Editoriale del numero 0 (Mariano Bàino)

22 novembre 2003 Gli editoriali
Editoriale del numero 0 (Mariano Bàino)

Una rivista. Che prende il nome dal grande poema di Teofilo Folengo. E dal suo protagonista, Baldo, giovanotto alquanto ribelle e scapestrato che, pur discendendo da nobili lombi, non è quel che si dice un eroe cavalleresco. Nella sua bizzarria coltiva qualche ideale di giustizia (non chiarissimo), grande bisogno di libertà, appetenza di dignità umana. Nella stramba vicenda che è il poema, dotato di un fianco realistico come di un fianco visionario, le cose risultano instabili, sballottate come sono nel marsupio linguistico di Merlin Cocai, accoglitore di più lingue, di più codici, e di... «mantuanicum, aut florentinicum, aut bergamascum, aut todescum, aut sguizzarum, aut scarpacinum, aut spazzacaminum». Ma non si tratta di un abbraccio generale. C’è da registrare, piuttosto, un atto profondamente trasgressivo, la cui esasperata gestualità è liberatoria e vigile insieme. Un atto contraddittorio, ma che - attraverso vocabulazzi e macaronica verba e accostamenti inconcepibili - «continua a mutare la messa a fuoco ideologica, a sorprendere ogni automatismo dell’attesa» (Segre).
Una rivista, dunque, che nel darsi un tale nome sceglie la contaminazione quale campo privilegiato, sebbene non esclusivo, di riflessione. Anche, se non soprattutto, per analizzarne le possibilità relative ad una sperimentazione nuova, in un’epoca di mutamenti delle strutture comunicative, e di generale e complessa ridefinizione della cultura e dei suoi oggetti. Una rivista desiderosa di dialogo, soprattutto con gli autori delle giovani generazioni, "venute a paragone" con un "oggi" in cui lo scambio simbolico è continuamente aggiornato e dove ogni referenzialità sembra perduta in un bailamme di immagini e segni che rimandano a immagini e segni. Ma la descrizione degli scenari è tentata a più riprese nella prima parte di questo numero zero, attraverso alcuni scritti teorici del sodalizio che promuove la rivista. Forse vi si scorgerà qualche enfasi nel dire di teoria; qualche passaggio troppo sbrigativo o semplificato... Ma anche, si spera, il sincero sforzo di ridare corpo a quella fertile dimensione della critica che Anceschi chiama "critica dei poeti". Baldus tenterà anche di collegarsi al dibattito in corso in quel luogo ondeggiante e ancora indeterminato che è il Gruppo ’93.
Qualche preoccupazione rimane in chi nell’occasione, "minoranza" del sodalizio - era dubbioso circa l’opportunità di inserire i testi poetici dei redattori; ma è prevalso il criterio di mostrare la propria fisionomia... Accanto alla ricerca nel presente, lo studio del passato, soprattutto nelle tradizioni e negli autori congeniali, anche quando mainoti o trascurati. Per quanto riguarda i contemporanei la rivista principia con poeti quali Edoardo Cacciatore ed Emilio Villa; per gli autori del passato è data attenzione al vivente magnetismo di Folengo e di Michelangelo.
Cos’altro dire? Forse questo: se dovessi formulare anche solo un quissimile di viatico per Baldus ed i suoi collaboratori, mi verrebbe subito in mente, dissuasiva, la somiglianza che Voltaire individua fra l’uomo di lettere e il pesce volante («Se si innalza un poco, gli uccelli lo divorano; se si immerge, lo divorano i pesci»). Ma non devo.

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