Delicatessen [57] - Il Crocifisso del Giudice Tosti

28 dicembre 2005 Costume e società
Delicatessen [57] - Il Crocifisso del Giudice Tosti

Povero Giudice Tosti che, per aver difeso la Costituzione laica di uno Stato laico, si ritroverà con la carriera stroncata. Il Tosti, convinto che in un’aula di giustizia di uno Stato siffatto non dovesse esserci alcun Crocifisso, si era rifiutato di tenere udienza sino a quando il Nazareno avesse vegliato dall’alto sulle sue sentenze. Mal gliene incolse, visto che l’Avvocato Generale Antonio Siniscalchi e il Procuratore Generale Francesco Favara, titolari del procedimento disciplinare contro di lui, lo sospendono dalle funzioni e dallo stipendio. Questo dott. Favara - pur godendo di vaste simpatie ‘sinistre’ - non sembra pane da far ostie (tanto per restare in tema), visto che non manca occasione di riempire le sue prolusioni per l’inaugurazione dell’anno giudiziario di perle inquietanti, come quando dichiarò che «la giustizia non funziona e l’amministrazione è inefficiente, perché ci sono troppe garanzie», o quando invocò la castrazione chimica dei pedofili. Stavolta si supera, forse grazie all’aiuto di Siniscalchi, e per condannare Tosti gli dice che, se pur lo Stato emanasse leggi razziali, lui, in quanto impiegato, dovrebbe applicarle e non romper le balle: «I motivi addotti per sottrarsi all’obbligo della prestazione non possono giustificare, a prescindere dallo loro fondatezza o meno, l’inadempimento, così come non lo potrebbe una qualsiasi altra ragione eventualmente legittima con riferimento a posizioni o comportamenti dello Stato in ordine a diverse altre apprezzabili problematiche (partecipazione ad atti di guerra, provvedimenti razziali ecc.) che, comunque, restano estranee agli obblighi derivanti da un rapporto di impiego». Gesù Crocifisso, abbi pietà di noi!

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