La Polizia è buona: a prescindere...

19 novembre 2003 Politica e movimenti
La Polizia è buona: a prescindere...

Se parlo delle vicende che vedono coinvolti una serie di agenti di polizia per quanto accaduto a Napoli e a Genova non è per intervenire nel merito, quanto per porre una questione squisitamente culturale e insieme, nel senso più ampio del termine, politica. Ciò che colpisce è l’assenza, insieme, di critica ed autocritica. Ciò che voglio dire è che - nonostante siano ormai ben solidi gli elementi che ci fanno ritenere che in entrambi i casi si siano verificati una serie di abusi, talora gravi, e di comportamenti abnormi e illegali - ancora non ci è stato dato di ascoltare una sola parola di autocritica da parte di chi rappresenta le Forze dell’Ordine, né, a livello istituzionale, si è mai andato oltre un generico riaffermare che tutto va bene, guardandosi bene dal criticare, sia pure in via del tutto ipotetica, tanto i singoli quanto un certo clima ’sbrigativo’ che indubbiamente permea di sé molti reparti e molti uomini in divisa.
Ora, qual è la ragione per la quale, se un qualsiasi altro cittadino, nell’adempiere alle proprie funzioni lavorative, commette errori o violazioni della legge, a tutti noi sembra ovvio che la sua categoria prenda le distanze da lui, mentre ciò non avviene nel caso delle Forze dell’Ordine? Se un medico sbaglia, sia pure colposamente, nell’operare un paziente, ci sembra normale che i suoi colleghi e il suo Ordine professionale condannino il suo agire, se un insegnante approfitta della propria funzione per lucro, o se vessa i suoi allievi, o se sfrutta la propria posizione per indurli a comportamenti che violano la loro dignità, il suo Preside si affretterà a chiederne la sospensione, se un operaio è assenteista, o comunque danneggia la sua azienda, i Sindacati saranno i primi a chiedere che si prendano misure contro di lui. Se ciò avviene è proprio per garantire la dignità e i diritti di tutti questi cittadini e di tutte queste categorie che vengono evidentemente danneggiati da coloro che violano le regole stabilite dalla Legge a garanzia di ognuno di noi.
L’Italia è dunque un paese in cui la Polizia non sbaglia mai? O nel quale, anche quando sbaglia, l’unica cosa che si fa è riaffermare acriticamente la fiducia della democrazia e dello Stato in questa stessa Polizia? Come avrebbe detto Totò: a prescindere?
E’ una sorta di riflesso condizionato, che a volte non risparmia le sinistre, tanto di Governo quanto di opposizione.
Eppure ognuno di noi capisce bene che se adottassimo la stessa strategia nell’educare i nostri figli e ad ogni marachella ci affrettassimo a dir loro che li amiamo e siamo sicuri che sono stati bravi, in breve avremmo una nazione popolata di Pietro Maso, di Erica e di Omar a bizzeffe e le marachelle avrebbero buone probabilità di trasformarsi in molto peggio. Poiché è certo che in democrazia sono le Forze dell’Ordine che sono al servizio della democrazia e della società e non l’inverso, almeno quanto è certo che sono i genitori a dover educare i figli, allora sarebbe lecito attendersi che, di fronte a fatti gravi come quelli avvenuti a Napoli e a Genova, le Istituzioni per prime richiamassero all’ordine le Forze dell’Ordine. E subito dopo provvedessero ad addestrarle come si deve, a dar loro stipendi dignitosi, a garantire il loro operare in condizioni accettabili. E sarebbe altrettanto lecito aspettarsi che colui che è il primo Garante delle garanzie costituzionali, il Presidente Ciampi, facesse sentire, alta e forte, la sua voce a garanzia di tutti noi. Poiché è altrettanto ovvio e certo che egli è anche il Presidente di tutti quei ragazzi condotti nella caserma Raniero, o torturati a Bolzaneto, ed è chiaro ed evidente che è anche il Presidente di Carlo Giuliani e della sua famiglia. Non ci fosse il rischio del ridicolo, che sempre colpisce ogni ingenua simplicitas utopista e non conoscessimo di che pasta è fatto Silvio Berlusconi, verrebbe da scrivere che ci si attende lo stesso dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
Il fatto che migliaia di agenti di Polizia ogni giorno rischino la loro vita nella lotta alla malavita in cambio di stipendi spesso miseri, non autorizza certo quegli agenti a picchiare indiscriminatamente pacifici dimostranti, o a sottoporre dei fermati a procedure gravemente lesive della loro dignità e della loro integrità psico-fisica. D’altra parte, come reagiremmo se sapessimo che ad Erica e ad Omar durante gli interrogatori sono stati comminati gli stessi trattamenti riservati a tanti loro coetanei - nella peggiore delle ipotesi colpevoli di infrazioni enormemente meno gravi delle loro - catturati nelle strade e negli ospedali di Napoli e di Genova? O se venisse reso noto che analoga procedura è stata messa in atto nei confronti di questo, o quel tangentista, o ultras hooligano, o usuraio, o madre omicida, o figlio matricida, o finanche mafioso e killer assassino? Ci indigneremmo, certamente: com’è giusto e sano che accada in qualsiasi paese in cui le parole habeas corpus hanno ancora un senso. Perché allora questo non vale per i ragazzi di Genova e Napoli, della Diaz, della Raniero, di Forte San Giuliano, o di Bolzaneto? In quest’Italia berlusconide vige dunque un doppio binario e per i reati ’politici’ si è autorizzati a procedere in modo così irrituale e abnorme come nel caso di quanto accaduto a Napoli e a Genova? Forse bisogna andare oltre questo riflesso condizionato. Un paese democratico è un paese che ha il coraggio di mettere sotto accusa anche la propria Polizia, quando questa assume atteggiamenti e comportamenti che violano quanto stabilito dalla Legge. Una Polizia democratica è una Polizia criticabile, sempre e comunque sottoposta al giudizio di quella società e di quello Stato in cui affondano le radici della sua legittimità ad operare. Altrimenti non c’è più Polizia di Stato, ma solo Stato di Polizia.

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