çamai no se’n retorno: rabbiaspuma, l’immensità che non entra nel
mio fazzoletto, la cagna che ulula di notte la lula che vira e
’nabissa e ’ffonda il sone vibrando che suonasorge la plurivoce del
deo, meo deo, una poesia con dentro il cuore il polmone la coda e

estos viejos lejos postmodernistas estos viejos postmodernistas
Napule, oi napulenà, simmo carn’ ’e maciello, simm’ ’mmurmunante
morra e cammorra e o popolo bascio sona ’a tammorra
(deh che la vurriatrovare ma non la pozzasciare cussìbbélla commàtè)

:si krepa aqul ke los otros abrazos me faltan si ’nnaspa si aspa
(aqua a li okki un trapanar d’assilli (aqua a li okki aqui ke son
le skegge affosforate dall’ ’ulla il grande ’ulla la ’ffrenesia
tutta la vita mia, li turbivortichii, gli òrtici di ’zzurro
sferrato la plagia rasente il rizzonte s’éniorant du Kancer
obru double le trou é ble le pou ble de notre Alternité" (aqua
a li okki ke ’ffoka l’espiro (mi dici il guaio amicoamato è ke
ti sei svitato, io non posso aiutartì costatropporifarti, ti
dovremo abolire, vaafartidemolire mi dici ke ’1 pensar t’è gramo e
gracchia la voce al dirlo sfranta e ghiozza ’troce come un seme un
fegato o un croce mi dici jesuis apresledeluge e a me resta solo il
deluge mi dici si krepa aquì ke katastrofe ke kumulokaos ke ’ordello

kasino ’ssassino ke hillarità tenèbra e fosca ke ultimapiaggia
e solo un’utopiabestia una topla nimale dell’ ’ssere sussurrato tra i
denti a skuartare parole un mukkio selvatikaspro di kuori un fuori
e se muori se sfreccia alto il krio e l’aria ne vibra ti fulmini
uno stupore ideologico, ma maligno, e una rissa aspra di cieli
incenerisca il satanico peplo, il pascolo e il nubifragio quest’
ultimo contagio, l’agio di vivere vedendo il kiarofosco del nostro
stupito ’nterrogarsi asprincredulo e frullo, volatile, inutile e

estos viejos lejos postmodernistas estos viejos postmodernistas
Napule, oi napulenà, simmo carn’ ’e maciello simm’ scustante
morra e cammorra e o popolo bascio sona ’a tammorra
(deh che la vurriatrovare ma non la pozzasciare cussìbbélla commàtè)

:esta sembranza che se vanza, mon amj, esta mattanza di dolcispirti e
speranze esta informe apocalisse vocalizzata e suggellata e kontra
soltanto questa minima syllaba clandestina solitaria esimia tenue
caduca urbana generosa lungaecarnale come il corpus della separazione
e dell’uguaglianza come una scommessa in lontananza l’ombrazione
irta di uno skeletro di comunicazione la lunaluce di una sintaxi
della katastrofe la strofebicipite nel tenerodelirio del pronunciarsi
per consegnare il sensosibilo l’energia nerentropica e ritta il duro
zoccolo del significare, il vortigorgo che inglotte e trasukkia che
possiede e scivola e abbandona e segna di ferite il rigo, mon amì
, il segno unico che fa il labirinto e il bene e il male e il bele e il
mane e il nema e il lebe lieve che sfiora le cose e le dice, il nome

il neuma geroglifico del divenire che diviene nell’intestino del
sensoventrevaligia il turbinelettrico il pulvisestpulverisreverteri
quest’interrogante litania del perchèssere l’ozio del vivere e in più
il vizio che debba sopravvivere, qualcosa come unsensosouvenir un
’nsosouvenir il vuoto tra le parole lo spaziocchio di un’ideologia
fonetica un’etica del direefare una sintassisentimento un io che
divento e mi guardo diventare un diventare sventagliando capelli
e polpastrelli in pulviscolo di volivoglie indiscutibilmente vivo e

estos viejos lejos postmodernistas estos viejos postmodernistas
Napule, oi napulenà, simmo carn’ ’e maciello simm’emigrante
morra e cammorra e o popolo bascio sona ’a tammorra
(deh che la vurriatrovare ma non la pozzasciare cussìbbélla commàtè)

:e poi che stanchezza doverti ripetere sempresempre peggiopeggio
che il sangue in Itaglia non lava le soglie è i marciapiedi ma il
kianti su uno straccio di tovaglia nuziale che stanchezza, mon amì
, doverti ripetereripetere che i morti disse li abbiamo trasportati in
magazzino, altro che salmiebandiere" "la lea e lagranbestiabaradinera
che "le idee le abbiamo consumate mate tutte" che non ci resta ke dar
di bekko nel sublime blime molti plicato per il molteplice plice" per
il plessosenso dell’accento e se oltre la ritmica syllabica stride la
mekkanikametallika dell’esserci e aguzzo i sensi i coltelli i sangui
se grafolano tra le parole alla ricerca delle cose della causagione
di questo nostro non voler essere tuionoi ma quellaltro che ci guarda
e sorride ambiguo sul riflesso facendoci esistere (meete) il guardo

fonematico di questo divenireinsuono il punto di partenza di questo
svischiarsi da niente a niente tra due diversi niente quest’iente,
quest’ulla, o non piuttosto tacere l’origine elettrica l’entropia del
suono che sukkiarisukkia che dice negando tutto ciò che non vuol dire
per poi ripartire verso una certaqualequalunque parte d’universo in
mani una candela per vedere i sassi e mistaalargaconfusione qualche
strofa come biscia lustra che sguiscia se ci tiri a manolibera una
pietra e nulla oltre la forma esogamica di questo fegato innervato

all’okkio come un urlo retinizzato comefossevisto dal fondabisso del
nome e allora cosa resta della tua forma senza la mia struttura di
fiato respirato come zuccherofilato sedimentato compromettendosi
contraddicendosi, restando fissi così, stupefatti e sconfitti,
di spalle all’avvenire, a capofitto.

Nel testo sono utilizzate citazioni tratte da:
ALIGHIERI, Commedia (Inferno);
ANONIMO dell’Italia centrale, Detto del gatto lupesco;
ANONIMO genovese, De condicione civitate Ianuae; Contra lectores et non factores;
BERNI, Nel tempo che fu fatto Papa Adriano VI; Verona è una terra c’ha le mura...; Contro a Pietro Aretino;
BLEI, Il bestiario della letteratura;
CAVALCANTI, Tu m’hai sì piena di dolor la mente...;
DE CAMPOS (F. Pessoa), Passaggio delle ore;
FOLENGO, Moscheide;
GIACOMINO DA VERONA, De Babilonia civitate infernali et eius turpitudine;
LAING, Mi ami?;
LEOPARDI, Dialogo di Torquato Tasso e del suo genio familiare;
MUSIL, Viaggio di palo in frasca;
PAGLIARANI, Dittico della merce (I);
POUND, Cantos;
QUENAU, Piccola cosmogonia portatile;
SUMMONTE, Historia della Città e del Regno di Napoli...;
VILLA, Comizio millenovecentocinquantatrè; Contenuto figurativo; Diciassette variazioni su temi proposti per una pura ideologia fonetica; Pezzo 1940; Pezzo 1943; Comizio; Sì, ma lentamente;
ZANZOTTO, Gli sguardi i fatti senhal

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