La Prima Guerra Globale

23 novembre 2003 Politica e movimenti
La Prima Guerra Globale

Guerra su guerra, guerra dopo guerra. Ed è come se fossero tutte la stessa, tutte parti (intercambiabili) di una medesima Prima Guerra Globale, che è cominciata da tempo e che nessuno sa quando mai finirà. Che è già dappertutto. Guerre a bizzeffe. Così tante che nessuno le vede, se non quando diventano un evento da prime time televisivo, per sparire - in contemporanea dai teleschermi e dalle nostre coscienze - quando muta il palinsesto. Così, per una guerra - enorme e dissennata - che sta per iniziare, se ne dimentica un’altra, quella di Palestina, che intanto macina i suoi morti innocenti: laboriosa, inarrestabile e sempre più invisibile. Decine di altre guerre sono sparse un po’ dappertutto nel mondo: guerre tribali, guerre di liberazione, guerre di conquista e guerre di resistenza, guerre umanitarie e guerre disumane, guerre metropolitane, guerre fredde, calde, bollenti, ibernate, guerre commerciali e guerre coloniali, guerre venture e guerre appena terminate, guerre guerreggiate e guerre solo dichiarate, guerre sante, guerre intestine, guerre civili, guerre lampo e guerre di logoramento. Tele-invisibili, ma assolutamente reali. Pile di cadaveri, sempre più alte, inutili. Di cui importa poco. Perché la guerra degli altri è sempre un po’ meno guerra, anche se, infine, è poi la medesima…
Di guerre, insomma, dovremmo averne che basta e invece in Italia c’è chi non si accontenta e di guerra vuole farne ancora un’altra (con pessimo gusto la chiama: Rivoluzione) e spara a freddo a un poveretto che gli chiede i documenti in treno e poi dichiara, con una supponenza che è pari solo alla disgustosa truculenza della sua strategia politico-militare, di essere solidale con le masse arabe, le quali - ovviamente - prese come sono dalle guerre proprie, di questa, tutta nostra e brigatista, non ne sanno un bel niente. Come ignorano del tutto - per nostra fortuna - i deliri Crociati e guerrafondai di don Baget Bozzo, mosca cocchiera del maleodorante carro di Tespi che sta trascinando l’Italia al fronte della Guerra Imperiale. Sono piuttosto lì, a casa loro, che aspettano che scada l’ultimatum di Dabliù, quel maleaugurante 17 (facciamo le corna!) di marzo, che poi sono quasi le Idi di marzo e dunque non dovrebbero rassicurare troppo nemmeno Kaesar Dabliù, tanto quanto il 17 non rassicura affatto la mia parte partenopea.
Ma anche altri, nel Bel Paese danno il loro bravo contributo. C’è chi vuol fare la guerra agli immigrati, chi ai pacifisti, chi, apolitico, si arrangia con stragi portatili, in famiglia. Certuni, invece, preferiscono la guerriglia da stadio. Altri ancora la pelle se la fanno (e la fanno altrui) su quattro ruote, il sabato notte: 8000 morti in un anno, una guerra di media intensità, anche se, in quest’ultimo caso, non è ben chiaro chi sia il nemico.

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