Delicatessen [21] - Il dolore degli altri è un dolore a metà

17 marzo 2005 Politica e movimenti
Delicatessen [21] - Il dolore degli altri è un dolore a metà

In Iraq si muore, si muore in italiano. E meno male che si trattava di una missione di pace. Non bastassero i terroristi (o i resistenti, chiamiamoli pure come ci pare, tanto non conta come li chiamiamo noi, ma come si chiamano loro, come li chiamano loro) ora ci si mette anche il fuoco cosiddetto ’amico’, o il maledetto incidente. Prima quello americano, per Calipari, (che certo non sarà stato un agguato, ma nemmeno un puro caso), poi quello italiano, per Marracino, vittima di un ’banale’ (cosa c’è di più ’banale’ della morte?) inceppamento dell’arma. E siamo ormai a ventotto morti, o forse a ventinove, se, con un po’ di generosità, concederemo lo status di ’caduto’ anche al povero cuoco campano trucidato nel Resort saudita, ormai quasi un anno fa e troppo poco ’eroico’ per essere rammentato da chicchessia, ma vittima di guerra come gli altri. Ventinove morti e ventotto corpi recuperati, perché all’appello mancano i resti di Baldoni, rapito-paria in vita, vittima-paria in morte. Ventinove morti, in guerra, da un certo punto di vista, sono bazzecole. Nelle guerre si muore a migliaia. In questo momento, mentre scrivo, l’impressionante counter digitale che potete trovare sul sito ’Iraqbodycount’ mi dice che nella sola guerra in Iraq i morti civili - solo i civili badate - sono tra i 16839 e i 18670. Ventinove morti sono bagattelle.
Ma ventinove morti di guerra senza guerra, in tempo di pace, o presunta tale, sono poi tantissimi e sono tantissimi anche perché sono ventinove morti italiani. Ci toccano più in fondo, un po’ farisaicamente ci impressionano più di ventinovemila morti Utu, o Tutsi, o curdi, o irakeni. Ed è normale perché, come cantava De Andrè in una bella canzone, "il dolore degli altri è sempre un dolore a metà". Sono tantissimi, inoltre, sono addirittura troppi, scandalosamente troppi, anche perché in questi mesi di campagna irachena sono morti in guerra, o almeno ’di’ guerra (saranno mica morti di pace, no?), tanti italiani quanti mai ne erano morti in guerra, o di guerra, dalla fine dell’ultima guerra. O almeno dall’ultima guerra a viso scoperto, non mascherata, che l’Italia abbia combattuto. La progressione statistica è impressionante: il prodotto industriale è piatto, ma la curva dei morti ammazzati in teatro di quasi pace quasi guerra schizza verso l’alto, aumenta di percentuali a tre cifre… Le proiezioni darebbero esiti maleaguranti. Cosa aspettiamo ad andar via? Toglieremmo anche d’imbarazzo la Costituzione.

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