Il Grand Tour di Antonio Presti

1 dicembre 2003 Letteratura e arti
Il Grand Tour di Antonio Presti

Povero Bel Paese, abbandonato, sino a ieri, alle cure del Sottosegretario Stefani, esponente di spicco della Razza Padana, fine cantore della Neo-medievale Civiltà Celodurista. Hai voglia a dire che il turismo è una delle risorse strategiche della nostra economia, in realtà Stefani aveva capito tutto: trattasi di immigrazione illegale sotto mentite spoglie e, grazie a lui, da oggi in avanti, in tutta Italia sarà permesso il rutto solo a ventri autoctoni e a causa di padanissimo prosecco. Altro che birra e patate. A dimostrazione che non è vero che i leghisti sono soltanto razzisti, ma più integralmente xenofobi. Ed anche misantropi e criminalmente tonti.
Per fortuna a pensare alla diffusione della cultura italiana non c’è solo Stefani. E così - mentre la Lega si occupa di distruggere l’immagine dell’Italia nel mondo e Berlusconi si prende una granita in quel di Positano, tanto per festeggiare la liberazione del Patrio suolo dai Kapò Comunisti amici di Schoreder, lasciando che i suoi ragazzi, nel frattempo, si sfoghino regolando i conti in sospeso e facendo a brani quello che resta del paese - in Sicilia, proprio nella ex-terra del 64 a 0, c’è un mecenate privato che, con un coraggio che rasenta la follia, progetta un nuovo Gran Tour, e, a sue spese e a suo rischio, dall’autunno prossimo invita grandi scrittori stranieri (da Pennac a Montalban, da Ben Jalloun a Paco Ignazio Taibo) a viaggiare in Sicilia e a scriverne, mentre un manipolo di poeti e musicisti comporranno un ’cunto’ su tutto quello che non va e che certo - nel frattempo - non sarà stato risolto da Totò Cuffaro. Antonio Presti, arroccato nel suo splendido albergo-museo di Castel di Tusa, dopo aver trasformato l’abbandono del demanio pubblico nel più grande museo del mondo di sculture a cielo aperto, si fa oggi alfiere del dialogo interculturale, dell’arte impegnata nel reale. E certo quella che mostrerà agli ospiti stranieri non sarà una Sicilia da cartolina: si parla di Taibo al petrolchimico di Gela e a Priolo, o di Montalban in visita alle miniere, da quella ormai abbandonata di Floristella, sino a quella di Pasquasia, che le ecomafie si incaricano di tenere in piena attività. Ma sarà anche quella della cultura millenaria di Agrigento e del fantastico melting palermitano, della vulcanica attività culturale catanese, di cui proprio Presti è il principale motore. Di una Sicilia accogliente, civile, pronta al dialogo, che è efficace metafora dell’Italia tutta, nei secoli terra di transito e dialogo interculturale. Sempre che qualcuno, magari Dell’Utri, Miccichè o Cuffaro, non intervenga prima, con un emendamento alla Bossi-Fini che impedisca la migrazione, sia pur temporanea, di intelligenze straniere nell’isola.

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