La faccia oscura degli Alpini - Autoanalfabeta incontra Wu Ming 1 e Giuseppe Nava

Autoanalfabeta University of Utopia 31 gennaio 2015 01. Autoanalfabeta University of Utopia
La faccia oscura degli Alpini - Autoanalfabeta incontra Wu Ming 1 e Giuseppe Nava

Quante storie ci sono nella Storia? E soprattutto, sono state tutte raccontate? Ancora.: dato che ogni storia è un discorso, quel discorso racconta solo la storia che appare alla sua superficie, o c’è la possibilità che, intonando quelle stesse parole, sottraendole al contesto ufficiale in cui sono tenute prigioniere, riarticolandone la sintassi, esse inizino a raccontarne un’altra, o molte altre?
Certo è che ogni storia è in realtà un incrocio di altre storie, di racconti molteplici, cui è possibile accedere se solo si ha la voglia di assumersi il rischio di accettare la ‘digressione’, di percorrere anche le vie laterali, fin le più strette e disagevoli. E’ faticoso, ma solo allora il viaggio (la cronologia) può trasformarsi davvero in memoria.

Chi sono gli Alpini, dunque? Cosa ci narrano davvero i verbali dei rapporti ufficiali dei graduati della Prima guerra mondiale, solo la scarna descrizione di esecuzioni sommarie trasformate dallo scritto in esercizio di ‘legalità militare’, o sono anche la paradossale autodenuncia di chi ha accettato scientemente e solidarmente di interpretare il ruolo di aguzzino in quell’istituzione violenta e segregante che chiamiamo Esercito?
E l’arte della parola (e dunque quella del raccontar storie) possono aiutarci a scoprire le ‘pieghe’ di un discorso che ha ben più livelli e stratificazioni di quelli che siamo abituati ad attribuirgli?

Ciò che è in ballo quindi, non è solo la pur indispensabile denuncia di un ‘rimosso’ (in questo caso specifico i crimini italiani nella Prima e Seconda guerra mondiale), ma la ricerca dello strumento adatto per fare memoria, anzi, per essere precisi, per fare vendetta, benjaminianamente, in nome di chi ha avuto solo la voce e le grida per raccontare la propria vicenda, mentre ad altri era concesso il potere dello scritto, ciò che rende ‘ufficiale e vero’, quanto prima era vivo conflitto, siderandolo nell’ideologia del vincitore, sempre strabica quanto basta per non vedere l’angolo cieco, la faccia oscura della sua luna.
Perché erano una vendetta i versi di Jahier sugli Alpini, tanto quanto erano maschera ‘eroica’ e fintamente solidale quelli ungarettiani.
Le due facce della medesima guerra. Una convinta che si stia come “sugli alberi le foglie”, e dunque capace di mescolare naturalità e Kultur (ma cosa c’è di più ‘culturale’ di una guerra?), l’altra ostinata a credere che ci sia una via di uscita dall’abominio, e che sia una via solidale, fatta scegliendo di stare prima con i propri sottoposti che con la propria bandiera.

Ma questo, si sa, è disfattismo e in guerra, allora, era punito con la fucilazione alla schiena.

Lello Voce

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