Il protezionismo delle narcomafie

alfabeta2, n° 1, 2010 9 luglio 2010 Costume e società
Il protezionismo delle narcomafie

Sono in molti a interrogarsi sulle ragioni della morte di Stefano Cucchi (il giovane deceduto all’ospedale Pertini di Roma, dopo essere stato arrestato per il possesso di pochi grammi di hashish) , sono in pochi ad avere il coraggio di dire che la causa prima, quella dalla quale poi tutto è nato, dalle percosse in carcere, sino all’abbandono in ospedale, è la legge Fini-Giovanardi che da qualche anno, in nome del più bieco proibizionismo, ha trasformato in pericolosi malviventi migliaia di cittadini italiani ed extracomunitari colpevoli solo di fumare, o di aver ceduto, per soldi o meno, poco conta, qualche grammo di canapa ad altri.
Senza la Fini-Giovanardi, molto probabilmente Stefano sarebbe ancora vivo, e non solo lui, mentre tanti altri non marcirebbero in galera, in attesa di trasformarsi in delinquenti veri. Unica guerra santa condivisa praticamente da tutti i governi del mondo, la lotta contro le cosiddette droghe è Guerra Santa, combattuta in nome di un Moloch multinazionale che miete vittime ogni giorno, sia direttamente che indirettamente, a causa dell’enorme quantità di energie e ricchezze che distoglie dalla lotta al crimine vero.
Come ogni proibizionista che si rispetti, poi, l’ineffabile legislatore italiota ha badato bene a colpire duro verso il basso e a leccare dolcemente verso l’alto, prevedendo per una sostanza ben più dannosa fisiologicamente e socialmente, ma che conta molti estimatori tra gli stessi che legiferano, la cocaina, una sorta di ‘regime blando’, al punto che si rischia più a fumarsi una canna che a sniffare qualche grammo di ‘bamba’. Nel frattempo la ricerca sulle qualità terapeutiche della canapa è praticamente bloccata e questo certo non fa piacere agli ammalati di cancro e di AIDS che potrebbero trarne enorme giovamento.
Naturalmente le draconiane misure non sono servite a nulla e chi aveva deciso di assumere sostanze ha continuato a farlo come prima e più di prima, visto che esse non sono legalizzate, ma di fatto sono libere, anzi la strizzatina d’occhio alla droga dei manager ha ancor più stimolato un consumo di massa, già di per sé ampio e diffuso, fino al punto che ormai tonnellate di cocaina inondano fogne, laghi, fiumi, sin quasi a trasformarsi da problematica medico-sociale in dato ecologicamente rilevante.
Ma se la legge Fini Giovanardi mostra ogni giorno di più i suoi perniciosi effetti e la sua patente inutilità, per altri versi essa miete successi. Ad esempio quello di continuare a garantire che oceani di denaro si riversino nelle tasche delle narcomafie internazionali. Perché questo, come ogni altro proibizionismo, è maschera d’un protezionismo subdolo, che mira a mantenere i ‘pascoli tranquilli’ a chi ogni giorno trasforma il dolore e il disagio di molti in danaro sonante, facendo passare agevolmente ogni traffico, anche il più immondo, dietro lo schermo di questa, o quella ‘crociata, servendosi, per vincere la vera guerra, quella del profitto ad ogni costo, proprio della polvere sollevata degli eserciti avversari.
D’altra parte, se uno stato lascia una parte del paese nelle mani delle mafie, il minimo che possa poi fare è procurare loro un flusso di danaro costante. Proibendo, ovviamente.
Su tutto ciò, l’assoluta maggioranza degli intellettuali italiani, per tema d’anatema, tace. E dunque acconsente.

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