[Legaville 45] Intossicati e terroristi

1 settembre 2007 Politica e movimenti
[Legaville 45] Intossicati e terroristi

Passare anche per terroristi mi pare troppo. Va bene le inalazioni coatte di diossina, va bene la doccia con l’amianto, va bene l’amarezza di scoprire che del pericolo dovuto all’incendio della De Longhi era stato comunicato a tutti, tranne che alle scuole, ma sentirsi dire dal Pro Sceriffo che la richiesta di una vera bonifica dei plessi a qualche metro dalla De Longhi significa fare del «terrorismo» mi pare del tutto surreale. E dire che del Pro non dovremmo lamentarci, almeno lui ha il pudore di paragonare il rogo della De Longhi a tre panevin: dalle dichiarazioni del dott. Gallo abbiamo fatto progressi, guadagnando almeno due panevin, sia pure al prezzo di passare per terroristi che turbano la quiete pubblica. Altrove va anche peggio. L’assessore Basso si dice certo che le scuole non vanno bonificate perché lui, come facevano una volta i caporali di giornata nell’ispezione delle camerate, ha «passato la mano su banchi, cattedre e pavimenti, senza trovare traccia di polvere» e lo dice seriamente, come serissimo era quell’alto esponente della salute pubblica che di fronte ai valori altissimi di diossina presenti sul prato dell’Istituto Giorgi, ha dichiarato che non c’era problema, tanto gli allievi mica «brucano». Nel frattempo Lorsignori già discutono su come trasformare un incendio (e un attentato alla salute pubblica) in un grande (enorme) affare immobiliare e a nessuno viene in mente di chiedere all’Eccellentissimo De Longhi come mai gli impianti antincendio della sua fabbrica modello non funzionassero, al punto che si sono dovute utilizzare le manichette della vicina Zorzi, né per quale singolare ragione nel suo impianto all’avanguardia i magazzini avessero ancora tetti in eternit, da decenni vietati da tutte le normative. Né all’Eccellentissimo è venuto in mente di scusarsi con la città, né (meno che mai) di profferire verbo sulla sua eventualissima disponibilità a risarcirla dei danni subiti. Il Nord Est è così: tra lacci e laccioli dello stato centralista l’imprenditore nordestino è ormai convinto che sia suo inalienabile diritto che tutti si assumano i rischi suoi: a guadagnare è lui, ma, se si vuole qualche briciola, allora è inutile protestare, che si tratti della salute pubblica, o del diritto degli operai di andare alla toilette. Prendere o lasciare, o, per dirla in lingua veneta, ‘magna e tasi’. A me è passato l’appetito.

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