I neo-proletari di Tommaso Labranca

28 dicembre 2003 Articoli e recensioni
I neo-proletari di Tommaso Labranca

Si chiamano neo-proletari e sono un oscuro e inquietante mutamento genetico (e non solo genetico), metamorfosi devastante di quello che il buon vecchio Karl Marx chiamava Lumpen-proletariat, proletariato straccione. Schiavi senza coscienza e senza futuro. I nostri post-moderni Lumpen sono il risultato della disintegrazione della ex classe operaia autoctona, oggi terziarizzata adepta dell’ideologia delle tre Effe, Fitness, Fashion, Fiction, risvolto tutto antropologico del politicissimo Impero neo-berlusconiano delle tre I, Internet, Inglese, Impresa. Monetariamente non proprio straccioni, i neo-proletari sono nondimeno schiavi dell’ imperativo ipnotico di una sistema industriale che «produce oggetti di massa, ma li riveste di sogni individualizzanti», una non-classe che all’invito proletario all’unità degli oppressi ha sostituito il suo opposto speculare: «Neo-proletari di tutto il mondo separatevi, individualizzatevi, opprimete il vostro simile con la vostra carica di eleghanzia superiore». E’ il popolo di coloro che hanno deciso, per l’appunto, di sostituire l’intellighenzia con l’eleghanzia, stirpe di eterni cercatori del «plus-cool» (che ha ormai soppiantato l’antiquato plus-valore) massa interclassista e variegata perché «il neo-proletariato è uno stato dell’anima, non una condizione socio-economica».
Nomadi transumanti sulle vie di Ipermercati, megadiscount, centri commerciali, consumatori mai sazi di storie e finzioni (in lingua: fiction), stacanovisti delle disco e delle televendite, nuova etnia di una società globale dove nemmeno i "barbari" , quelli che le nostre paure più inconfessabili hanno rivestito della maschera del Nemico, sanno immaginare di meglio che diventare esattamente uguali a noi, o meglio, a Loro, al gotha inarrivabile del plus-cool, della realizzazione assoluta dei valori evanescenti dell’universo delle tre Effe (e delle tre I), i neo-proletari sono dappertutto intorno a noi. Un po’ lo siamo, in fondo, anche noi. Allegoria inquietante del flop di un Impero che sta lentamente implodendo su stesso proprio per le dimensioni enormi e totali del suo successo. Che si spegne per overdose di vittoria.
A metà tra saggio e narrazione, quest’ultimo testo di Tommaso Labranca non è solo un lavoro godibile, ironico, intelligente. E’ un grido d’allarme, un invito a resistere, lanciato con la non-chalance della sprezzatura. Ancora di più: è un libro pieno di cattiveria, vera, efficace, cosa che in letteratura, si sa, è merce preziosa. E sempre più rara.

Tommaso La branca
Neoproletariato.La sconfitta del popolo e il trionfo dell’eleghanzia.
Cooper Castelvecchi.

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