[Legaville 20] La Treviso di Cunizza e quella della Lega

Quotidiani E-Polis - Il Treviso, 2006 16 ottobre 2006 Costume e società
[Legaville 20] La Treviso di Cunizza e quella della Lega

Sono arrivato a Treviso 20 anni fa e quando arrivai mi pareva di conoscerla già. Era la Treviso di Dante e di Cunizza da Romano, donna bellissima e sensuale, peccatrice non pentita, e pur accolta in Paradiso, (ricordate i versi? « Cunizza fui chiamata, e qui rifulgo/ perché mi vinse il lume d’esta stella;/ ma lietamente a me medesma indulgo /la cagion di mia sorte, e non mi noia,/ che parrìa forse forte al vostro vulgo.»). Era la capitale della Marca Gioiosa, tollerante, ironica, indulgente, intelligentissima come Cunizza, ma come Cunizza capace di trasformare la sua ricerca di piacere in amore per il prossimo, tolleranza, generosità per i più deboli. Era la terra di Martini e dei suoi Adamo ed Eva terragni, pietra viva che respira, segno di un legame saldo con ciò che c’è prima che l’uomo lo trasformi, come le poesie di Zanzotto e Calzavara, era la terra di Comisso e della sua languida, dolce capacità di cogliere il legame sottile tra piacere e dolore, come, ad esempio, nella sua visita alle stanze vuote dell’ultimo casino trevigiano, quella casa Dozzo che stava proprio vicino a Via Roggia: «ad ogni stanza il padrone vantava la perfezione dei servizi igienici, ma tutto era freddo, pietrificato, congestionato, come se l’acqua si fosse ghiacciata nelle tubature e sbavature di ferro macchiavano le porcellane. Lo squallore ed il freddo che veniva dalle finestre aperte sulle imposte chiuse rendevano quelle stanze più antiche ancora dei postriboli di Pompei». Che c’entra tutto questo con certi toni roboanti e rozzi, con l’idea di utilizzare le giovani extracomunitarie come «nave scuola» per i nostri giovani, con i vagoni piombati per i ‘neri’, con gli alberi sostituiti dalle antenne, con l’insulto e la minaccia per chi non si adegua, con il suono degli scarponi chiodati che qualcuno si augura presto risuonino in città per darle quella sicurezza che non avrebbe più e che prima le era comunque garantita dalla sua proverbiale, generosa, laicissima tolleranza? Insomma, coloro che vogliono affidare all’olio di ricino le risposte che non sanno dare con le parole, che diffondono paura, sospetto, intolleranza, insensibilità verso la sofferenza altrui, che fanno d’ignoranza un vanto, possono essere oggi anche i leader indiscussi di Legaville; quello che è certo è che, in realtà, con quella che si chiamava Treviso non hanno proprio nulla a che spartire.

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