[Legaville 25] Come in un western di serie B

Quotidiani E-Polis - Il Treviso, 2006 22 novembre 2006 Costume e società
[Legaville 25] Come in un western di serie B

Sembra proprio che ad alcuni politici legavilliani la parola ‘guerra’ piaccia, quasi che, dopo decenni di pace, ne avessero nostalgia. Se ne riempiono la bocca ad ogni pie’ sospinto, costruiscono trincee – per fortuna sinora immaginarie – e indicono mobilitazioni di massa che, almeno nei toni, non hanno nulla da invidiare a quella dei francesi prima della battaglia della Marna. La cosa, in un mondo che sta per precipitare in una guerra globale vera e drammatica, mi pare sinceramente di cattivo gusto. Fa l’effetto che farebbe vedere un adolescente con la pistoletta a tappi che minaccia stragi in un campo di battaglia intriso di sangue vero, solo perché qualche palla vagante ha colpito anche la sua finestra. Ma c’è di più: queste guerre non vengono dichiarate da codesti signori verso altri Stati, ma verso le cosiddette ‘etnie’, una roba che sinora era venuta in mente solo a certi tipacci che abitarono a Berlino negli anni Trenta-Quaranta e, ultimamente, ad alcune tribù africane. Sono guerre che, invece che al fronte, andrebbero combattute nelle nostre strade, casa per casa, a colpi di rastrellamenti e calibro 9, come nei western di serie B, o nella peggiore Shari’a. Nessuno può negare che negli ultimi tempi la situazione dell’ordine pubblico a Legaville sia peggiorata, ma di qui a fare certe dichiarazioni che invitano le forze dell’ordine a sparare (e necessariamente nel mucchio, visto che dovrebbero farlo in città, tra la gente che passeggia e lavora) ci passa un oceano. Certo, mi rendo conto che, di fronte ai disastri che provoca una società tutta fondata sul solo valore del denaro, dei ‘schei’, del rampantismo sociale, è più facile premere il grilletto che porsi le domande giuste sul come rimuovere le cause di tutto ciò, ma poi, al di là delle roboanti esternazioni, restano i fatti e le politiche concrete da mettere in atto. E qui casca l’Asino: a cosa servirà mai sparare a un rapinatore che fugge dopo una rapina, se non a rischiare di uccidere il primo che passa? A cosa controllare tutti gli extracomunitari, anche quelli regolari (direi io: solo quelli regolari, gli altri, che ufficialmente non esistono, come faremo a controllarli?), se non a scatenare astio e risentimento in tutti i lavoratori stranieri che sono da noi con le carte in regola e dunque a fare un regalo a quelle forze che, nell’ombra, rimestano nel calderone dell’odio razziale?

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