Enzo Mansueto intervista Lello Voce su Poetry Slam e «Live Poetry»
Lello Voce: un nome, un destino, se contiamo l’importanza del fattore «voce» nella ricerca di questo poeta, saggista, scrittore, giornalista, attivista culturale. Fondatore del Gruppo 93 e della rivista Baldus, ha segnato profondamente la nostra scena letteraria a partire dalla metà degli anni Ottanta, pubblicando opere audio-letterarie con largo anticipo rispetto ad analoghe esperienze.
Tra i lavori più recenti, segnaliamo Farfalle da combattimento, del 1999, libro/cd con musiche di Paolo Fresu e Frank Nemola, disegni di Silvio Merlino, prefazione di Nanni Balestrini, pubblicato nella collana InVersi diretta da Aldo Nove, per Bompiani. Quindi i romanzi Eroina (Transeuropa 1999) e Cucarachas (DeriveApprodi 2002). Da pochi giorni è disponibile il nuovo disco Fast Blood - i nuovi testi (Premio Delfini 2003, ex-aequo con la barese Florinda Fusco) su musiche di Frank Nemola - realizzato con Luigi Cinque, Paolo Fresu, Michael Gross, Luca Sanzò (lo si può richiedere all’autore, per 13 euro senza spese: lello@lellovoce.it).
Negli ultimissimi tempi la notorietà di Lello Voce è legata soprattutto al fenomeno dei poetry slam, di cui è stato l’importatore in Italia, e dei blog letterari, nonché alla militanza politico-culturale (si pensi all’impegno attorno ai fatti di Genova 2001). Lo abbiamo sentito, in vista dello slam a Castellana Grotte, previsto per il prossimo 10 luglio nell’ambito della terza edizione della manifestazione dei Presidi del Libro «...il libro possibile...».
Volente o nolente, ti si identifica con il Poetry Slam. Che servigio fa alla poesia questo tipo di manifestazione?
«Lo slam è stato un vento di rinnovamento che ha soffiato sulla poesia italiana, facendo crescere l’interesse di molti nei confronti di un’arte spesso marginale, se non altro in termini di audience. Il pubblico tradizionale della poesia è sin troppo ben educato; l’applauso alla fine c’è per tutti: tutto va bene, purché sia poesia, questo è il segnale di una ricezione passiva, a-critica, Brecht avrebbe detto "gastronomica", della poesia. Lo slam ha stimolato un rapporto nuovamente critico, attivo, tra poeta e pubblico. Per quanto mi riguarda, coordinare Slam è una parte della mia attività. Io faccio prima di tutto il poeta, e lo faccio preferibilmente ad alta voce, con la musica e le video-immagini dei miei amici artisti».
Qual è stato finora lo slam più memorabile?
«Credo il secondo, quello durante Romapoesia 2002, al teatro India. I poeti, tutti italiani, erano davvero eccezionali e molto diversi tra loro, da Sara Ventroni, Stefano Raspini e Tiziano Scarpa, che poi di Slam ne hanno fatti tanti, a Rosaria Lo Russo, Franco Buffoni, Marco Berisso, Andrea Inglese, Paolo Gentiluomo. Il teatro era stracolmo e lo Slam era posizionato al centro di una lunghissima giornata della poesia dal pomeriggio all’alba. Il pubblico era elettrizzato ed ha partecipato con un’intensità mai vista. La qualità delle performance è stata altissima, ogni concorrente aveva un’identità spiccata, col risultato di dare allo spettacolo, alla gara, una grande ricchezza. Tracy Sprinter, campionessa tedesca ed ospite d’onore, con centinaia di slam sulle spalle, era sbalordita dall’energia di quella serata. Credo che quello sia stato il momento in cui lo slam è definitivamente decollato in Italia».
Al di là dello slam, quali sono le più efficaci forme "non convenzionali" per veicolare la nuova letteratura?
«La letteratura, o almeno la poesia, dovrebbe essere sempre una forma non convenzionale. Detto questo, credo che il futuro della poesia sia sul palco, nello sviluppo di un’oralità sempre più complessa e formalmente ricca, nel rapporto con la musica e la video arte, nella capacità che avrà di fondersi e trasformarsi attraverso la sinergia con altri media, di fare i conti con "l’ascolto distratto", di rischiare. Vogliamo chiamarla hip-hop poetry, Spoken Word, poesie action, o, come piace di più a me, live poetry? Cambia poco, la strada è quella. E dovremo fare da soli, visto che il massimo che ci si può aspettare dalla gran parte dell’editoria italiana sono collane più o meno imbalsamate pullulanti dei soliti, e ormai un po’ inutili, noti».
Qual è invece la tua opinione sullo stato del blog letterario?
«Lo stato del blog è ottimo! La blogsfera è piena di ottimi blogger e molti saranno a Castellana per il Blog-Trip! Esperienze come quelle di Princess Proserpina o di Personalità Confusa o di Herzog, per fare solo i primi nomi che mi vengono in mente, sono certo esperienze che possiedono una piena dignità letteraria, con cui bisogna fare i conti. Credo, inoltre, che i blog siano la punta più avanzata di un fenomeno, quello che Leadbeater chiama mass amateurisation o pro-am, destinato a rivoluzionare non soltanto il modo di scrivere, ma, ed è forse ancor più importante, il modo di produrre e distribuire letteratura».
Slam, pro-am, internet, editoria on demand: ha ancora senso il «diritto d’autore»?
«Il diritto d’autore non ha mai avuto alcun senso. Va abolito e basta. La sola idea che esista una proprietà privata dell’arte, della cultura, delle idee, è malsana e provoca alla collettività danni enormemente maggiori dei profitti e dei privilegi che assicura ad alcuni. Danni che in un futuro prossimo saranno irrimediabilmente irrisarcibili. Meglio liberarsene subito! A meno che noi non troviamo normale e civile pagare anche per prendere in prestito un libro da una biblioteca pubblica, che è l’orizzonte allucinante verso il quale ci stanno trasportando certi "pasdaran" del diritto d’autore, intruppati anche a sinistra».
Primo slam in Puglia: cosa è nella tua esperienza la Puglia?
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«Il barocco di Lecce e il lungomare di Bari. Le cene con un ottimo poeta barese che oggi è un splendido ed autorevole nippologo, Marco Longo. Parte della mia infanzia è passata ai confini con l’Irpinia, in un paesino, Orsara, che oggi ospita un ottimo festival Jazz, quello stesso jazz che si ascoltava sugli Stereo 8 delle macchine di zii e parenti. Otranto e il Salento, che è terra di ritmo e parole, di taranta e rap. Le edizioni Piero Manni che coraggiosamente pubblicarono il mio primo libro-disco. Le masserie fortificate e il tavoliere. Un posto dove quando arrivano gli immigrati gli si dà una mano, almeno fino a quando qualcuno non provvede a sistemarli meglio dietro le sbarre di un Cpt. Farò lo slam col pensiero alla gente che viene dal mare e a quella antica, di Puglia, che ha saputo sinora accoglierla con impareggiabile umanità».
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