La piazza

20 novembre 2003 Politica e movimenti
La piazza

Loro dicono: la piazza. E quando lo dicono si sente chiara l’eco della sprezzatura e del disprezzo, il moto di repulsa che sempre prova il Privilegio quando incontra sulla sua via la Ragione che ne indica i torti, il tic da razza padrona, fotografato da Pietrangeli in Contessa, l’orrore disgustato che sente il sazio per l’affamato, la ricca igiene per la sporcizia dell’indigenza, l’assassino per le ferite inferte alla sua vittima…
Loro dicono: la piazza. E capisci subito che parlano del nemico, o di un luogo estraneo, ostile. Già, perché quando dicono ’la piazza’, intendono, per metonimia, tutti quelli che in piazza ci stanno, che in piazza scendono, che in piazza portano i loro sentimenti, i loro sogni, la loro indignazione. Che liberamente vi convengono: per convenire, o per dissentire. Con i loro corpi, materialmente. Che è una roba che deve suonare orribile a chi per piazza ha soltanto i miliardi di solitudini che fanno la platea televisiva, le asettiche e profumate assenze che i dati Auditel trasformano in moltitudini totalmente virtuali, che guardano il reale da lontano, che sono, etimologicamente, tele-spettatrici. E qualche paura della piazza - di quella vera e di quella metonimica - deve averla anche chi sostiene che politica sia solo mente e calcolo razionale e non anche passione e sentimento, che il problema sia solo di rappresentanza e non anche di espressione e protagonismo. Che, insomma, del buon Machiavello ci debba restare solo la Volpe e non il Lione… Eppure l’Italia è una nazione fatta di piazze e qui, come in tanti altri posti d’Europa, la piazza è ancora e da sempre agorà, luogo d’incontro e di scambio, di scontro e di incontro, cuore e simbolo della socialità, luogo fondante della sua espressione politica, culturale e sociale e, per l’appunto, della sua rappresentanza...
Eppure, sui selciati delle piazze di tutta Italia, la ’piazza’ ha spesso lasciato la sua vita - da Reggio Emilia a Piazza Alimonda - uccisa da chi alla piazza avrebbe volentieri sostituito un cortile, o il cavedio recintato in cui vive chi china la testa di fronte alla menzogna e all’ingiustizia e rinuncia alla libertà, in cambio della sicurezza di un collare e di una cuccia.
Proprio così, cari miei, perché, anche se voi non riuscite nemmeno a immaginarlo, arroccati come siete a difesa della vostra Casa che di libero ha solo l’arbitrio e la prepotenza e che, insomma, non è una Casa, ma un Palazzo, piazza è sinonimo di democrazia. Un altro concetto, quest’ultimo, che, com’è noto, vi è estraneo.

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