La finestra sul cortile: la primavera scaccia Berlusconi...

3 giugno 2004 Costume e società
La finestra sul cortile: la primavera scaccia Berlusconi...

La mia finestra l’ho riaperta solo da qualche giorno. Precisamente da quando hanno smontato l’impalcatura che copriva un palazzo, lì di fronte, che spunta tra le cime degli alberi del lungofiume. Non era l’impalcatura che mi infastidiva, era il faccione di Berlusconi che mi osservava sorridente e furbo da un mega-manifesto abbarbicato ai tubi innocenti, come un parassita: campeggiava sul mio orizzonte come la mamma di Woody Allen nel cielo terso di New York in non ricordo più che film. Ho provato a resistere, ma era insopportabile: appena alzavo lo sguardo dallo schermo del computer me lo trovavo di fronte. Era devastante, mi inquinava l’immaginario, mi rendeva nervoso e insofferente, credo avesse influenza negativa sin sulle mie funzioni rigenerative. Ho notato che risplendeva di più nella giornate grigie, quasi godesse della latitanza della primavera: più l’atmosfera diventava autunnale più il sorriso dentuto risplendeva, radioso, soddisfatto, con l’aria ghiotta del gatto che si è appena pappato il topo e a me veniva naturale immaginarmi nei panni (nei peli) del sopraccitato roditore. Quando c’era il sole, invece, sembrava sfocarsi e sfumare un po’: come fosse la rivincita delle francescane creature, dell’aere nubilo et sereno, di Sorella Luna, la vendetta di Fratello Sole, bello et iocundo, sul cerone plasticato del manifesto-vampiro, che spariva all’apparire della luce. Chiaro memento, questo, di come Berlusconi aborrisca la primavera e l’estate: col sole si lavora poco e si sogna la Rivoluzione... Dunque: un eterno autunno per tutti, tranne che per lui e i suoi amici, e tranne per quelli mandati a morire nell’inferno assolato dell’Irak. Per la Patria e la LiBBertà! Olè!
Ora, comunque, l’hanno tolto e io, nel giorno della Festa della Repubblica (che, per inciso, dovrebbe essere la festa della libertà, dei diritti, dell’eguaglianza e non l’occasione per sfogare tutto il nostro cattivo gusto facendo sfilare strumenti di morte in un giorno che ricorda una pace finalmente raggiunta), per celebrarla degnamente, ho riaperto la mia finestra. Ed ora, appoggiato al davanzale, penso che mi piacerebbe poter vedere, affacciato da qui, quello che accadrà il 4 a Roma, quando il Presidente più sciocco e ignorante che abbia mai governato gli Stati Uniti verrà da noi a festeggiare non si sa che, in una città la quale, per amor del vero, come Napoli, si liberò da sola. E mi scopro preoccupato e penso che, dipendesse solo dai manifestanti, non lo sarei, ma che poi invece tutto dipende anche dalla politica dell’Ordine Pubblico voluta da un Ministro tanto inquietante da stare a gridare al lupo già da settimane, con maleaguranti guaiti. E penso che forse avremmo fatto meglio a fare come suggeriva mia suocera: andarcene tutti da Roma, chiudere scuole, negozi, uffici, fabbriche, lasciarli in solitario tête à tête, i due killer. In una città chiusa per lutto: lutto della democrazia e dell’intelligenza.

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