Effetti collaterali

28 novembre 2003 Politica e movimenti
Effetti collaterali

Sto davanti al mio computer, come Snoopy arrampicato sulla cuccia, di fronte alla sua macchina da scrivere. O, almeno, io mi sento così… Colpito da ossessione monotematica, come il più filosofico tra i bracchetti, prigioniero di un infinito inizio: «Era una notte buia e tempestosa…» A me sta succedendo così con la guerra. Mi pare di non poter parlare d’altro. Non è più solo un evento, questa guerra, è diventata un orizzonte, una prospettiva, si sta trasformando, dopo soli quindici giorni, in un’abitudine. Non riesco a pensare ad altro, non mi accorgo d’altro, e così, in questo sabato italiano (quasi-festivo, tanto quanto quasi-belligerante) al momento di decidere l’argomento di questa mia rubrica settimanale, mi accorgo, con orrore, che sto per parlare, ancora una volta, della guerra.
Perché la guerra è un vampiro, ci succhia via ogni altro pensiero, ogni sogno, ogni curiosità. Quando c’è la guerra, la guerra è tutto. E’ come l’erba maligna che invade i campi, come orda di cavallette che copre il cielo con una notte brulicante di feroci e fameliche mandibole… Allora mi scuoto e provo ad aprire gli occhi, alla ricerca paradossale, e forse un po’ cinica, d’altri drammi, di altre tragedie. Di ciò che la guerra non ci fa vedere, quasi che nascondere orrore e ingiustizia con altro orrore e ingiustizia fosse la sua funzione primaria…
Ce n’è che basta: i morti palestinesi e israeliani, per esempio, cancellati, poiché guerra ’grande’ mangia guerra ’piccola’, o i quattrocento minatori colombiani sepolti da un mare di fango. A distanza di giorni si scava ancora con le mani per tirarne fuori i cadaveri. Ad ucciderli non è stato un Cruise americano, o un tank iracheno, più semplicemente sono vittime di un ’effetto collaterale’ del liberismo selvaggio. Né m’ero accorto della notizia del ritrovamento delle fosse comuni in cui il franchismo ammassò i corpi di centinaia di oppositori: un passato con cui la Spagna d’oggi, prima o poi, dovrà fare i conti per davvero. Fare la guerra contro il fondamentalismo, inoltre, ci ha distratti dall’opporci, politicamente e pacificamente, alle nefandezze del fondamentalismo medesimo e le lettere arrivate per chiedere la liberazione di Amina, nigeriana condannata alla lapidazione da una legge barbara, sono state meno dei Cruise sparati su Baghdad e così coloro che, solo ieri, avevano dovuto liberare Safiya hanno potuto tranquillamente condannare Amina e tra due mesi la uccideranno, né ci sarà alcuna task force a liberarla.
Naturalmente a nessuno verrà mai in mente di conteggiare tra le vittime di questa guerra i minatori colombiani, Amina, o gli antifascisti spagnoli, eppure, da un certo punto vista, anche loro sono stati tra i caduti della prima battaglia di questa neonata Guerra Globale.

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