Lello Voce e la scommessa del Poetry Slam di Adriana Polveroni

23 febbraio 2004 12. Poetry Slam
<i>Lello Voce e la scommessa del Poetry Slam</i> di Adriana Polveroni

Per la poesia si può litigare. Discutere all’infinito come fosse una partita di calcio. E il pubblico passivo che ascolta, si beve tutto e si annoia, non c’è più. Partecipa. Diventa parte attiva e cattiva. Feroce, se necessario, con un tifo da stadio. Succede ai Poetry Slam. Ovvero: gare di poesie, sul palco. Lì in diretta, con il pubblico che ti vota, ti ama o ti butta via. E "in pochi minuti ti giochi tutto te stesso". Così racconta il Poetry Slam, Lello Voce, scrittore, poeta, performer e soprattutto EmCee italiano, che detto per esteso significa Master of Ceremony: gran cerimoniere di quest’accesissima gara. Ma cosa succede veramente in un Poetry Slam? Primo: vengono selezionati i concorrenti, spesso giovani ma non solo. "Il bello dello slam è che, pur coinvolgendo molti giovani, non è legato a dati anagrafici", continua Lello Voce. Quando i poeti sono pronti per la gara, vengono sorteggiati tra il pubblico i cinque membri della giuria, che hanno a disposizione voti, da uno a dieci, da dare. La gara inizia e il poeta sul palco ha tre minuti secchi per presentare, anzi "performare", la sua poesia. E vincere. Soldi, finalmente. Vietati l’uso di musica di sottofondo, video e altri supporti. Il poeta se ne sta lì col proprio pubblico, solo con la sua voce, a volte urlata, e il corpo che spesso muove da attore consumato. La giuria vota ma il pubblico può non essere d’accordo. Urla, fischia, critica, cerca di far cambiare idea alla giuria. Si schiera. Una cosa che in poesia non si era mai vista. Di Poetry Slam invece se ne vedono sempre di più. Per restare in Italia il festival Romapoesia 2002 è stato inaugurato a ottobre con un poetry slam in sei lingue: italiano, inglese, tedesco, spagnolo, francese, russo, con un grandissimo, istrionico, Tiziano Scarpa che si è aggiudicato la vittoria battendo mostri sacri come Timo Burke, Pilot le Hot e Eduard Escoffet, rispettivamente campioni laureati dello slam in Germania, Francia, Spagna. A Bolzano, il 16 novembre, si è svolto uno slam in italiano e tedesco con Bastian Boettcher, tra più inventivi e raffinati slammer di Germania. Il fenomeno in Italia è arrivato due anni fa, quando Luigi Cinque e Lello Voce hanno organizzato la prima gara, in occasione di Romapoesia. "Avevo già visto dei Poetry Slam in Germania e negli Stati Uniti, mi aveva colpito la corrente comunicativa tra poeta e pubblico", racconta. Nel giro di un anno escono fuori gli "slamisti" italiani. Tra gli altri: Tiziano Scarpa, Aldo Nove (entrambi scrittori), Rosaria Lo Russo, Marco Palladini, Sara Ventroni, che a 27 anni vince il primo poetry slam italiano, Christian Raimo e Stefano Raspini. E nel maggio scorso, a Big Torino, festival della creatività giovanile, c’è il grande evento: il primo Poetry Slam del mondo fatto in quattro lingue diverse: sul palco Tracy Sprinter, sudafricana di casa a Berlino, campionessa di slam tedesco, Francesca Beard, definita dallo "Indipendent" "da brivido e narcotica" (vincerà lei), la russa Alexandra Petrova e Sara Ventroni. Parecchie donne. Un caso? Forse no, perchè anche qui "si dimostra la diversità di questo tipo di poeisa con quella tradizionale", risponde Marc Kelly Smith, poeta e "inventore" del primo Poetry Slam nell’86, a Chicago. Da allora il Poetry Slam comincia a diffondersi negli Usa, dove oggi addirittura esiste un campionato federale. Tra il ’92 e il ’93 il Poetry Slam sbarca in Germania, Svizzera, Austria, Inghilterra, Francia, Italia. Con delle differenze. "Da noi in genere è più raffinato, c’è più attenzione al testo. In Germania richiede più capacità di stare sul palco, il pubblico è più hooligan. E se il Master of Ceremony ha le spalle robuste per buttare qualcuno giù dal palco, è meglio", spiega Lello Voce. È tutto? No, perché la poesia di oggi non se ne sta ferma. Cambia. Va avanti. Tanto che si balla in discoteca o si ascolta in una serata tra amici, incisa su un brano musicale. E a mixare tutto ci pensa il PJ: gioco di parole per dire deejay di poesia. Il poeta Rayl Patzak è tra i più importanti Pj europei: "Mi sono sempre sentito fortunato quando un dj di drum’n’bass o di Hip Hop metteva una traccia di pura poesia nel suo set. Ma ogni volta era una sola traccia. Un giorno, tre anni fa, mi sono detto: ’Ok, questo è compito tuo’. Così ho cominciato a mixare poesia e brani di musica, e a tirarne fuori uno spettacolo". I luoghi dove si balla la poesia? Il Maffia di Reggio Emilia, il mitico Link di Bologna, l’Interzona di Verona, il Brancaleone e il Forte Prenestino di Roma, il Pepperlapapp di Bolzano, sede del recente slam.

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