[Legaville 3] La poetica sensibilità del Pro-Sindaco

Quotidiani E-Polis - Il Treviso, 2006 14 ottobre 2006 Costume e società
[Legaville 3] La poetica sensibilità del Pro-Sindaco

La vita è piena di sorprese ed a volte la realtà è ben diversa da ciò che si potrebbe immaginare. Prendete il nostro beneamato Pro-sindaco e Pro-sceriffo Gentilini, recentemente parte lesa in Tribunale contro i maleducati che avevano osato contestarlo a suon di cartelli quando, nel 2001, denunciò l’autrice di un’innocente poesiola di contestazione, affissa ai muri di una libreria. Eppure, a volerlo giudicare da certe sue esternazioni, si direbbe di avere davanti un uomo rude e deciso, uno che non la manda a dire, uno che, per il diritto di esternare ciò che più gli piace, lotta duramente. Fate mente locale: ve li ricordate i vagoni piombati per gli immigrati, l’idea di utilizzare i “neri” come leprotti per gli allenamenti a tiro a segno dei cacciatori nostrani, le prostitute extracomunitarie da sfruttare come ‘nave scuola’ per i giovani virgulti nordestini, l’accoglienza franca e cordiale ai naziskin, gli auguri di infausto destino riservati a Zanzotto e Paolini? A me personalmente cotanta figura istituzionale ebbe la bontà di riservarne un po’ anche ad personam, definendomi, con aulica allitterazione, “sudicio sudista”. Appena pochi giorni fa l’uomo con il cognome più ossimorico della storia era impegnato ad aizzare i suoi seguaci a “prendere a calci nelle palle” Biagi e Panto, avversari nella corsa alla Provincia. Un uomo vero, insomma, uno che non ti aspetti si scandalizzi più di tanto per qualche espressione dura che gli ritorna indietro. Invece no: è un animo sensibile, una personalità fragile e raffinata. Infatti è bastata una poesiola e qualche cartellone per indurre il rude Pro-sceriffo a sentirsi maltrattato e a chiamare la mamma: fuor di metafora, a mandare i vigili a far sequestrare il sonetto galeotto e poi a denunciare tanto la poetessa quanto alcuni degli autori dei cartelli di contestazione che lo attesero all’ingresso del tribunale. Caro Pro-Sindaco pro-padano, alla sua pretesa, un po’ vergognosa, di mettere il bavaglio alla poesia e alla parola val la pena di rispondere con versi di padanissimo poeta, Gaio Valerio Catullo: “Nil nimium studio, Caesar, tibi velle placere / nec scire utrum sis albus an ater homo» che tradotto in italiano significa: “Non mi preoccupo,Cesare, di volerti piacere / Neanche di sapere se sei bianco o nero». Posto che lei abbia qualcosa a che fare con Cesare, che, com’è noto, era l’Imperatore di Roma ladrona.

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